Ikigai: un modo di immaginare il futuro (anche professionale)

Una delle ultime novità del nostro servizio è un piccolo laboratorio che proponiamo nelle scuole superiori a tema “Ikigai” (ed è stato anche al centro di un appuntamento del nostro book club). Che cos’è l’Ikigai? La risposta potrebbe essere molto complessa ma proverò a semplificarla (e quindi a ridurla senza la pretesa di esaurire il tema in poche righe).

E visto che l’intento è semplificare, estremizziamo con una definizione imprecisa ma che serve a limitare il tema: “ikigai” è un concetto  filosofico giapponese che possiamo tradurre in italiano come “ragione di vita” o “ragione di essere”. Pur rimanendo lontani dall’idea originaria, possiamo dire che l’ambito è quello della motivazione ma anche della felicità che guidano le nostre scelte di vita (e per quello che riguarda più da vicino i nostri temi, le scelte professionali e di lavoro).

Questo concetto, ridotto e semplificato, può essere utilizzato anche in ambito di orientamento professionale (il nostro! 😊), suggerendo una modalità di “ricerca della propria strada” che ha come fulcro l’equilibrio personale? E su come trovare un proprio equilibrio è prprio l’Ikigai ad aiutarci.

Sempre nell’ambito della semplificazione, l’Ikigai è l’incontro tra quattro dimensioni (cerchi, come rappresentato anche nella figura in questo post) del nostro animo: il primo cerchio è rappresentato da “ciò che amiamo fare“, tutte quelle attività che ci piace realizzare con uno slancio affettivo potremmo dire incondizionato; il secondo cerchio è rappresentato dalle attività di cui “il mondo ha bisogno“, intendendo con questo dire ciò che ha un’utilità verso gli altri (in senso universale come potrebbe essere per certi lavori di cura, o all’interno di una specifica organizzazione), il terzo cerchio è quello fatto delel attività che portiamo a termine perchè “qualcuno ci paga“, i nostri “doveri” e obblighi verso gli altri (principlamente in ambito lavorativo, fuori dal quale potremmo intenderli anche come impegni che ci siamo presi); il quarto ed ultimo cerchio è quello delle “cose che sappiamo fare bene“, per un talento naturale o perchè ci siamo esercitati e impegnati per ottenere un risultato ottimale. “Ciò che amiamo” e ciò di cui “il mondo ha bisogno” danno vita alla “missione” (nel senso di attività strettamente collegate al nostro desiderio di stare bene ed aiutare gli altri). “Ciò che amiamo” e “ciò che sappiamo fare bene” formano la passione, l’anima delle attività legate strettamente a ciò che ci fa sentire bene. Laddove troviamo la “professione” ci sono “ciò che sappiamo fare bene” unitamente “ciò per cui ci pagano”; infine la “vocazione” è l’intersezione tra le “cose per cui ci pagano” e quelle “di cui il mondo ha bisogno”.

Al centro di tutto questo troviamo l’Ikigai, che, come immaginiamo a questo punto, rappresenta un po’ la sintesi di tutti questi nostri intenti e volontà. Ci sono due notazioni da fare a questo punto (dopo la figura).

La prima riguarda il fatto che anche se l’Ikigai in questa sorta di interpretazione è uno schema ben strutturata e definito, nel suo sviluppo o nella sua applicazione dobbiamo immaginarlo più come una sorta di ricerca continua dell’equilibrio. Trovare il proprio Ikigai non vuol dire essere fermi in una situazione in cui tutte le componenti illustrate ne fanno parte in egual misura: possono esserci fasi della vita in cui siamo più spostati sulle cose che amiamo (e magari meno su quelle per cui ci pagano) e viceversa. L’idea è che, per trovare il nostro benessere (ed essere forse felici) possiamo utilizzare questo schema come una bussola orientativa per ritrovare l’equilibrio tra le varie componenti.

La seconda, forse ancor più importante. È che questa è una delle possibili interpretazioni dell’ikigai e forse nemmeno la più corretta. Come fa notare Valeria Candiani nel suo blog, quello dell’ikigai è un tema più complesso e sul quale sarebbe bello 8e giusto) approfondire con minore semplificazione. Ecco allora per noi, e magari anche per chi dovesse appassionarsi al tema dopo averlo scoperto con questo post, la sfida è quella di approfondire e migliorare la conoscenza dell’ikigai. A me sembra un bell’obbiettivo per il prossimo futuro, no?

Insegnare all’estero

Ogni tanto ci viene chiesto come si fa per insegnare all’estero: è una parola!

Dobbiamo fare prima di tutto alcune distinzioni, che riguardano il paese di destinazione, che cosa volete insegnare e in che tipo di scuola volete insegnare.

Per quanto riguarda le destinazioni, se parliamo di paesi europei si è arrivati, dopo molto lavoro di concertazione e allineamento, ad una certa uniformità (stati sovrani permettendo) dei percorsi di inserimento nella carriera professionale di insegnanti.

Consideriamo la scuola secondaria: in quasi tutti i paesi per insegnare si richiede un titolo di istruzione universitaria (laurea magistrale corrispondente al livello ISCED 7) nella materia da insegnare, con l’aggiunta di una formazione teorica di tipo pedagogico e didattico, e un periodo di prova pratica o tirocinio in servizio (in-school placement).
Sul sito Eurydice potete approfondire la questione.

Se volete andare a insegnare fuori dell’UE invece, ogni paese ha regole tutte sue, che vanno cercate nei siti ufficiali di quel paese specifico. In generale possiamo dire che sarà molto più difficile farsi riconoscere gli studi già fatti.

Per quanto riguarda la materia di insegnamento, ci sono canali molteplici e differenti in particolare per l’insegnamento della lingua italiana all’estero, mentre per le varie altre materie bisogna seguire il percorso previsto per i cittadini del paese scelto che vogliono diventare insegnanti (vedi sempre il sito Eurydice)

Vediamo quali sono le possibilità per l’insegnamento dell’italiano all’estero:

assistente di lingua italiana:
Si tratta di affiancare il docente di lingua italiana di ruolo per circa 12 ore alla settimana, in scuola di vario ordine e grado. La durata di questa esperienza corrisponde a quella dell’anno scolastico del paese di destinazione (questa esperienza si può fare in Belgio, Germania, Francia, Irlanda, Spagna e Regno Unito). Si accede a questo canale attraverso un bando che viene aperto dal MIUR ogni anno, di solito nei primi mesi, e possono Partecipare giovani under 30 con laurea magistrale/specialistica.

lettore universitario
Per fare il lettore presso le università all’estero invece bisogna passare il concorso triennale del Ministero degli Affari Esteri MAE/MIUR, ma è necessario essere già docenti di ruolo nella scuola secondaria in Italia ed avere una laurea in Lettere o Lingue Straniere.
In alcuni casi si può accedere a questa opportunità con incarico locale, per cui bisogna rivolgersi direttamente alle Università straniere.

insegnante negli Istituti Italiani di Cultura
Gli Istituti Italiani di Cultura sono sparsi nelle città di tutto il mondo e hanno il compito di promuovere e diffondere la cultura e la lingua italiana.
Per insegnare italiano all’estero presso questi istituti bisogna partecipare a concorsi pubblici indetti dagli istituti stessi, che dipendono dal Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale (MAECI).
Per insegnare all’estero in questo caso bisogna essere in possesso di una laurea magistrale in Lettere o Lingue e letterature straniere o simili con una votazione non inferiore a 110/110. E’ necessario anche avere una buona competenza nella lingua straniera del paese di destinazione, essere già assunti a tempo indeterminato nella scuola con almeno 3 anni di esperienza. Non per tutti, ecco.

docente supplente
Per insegnare italiano all’estero come supplente è necessario entrare in una specifica graduatoria, aggiornata ogni tre anni dal Ministero degli Affari E e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Per essere inseriti nelle graduatorie è necessario possedere il titolo di studio richiesto per l’insegnamento della classe di concorso per cui si chiede l’inserimento, mentre l’abilitazione all’insegnamento è un requisito preferenziale, ma non necessario.

docente presso scuole ed enti privati o scuole di lingue
Naturalmente c’è anche la possibilità di insegnare italiano all’estero anche inviando il proprio curriculum e una candidatura spontanea a soggetti diversi da quelli elencati sopra, come scuole private italiane operanti all’estero e enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana.
Sul sito Italiana si trova l’elenco delle “Istituzioni scolastiche italiane all’estero” e i corsi che vengono attivati dai Consolati o altri soggetti
In questi casi la domanda va inviata direttamente all’indirizzo delle istituzioni che promuovono il corso dove vogliamo insegnare.

Insomma, sicuramente è una carriera che va pianificata con un po’ di anticipo e che richiede tempo per arrivare alla posizione desiderata, ma non è impossibile.

Buona fortuna!

Dopo il diploma?

Se la maturità fa paura (forse non più), quello che viene dopo genera confusione, disorientamento, incertezza. Lo abbiamo toccato con mano durante una serie di laboratori progettati all’interno di un percorso PCTO con il Liceo Scientifico “Galilei” di Ancona in cui abbiamo affrontato, con i ragazzi, due aree tematiche: la prima, quella sulle professioni e, soprattutto, sulle aspettative professionali di studenti e studentesse; la seconda sulle opportunità e i percorsi possibili dopo la fatidica maturità.

Nel primo laboratorio abbiamo realizzato un’attività che potesse aiutare a scoprire, oltre la superficie, il mondo delle professioni e come, in futuro, una studentessa o uno studente possano costruire la propria carriera. Per farlo ci siamo ispirati a due libri: “Welcome to the jungle” di L. Zanca Feltrinelli e “Job-Hopper’s Guide to Choosing a Career: Find The Right Job for Your Life—And Lifestyle” di K.Knock, Paperback edizioni (pubblicato solo in lingua inglese). Abbiamo coinvolto i partecipanti in un’attività laboratoriale il cui obiettivo è stato quello di confrontarsi sulle aspettative riversate in una professione ma anche sulle competenze che la stessa richiede.

Nel secondo laboratorio abbiamo invece proposto, anche in maniera un po’ provocatoria, un dibattito sulla possibilità di scegliere, dopo il diploma un percorso universitario, uno lavorativo oppure un anno di riflessione e sviluppo personale (conosciuto, con qualche approssimazione, come anno sabatico). L’intento non era quello di proporre una soluzione, con uno dei tre percorsi, alle istanze, di solito diverse, di studenti e studentesse: è stato utile, invece, far emergere idee, informazioni e talvolta stereotipi sul processo di costruzione del proprio futuro professionale e di vita.

Nelle classi, quello che ho notato ad una prima lettura, è una visione del mondo del lavoro ancora frutto delle nozioni e delle esperienze ascoltate e trasmesse da famiglia e figure adulte a cui ragazze e ragazzi si riferiscono, anche in maniera indiretta (discorsi a cui partecipano, esperienze di cui sono testimoni, consigli di cui sono oggetto). C’è l’idea che il percorso di costruzione del proprio futuro professionale sia piuttosto lineare, in un susseguirsi di cause-effetti all’interno del quale la certezza del risultato è garantita. E sulla parola “certezza”, l’altra considerazione: in tempi di “crisi” su versanti diversi, il bisogno di certezze per il futuro si fa più forte soprattutto nelle nuove generazioni, anche se queste sarebbero quelle con maggiori energie, forze e risorse per affrontare l’instabilità. 

A mio modo di vedere, la conferma che il futuro, professionale o meno, lo costruiamo non tanto sulle risorse che abbiamo oggi, ma sulle prospettive, aspettative e visioni che abbiamo del domani: in parole più povere, per chi è più giovane (e non solo), per affrontare con coraggio e determinazione i passi futuri è più utile la costruzione di una prospettiva di crescita condivisa che un sostegno individuale concreto.



Le buone notizie negli annunci

Per proporre ogni settimana una selezione di annunci che possano essere utili a chi sta cercando (o cercando di cambiare) lavoro usiamo diverse fonti (peraltre indicate a margine delle offerte).

Tra queste c’è anche un social network appositamente dedicato al mondo del lavoro (almeno nelle intenzioni): si tratta, come avrete capito, di Linkedin.

Ormai da tempo anche in Italia Linkedin è una piattaforma utilizzata dalle aziende per svolgere tutta o una parte delle selezioni del personale. Anche le agenzie specializzate lo utilizzano anche perché può essere uno strumento potente per conoscere i candidati (e, per loro, farsi conoscere dalle aziende).

Qualche giorno fa, su segnalazione di una newsletter (che peraltro vi consigliamo, si chiama “Sarò brevi” di Flavia Brevi e la potete trovare qui), su Linkedin è apparso un annuncio di ricerca personale che, per come siamo abituati, è sembrato a molti bizzarro.

L’azienda, oltre a specificare quali fossero le mansioni, i compiti e le competenze richieste, ha inserito anche un paragrafo dedicato alle cose che non cercava e che, anzi, chi si fosse candidat* avrebbe dovuto eliminare dal cv:

  • la foto
  • la data di nascita
  • lo stato coniugale
  • tutti quegli aspetti identitari che non hanno a che fare con la posizione, come la religione o l’orientamento sessuale.

L’annuncio (che al momento in cui scrivo è ancora presente anche se non accetta più candidature,  ma non è detto che lo sia al momento della lettura) era di una realtà italiana, Serenis, che si occupa di offrire servizi di consulenza psicoterapica attraverso una piattaforma on line. Mi son detto: bisogna farlo sapere, perché ci sono buone notizie anche da noi!

Dal mio punto di vista, a parte l’esemplare attenzione che questa azienda ha avuto su temi del genere, è importante che ci siano episodi simili perché “insegnano” e segnano un piccolo passo avanti. I contenuti che vanno tolti dal cv sono quelli che non dovrebbero influenzare la valutazione di chi sceglie un candidato o una candidata, valutando così, com maggiore serenità (e direi anche con più precisione e rispetto) le competenze e le caratteristiche di chi andrà a fare quel lavoro.

Ed è una buona notizia anche per chi, come me, crede che dovremmo, nel nostro contesto lavorativo, fare qualche passo in avanti in questa direzione: non solo per avere diritti più equi ma anche, sono convinto, per guadagnare competitività nell’economia delle imprese italiane. 

 



Recruiting day con Seléct per gelaterie in Germania

Bella occasione per chi vuole lavorare in Germania 🙂

Giovedì 16 febbraio, alle ore 15.30, abbiamo in programma un recruiting day in collaborazione con l’agenzia Seléct – Recruitment and Training di Belluno.

Un referente dell’agenzia sarà con noi per una breve presentazione delle opportunità di lavoro stagionale in Germania nel settore delle gelaterie, per le quali ricerca lavoratori stagionali da marzo a ottobre di ogni anno. Viene proposto un contratto stagionale con vitto e alloggio offerto dai datori di lavoro.

L’incontro è aperto a tutti e si terrà giovedì 16 febbraio alle ore 15,30 presso l’Informagiovani di Ancona, in piazza Roma (underground).

La partecipazione è gratuita e non impegnativa, questo il link per l’iscrizione: https://bit.ly/3RrvRsQ

Per maggiori informazioni potete contattarci ai nostri recapiti. Non perdetevi l’occasione!

Siamo aperti ! (in Piazza Roma)

Breve comunicazione solo per aggiornare anche i visitatori del nostro sito web che siamo aperti e operativi in Piazza Roma con tutti i nostri servizi.

Qui https://www.informagiovaniancona.com/orari-e-contatti ci sono tutti i nostri orari di apertura e i contatti per parlare (o scrivere) con noi.

Vi ricordiamo che potete venire a trovarci o prendere un appuntamento digitale 🙂

E, attenzione, abbiamo alcuni appuntamenti importanti nei prossimi giorni:

Giovedì 16 febbraio

Un giorno di recruiting per chi vuole andare a lavorare in gelateria in Germania.

Se ti interessa clicca qui per iscriverti e partecipare: è gratis!

Martedì 7 marzo

Ritorna Professionisti delle Vacanze, il format dedicato all’incontro domanda e offerta di lavoro nel settore dell’accoglienza turistica.  In questo caso il link per maggiori info e iscrizione (sempre gratuita) è questo: informagiovaniancona.com/professionistivacanze

Vi aspettiamo!

 

Chiusura temporanea locali Informagiovani

A causa del maltempo del fine settimana i nostri locali oggi, lunedì 23 gennaio, risultano allagati. 

L’ufficio sarà chiuso ma il servizio attivo attraverso i nostri canali di comunicazione:

Ricordiamo che è possibile consultare questo sito per tutti gli aggiornamenti e le informazioni caratteristiche del servizio oltre che per contattarci e prendere un eventuale appuntamento in digitale.

Comunicheremo tempestivamente la riapertura della sede fisica del servizio e ci scusiamo per ogni eventuale disagio.

Costruire il futuro: adesione al partenariato per partecipare al bando

Il Comune di Ancona per l’avvio di un’attività di co-programmazione relativa alle politiche giovanili e per l’eventuale partecipazione in qualità di partner al bando della Fondazione Cariverona “Costruire Futuro” ha aperto alle candidature da parte di ETS per costruire un partenariato di progetto. La candidatura da parte degli ETS e di altri enti pubblici e privati al
procedimento di co-programmazione per le politiche giovanili indetto dal Comune di Ancona, che prevede l’istituzione di un tavolo programmatico pubblico-privato sui temi (a titolo esemplificativo e non esaustivo) della dispersione scolastica, dell’inclusione delle fragilità, dello sport, della socialità, della cultura e della
partecipazione relativamente alle giovani generazioni della città. A tal fine, i soggetti e gli enti disponibili possono presentare una richiesta di partecipazione al tavolo di
co-programmazione utilizzando il modello allegato al presento avviso (Allegato A) e fornendo la documentazione che evidenzia il possesso dei requisiti previsti.

Scadenza: 20 gennaio 2023

Scarica i documenti:

Avviso pubblico

Allegato A

Allegato B. Dichiarazione di intenti

 

Concerto OFA Capodanno Ancona – prenotazioni

Per il concerto di Capodanno di domenica 1° gennaio alle ore 17 è possibile prenotare a partire dalle ore 10 del 28 gennaio a questo link

PRENOTA QUI

https://www.eventbrite.it/e/biglietti-concerto-di-capodanno-491538273207

 

Diversamente, a partire dallo stesso giorno e ora presso il nostro sportello in piazza Roma.

I biglietti sono gratuiti fino ad esaurimento delle disponibilità.

Il numero massimo di posti è di 10 per ogni prenotazione.

La prenotazione telefonica non è possibile.

Come la cucina pò aiutarci in qualsiasi altro lavoro

Inizio questo articolo con una nota di orgoglio. Sono davvero soddisfatto di aver organizzato durante questo anno una serie di iniziative che hanno unito due aspetti della mia vita a cui sono molto affezionato: il lavoro (inteso come mondo del lavoro) e la cucina (una passione che ho coltivato tra corsi di formazione e fornelli di casa). Il percorso Be Smart declinato nella versione “food” ci ha permesso di realizzare prima un evento dedicato alla scoperta delle soft skill di questo mondo e poi un percorso di formazione dedicato alle stesse: è stato, per certi versi, anche un modo per esplorare un modo diverso di fare orientamento professionale.

Il tema, però, non è la mia soddisfazione. Ho notato che ci sono delle simmetrie tra il mondo della cucina e quello del lavoro che riguardano l’universo delle competenze trasversali (soft skill) e un’idea più articolata di che cosa significhi orientarsi e districarsi nel mondo del lavoro: secondo il mio punto di vista, ha molto a che fare con lo sviluppo dell’autonomia, intesa come la capacità e l’atteggiamento mentale di trovare risorse proprie per affrontare problemi e situazioni nuove o, più semplicemente, tracciare un proprio percorso.

Il primo aspetto, che reputo fondamentale, è il fatto che la cucina ti obbliga a mettere insieme mani e cervello (e cuore): è un lavoro fisico, prevalentemente, ma più lontano di altri da meri automatismi e routine (certo, il lavoro in questo settore non è sempre il trionfo della creatività ma è altrettanto vero che sono più frequenti che altrove imprevisti e trucchi per fare i “soliti” lavori in modo diverso). La passione è fondamentale per superare ostacoli, fatiche e delusioni. Credo che sia superfluo, poi, argomentare su come, da certi livelli di specializzazione in poi, la parte intellettiva sia fondamentale per creare non solo piatti gourmet ma anche strategie vincenti.

Un secondo aspetto riguarda più da vicino le hard e le soft skill: la cucina ti insegna a organizzarti, a pianificare, a risolvere problemi e a usare la creatività. La razionalità è necessaria per fare scelte competenti e sagge che riguardano motivi etici (oggi) ed economici (da sempre! Ogni scarto in cucina sono soldi buttati via, meglio limitarli). L’empatia è utile non solo per indovinare il gusto del pubblico, ma anche perché chi cucina entra in maniera quasi intima in contatto con chi mangia e consuma ciò che viene cucinato: il rapporto di fiducia (seppur tutelata con norme e regolamenti del settore) che si instaura è più alto (e a volte inconsapevole) che in altri contesti. Se poi allarghiamo un pochino l’orizzonte ad altri ambienti, rimandando nel food, ci sono altrettante competenze trasversali che si sviluppano in chi sperimenta lavori come il cameriere e il barista ma anche l’accoglienza e e l’assistenza ai clienti nelle strutture ricettive (il background e l’esperienza di uno scrittore e filosofo com Sandro Bonvissuto non sono casuali)

Se togliamo “la cucina” da queste argomentazioni rimangono contenuti che possiamo utilizzare in tanti altri settori e contesti senza che perdano efficacia e importanza. Si tratta di un universo che contribuisce molto a sviluppare ed arricchire quelle che sono definite “charachter skill” in un testo edito da Il Mulino dal titolo “Viaggio nelle character skill. Persone, relazioni, valori” (G. Chiosso, A.M. Poggi, G. Vittadini). Come si legge nella prefazione, le character skill sono disposizioni della personalità, quali l’apertura mentale, la capacità di collaborare, la sicurezza. In un’epoca in cui le trame del personale e del professionale si intrecciano, la cucina è una palestra per scoprire ed esercitare le nostre competenze e le nostre abilità personali.

Tre cose che ho imparato dal volontariato

Nel campo dell’orientamento, da che me ne occupo (o sento parlare), si usa distinguere tra tre tipi diversi di “sapere”: il sapere, il saper fare e il saper essere.

Si tratta di un modo per provare a organizzare e distinguere abilità diverse che ogni persona sviluppa durante il proprio percorso formativo e lavorativo. Il “sapere” è l’insieme delle cose che impariamo a scuola e in altri ambienti (sono le nostre conoscenze). Il “saper fare” è il modo con il quale quelle conoscenze le mettiamo in pratica e siamo in grado di applicarle a contesti e situazioni diverse.

E infine, il “saper essere” è il modo con il quale interagiamo con gli altri, affrontiamo le situazioni, risolviamo i problemi, gestiamo le emozioni… insomma tutto ciò che riguarda quello che in altri contesti potremmo chiamare lo “stile” ed anche il sistema valoriale a cui ispiriamo i nostri comportamenti.

Volendo essere spiccioli (e mi perdoneranno gli orientatori), se per il sapere c’è la scuola e per il saper fare c’è il lavoro, per il saper essere un buon terreno di messa alla prova e di crescita può esserlo il volontariato. Lo dico perchè ho avuto modo di rifletterci dopo aver dedicato una settimana di questo mese proprio a questo: tempo e disponibilità al servizio degli altri e di una giusta causa; un’esperienza che mi è servita sotto molti punti di vista, ma qui vi dirò quelli che secondo me sono i più rilevanti da un punto di vista professionale.

Impegnarsi senza un fine utilitaristico: sono, da sempre, un convinto sostenitore che perché si possa chiamare lavoro, deve essere pagato. Ma il fine del denaro (della carriera, degli obiettivi da raggiungere, ecc.) non sempre rappresenta la modalità migliore per disvelare il nostro massimo potenziale. Tolto quello (l’utile), potremmo accorgerci di avere un potenziale inespresso che si libera solo quando a prendere il comando non è il cervello ma magari anche un po’ il cuore, la passione, la motivazione personale. C’è anche il rischio di sorprendere se stessi!

Costruire relazioni nuove. Se stiamo sempre nello stesso contesto, facilmente incontriamo e ci confrontiamo più o meno con le stesse persone e, altrettanto con frequenza, all’interno dello stesso “setting” di riferimento (un po’ come andare in vacanza sempre nello stesso posto, leggere lo stesso tipo di libri, avere sempre e solo gli stessi amici). Invece qualche volta è utile cambiare orizzonte di riferimento e avere a che fare con persone e situazioni lontanissime da noi: funziona come una ricarica di energia e ci aiuta a tornare in maniera più vivace anche nella inevitabile routine.

Sperimentare l’altruismo. Il mondo e la società che stiamo sperimentando di questi tempi sono decisamente orientati a scelte individuali in cui il prossimo è spesso l’ultima delle nostre preoccupazioni, fino a scomparire del tutto. La tecnologia digitale, a cui non do la colpa, è tutta orientata all’individualismo: i social network li consultiamo da soli, lo smartphone è un oggetto personale, lo shopping e altre attività una volta solo fisiche sono diventate virtuali lasciandoci soli nella fruizione. Questo ed altri stili di vita che mano a mano apprendiamo (o ci adattiamo a far nostri) vanno nella direzione opposta dell’apertura agli altri che è invece fondamentale per imparare a essere, per esempio, più empatici e relazionalmente significativi.

C’è poi una cosa che mi sono ricordato facendo volontariato e che trovo utile condividere con chi legge questo post. Personalmente non riesco a lavorare (nel senso di dare il meglio delle mie competenze) in un contesto (ambiente lavorativo) il cui sistema valoriale è lontano (o, peggio, opposto) dal mio. Il lavoro è una brutta bestia perché da una parte ci permette di “portare a casa la pagnotta” e dall’altra ci richiede tempo ed energie che occupano buona parte della nostra vita: credo che sia auspicabile farlo rimanendo (e sentendosi) belle persone.



Abitare ad Ancona

Ad Ancona esistono due soluzione abitative gestite e ideate dalla Cooperativa Polo9: Conerhome e La nuova casa di Papà. Vediamo di che cosa si tratta e a chi sono rivolte.

Nel 2020 nasce il progetto Conerhome come riqualificazione del convitto di Suore Francescane rivolto solo a studentesse e insegnanti.
Questa struttura è stata completamente rivista nella gestione e nella ristrutturazione degli spazi; Polo9 ha investito per restituire alla città un edificio di un certo valore storico realizzando una struttura innovativa e polifunzionale in cui il sociale incontra il cittadino.
Questo è reso possibile anche dal fatto che alcune attività della Cooperativa vengono svolte a Conerhome ad esempio ai primi di maggio si è svolta qui Urban Gym, un’attività sulle competenze trasversali rivolta agli studenti del Liceo Rinaldini di Ancona, organizzata all’interno del progetto Your Opportunity, di cui anche l’Informagiovani è partner. In tale occasione abbiamo avuto modo di visitare la struttura e toccare con mano le potenzialità di questi spazi.
Infatti Conerhome oggi è una struttura ricettiva immensa nel verde, situata nel quartiere adriatico ad Ancona centro, in zona residenziale servita e a due passi dal mare.
Ospita principalmente studenti e lavoratori fuori sede per permanenze di breve e medio periodo; composta da 45 camere singole e doppie, ogni camera è dotata di bagno interno, per le famiglie sono disponibili le camere doppie.
Dispone di servizi e spazi comuni come: lavanderia, sala tv polifunzionale, cucina in autogestione, aula informatica, servizio wi fi, sala convegni, palestra, parcheggio auto, box bici custodito, parco privato ad uso esclusivo, terrazza panoramica con vista mare.
Da aggiungere tra i servizi offerti da Polo 9: la presenza notturna del personale per qualsiasi tipo di esigenza; il servizio di bus navetta dalla stazione e di guide per escursioni turistiche
Viste le caratteristiche della struttura oggi è divenuta un condominio sociale, un luogo di incontro di lavoratori fuori sede, stagionali e non, studenti fuori sede o Erasmus che non perdono occasione di condividere spazi e culture.
Per tutte le informazioni, le modalità di accesso e i costi potete trovare i riferimenti contattando Polo9

Ancor più di indirizzo sociale è il progetto La nuova casa di Papà, spazio di cohousing rivolto a padri separati con difficoltà socio-economiche.
Polo9 ha deciso di continuare ad investire in questa attività, nonostante non sia più cofinanziata da altri enti, per rispondere ai bisogni dei padri separati o divorziati accompagnandoli all’autonomia con un’indipendenza economica e un sostegno alla genitorialità.
Ai padri che presentano espressa richiesta, dopo un colloquio con esito positivo, grazie al progetto: La nuova casa di papà viene offerto un alloggio in cohousing con un altri papà a fronte di una retta mensile di 250 euro a copertura delle spese di affitto.
Ad oggi sono attivi due appartamenti destinati ciascuno a due soggetti in convivenza.
Le soluzioni abitative prevedono la possibilità di ospitare i propri figli, nei termini stabiliti; Polo9 interviene per le ulteriori spese di gestione relative all’alloggio che restino scoperte dalla retta.
I destinatari devono essere occupati o comunque non a reddito zero visto che devono contribuire al pagamento.
La soluzione abitativa non è più temporanea perché l’obiettivo è di accompagnare i papà all’autonomia affinché possano diventare loro stessi titolari del contratto di affitto dell’appartamento assegnato e quindi di poterlo gestire direttamente.
Questo prevede un turnover di appartamenti che Polo9 si impegna a ricercare e assegnare nel momento in cui pervengano nuove richieste.
Per questa soluzione abitativa che risponde ad un’esigenza specifica, potete contattarci per dettagli e riferimenti: iHome Ancona

Tieni il tempo!

La gestione del tempo è una delle soft skill (se non ricordi cosa sono leggi qui) tra le più conosciute e utili nel lavoro e nella vita. Spesso non puoi decidere quanto tempo avere a disposizione, ma quello che conta è riuscire ad organizzarlo al meglio possibile. Quali sono le problematiche più comuni? Scarso tempismo (sei puntuale o ritardatario?), accumulo eccessivo di lavoro o impegni extra, difficoltà a mantenere il focus sugli obiettivi prefissati o a rispettare le scadenze, perdere tempo in situazioni irrilevanti e dispersive.
A volte per non voler rinunciare a nulla, si rischia di fare di fretta o essere in ritardo su tutto. La difficoltà di dare priorità può farti sembrare tutto uguale e non sai più da dove iniziare; è importante stabilire un principio per dare un peso diverso a impegni e attività (Per urgenza? Per importanza? Per interesse?).
Il nostro rapporto con il tempo rivela caratteristiche della nostra personalità; il ritardo cronico può non essere solo questione di disorganizzazione, ma può avere alcune motivazioni psicologiche inconsce tra cui la ribellione ad un genitore vissuto come troppo autoritario nell’infanzia (Se sei ritardatario cronico e ti incuriosisce questo tema qui trovi qualche spunto).
Un’altra difficoltà comune nella gestione del tempo è quella di trovarsi sistematicamente a fare le cose all’ultimo. “Quella relazione importante la scrivo nel pomeriggio, la settimana prossima faccio questa telefonata, da domani inizio a studiare per l’esame …”. Quante volte ti sei fatto simili promesse senza riuscire a mantenerle? Si chiama procrastinazione ed è l’abitudine a rimandare le azioni da fare sempre ad un altro momento; può diventare uno stile di vita caratterizzato dall’incapacità di rispettare impegni e scadenze.
E al lavoro, come si può gestire bene il tempo? Pianifica con cura ed intelligenza, poi segui il piano con la giusta flessibilità (non troppa e non troppo poca!). Tempismo non significa agire frettolosamente quindi prenditi il tempo opportuno richiesto dall’occupazione che devi svolgere.
Un buon sistema che potresti sperimentare è quello delle 4D: 1. Delete (elimina): quell’attività può essere eliminata? Ricorda sempre la regola 80/20 proposta da Vilfredo Pareto secondo cui l’80% dei tuoi risultati deriva dal 20% delle tue azioni. 2. Delegate (delega): c’è qualcun altro che può eseguire quel lavoro al tuo posto? Se si, potresti delegarlo e ottimizzare il tuo tempo a disposizione. 3. Defer (rinvia): alcune attività possono essere eseguite in seguito, ma entro alcuni parametri. Definisci sempre delle scadenze e posticipa quello che può essere posticipato (ma senza cadere nella procrastinazione!). 4. Do (fai): ci sono cose che devono essere fatte immediatamente e avere la priorità assoluta. Rimandare queste attività potrebbe introdurti ad una spirale di ansia e stress.
Qui puoi approfondire le 4D collegate a obiettivi smart e qui trovi qualche tecnica di gestione del tempo.
Se invece vuoi un colloquio di orientamento e un confronto su questa e altre soft skills, passa a trovarci!

L’Informagiovani in due parole: informazione e orientamento

Quando ci chiedono cosa fa l’Informagiovani noi operatori rispondiamo sempre con due parole: informazione e orientamento.

Informazione – beh direte voi – si evince già dal nome; sì è vero diamo informazioni su tante tematiche ma non ci limitiamo a questo.

Cerchiamo infatti di aiutare a scegliere quali tra queste informazioni possono essere utili, ossia  orientiamo verso la strada o percorso più opportuno.

Aiutiamo a capire come muovervi verso il raggiungimento del vostro obiettivo personale e professionale: che si tratti di scegliere un corso di studi, un corso di formazione, un’opportunità lavorativa o ancora un’opportunità di mobilità all’estero o una soluzione abitativa in affitto. E molto altro ancora come potete vedere sul nostro sito.

Come lo facciamo? In maniera del tutto gratuita sia nell’attività quotidiana di sportello sia nelle attività laboratoriali che organizziamo in autonomia o in collaborazione con altre realtà.

Proprio dalla collaborazione tra Informagiovani e Polo 9 sono nati i laboratori di orientamento rivolti alle scuole secondarie di secondo grado di Ancona e provincia che hanno preso il via lo scorso anno e che continuano anche per il 2022, rientranti nel progetto YO – Your Opportunity.

Nel mese di marzo con cadenza settimanale stiamo realizzando infatti 4 laboratori on line rivolti alle classi terze e quinte di alcuni Istituti superiori della provincia di Ancona su tematiche legate al mondo del lavoro: “Il CV e la ricerca attiva del lavoro”, “Il colloquio di lavoro”, “Le competenze per i lavori del futuro” e “Be smart: testimonianze dal mondo lavorativo”.

Questi laboratori che le scuole propongono ai/alle propri/e studenti/esse come attività di PCTO hanno l’obiettivo di preparare i ragazzi e le ragazze ad affrontare il momento dell’uscita dal contesto scolastico e ad affacciarsi sul mondo del lavoro, un mondo con dinamiche e regole molto diverse da quelle che hanno conosciuto finora.

Cerchiamo di far capire ai/alle futur* lavoratori/trici quanto sia importante presentarsi nel modo giusto (regola valida non solo nel contesto lavorativo a dire il vero) con un buon cv, quanto siano importanti le competenze trasversali – avete mai sentito parlare di soft skill? – che, anche se inconsapevolmente, stanno già acquisendo e mettendo in pratica anche nel contesto scolastico e che saranno loro utili in tutti i contesti della vita. Il tutto arricchito da testimonianze provenienti dal mondo del lavoro.

Come sono organizzati questi laboratori? Cerchiamo sempre di mettere al centro delle nostre attività i ragazzi e le ragazze e quindi alterniamo a momenti frontali momenti interattivi dove i/le protagonisti/e siano proprio loro.

Nel corso degli anni abbiamo organizzato anche altri tipi di laboratori rivolti alle scuole; per scoprirli consultate la pagina workshop sul nostro sito.

Ogni anno proponiamo alle scuole i nostri workshop lasciando ai docenti la valutazione di utilizzarli come attività per i/le propri/e studenti/esse ma anche gruppi di ragazz* possono organizzarsi in autonomia per richiederceli. I nostri workshop sono gratuiti e possono essere realizzati sia in presenza (situazione pandemica permettendo) sia on line.

Se sei un* insegnante o un/una ragazzo/a interessat* puoi contattarci per avere maggiori informazioni. Saremo lieti di soddisfare la tua richiesta.

Scuola e lavoro non si vogliono bene

Sentendo la cronaca di questi giorni sul tema dell’alternanza scuola e lavoro mi è tornato alla mente il mio periodo di alternanza. In realtà, quando ero uno studente, l’alternanza non c’era e l’età in cui ho cominciato a “praticare” l’ambiente di lavoro era più tenera di quella in cui lo si fa adesso.

Alla fine della terza media, mio padre ritenne opportuno farmi fare un po’ di pratica: aveva una piccola azienda di commercio di attrezzature e mobili per l’ufficio e il mio primo lavororo fu, me lo ricordo ancora, “creatore di fogli di appunti”. Per un suo senso piuttosto spinto di riciclo della carta (in tempi non sospetti, erano i primi anni ’80) mi diede il compito di ridurre alcuni fogli di carta da pacchi usati, in piccoli fogli per appunti (i post-it all’epoca, almeno in quel contesto, erano un upgrade di lusso). Non era certamente una mansione “di valore” o che potenziava certe mie competenze (forse); e a dir la verità non saprei nemmeno dire di preciso che cosa ho imparato da quella esperienza da un punto di vista tecnico (è evidente che non ho inventato, da lì, uno strumento che potesse competere con post-it).

Ma se quella esperienza la ricordo ancora oggi (e non è un trauma), forse non è stato tempo sprecato e qualcosa dentro di me ha lasciato. Ora, al netto che i figli e le figlie rischiano di mitizzare i padri soprattutto in certi periodi della vita, credo che l’elemento distintivo di quella primordiale esperienza di alternanza scuola-lavoro fosse l’amore, l’affetto e la premura che il mio genitore, datore di lavoro per qualche ora al giorno, metteva nel trattarmi. E intendo nell’accogliermi in quel posto (suo, di cui sentiva responsabilità e orgoglio), nel mostrarmi come comportarmi, nel darmi un compito che potessi, seppur con noia, portare a termine, nell’insegnarmi modi e maniere di gestire impegni, rapporti e relazioni. Forte della giovane età che ci rende decisamente più permeabili e sensibili all’apprendimento, certi concetti (come amava chiamarli mio padre) non me li sono mai dimenticati, come fossero, questi sì, post-it di appunti che mi si sono appiccicati dentro.

Probabilmente è troppo filosofico e magari un po’ hippy parlare di amore in un posto di lavoro. Ma credo che quello che manca all’alternanza scuola lavoro di oggi sia quell’amore. Non sono così ingenuo da pensare che imprenditori e imprenditrici diventino genitori per qualche settimana di adolescenti che, diciamo la verità, professionalmente non prenderebbero in considerazione. Però, credo che le attese e le aspettative per questo periodo di esperienza fuori dalla scuola e dentro le aziende, debbano essere ispirate a quel tipo di cura e affetto. E questo, penso, sia un tema di formazione per chi in azienda si occupa di accogliere i giovani che entrano per scoprire come è fatto il mondo del lavoro.

Scuola e lavoro dovrebbero tornare (o forse cominciare) a volersi bene per rendere la scoperta del mondo del lavoro un percorso meno spigoloso e magari anche più produttivo.

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Affitto! Come scrivere un annuncio

Pochi sanno che, ormai da alcuni anni, l’Informagiovani ha sviluppato anche un servizio di orientamento e supporto per coloro che gestiscono una casa o sono alla ricerca di un alloggio o posto letto.
A questo settore, denominato “autonomia abitativa”, è dedicato il sito: ihomeancona.com, dove è possibile trovare una descrizione delle principali attività, consulenze che offriamo e una bacheca per cerco/offro alloggio.
Quando si cerca un alloggio, così come nel momento in cui si cerca lavoro, è fondamentale prestare molta attenzione alla lettura dell’annuncio in modo da captare più dettagli possibili, rispondere in modo attinente e non perdere tempo in inutili contatti.
Da questo deriva l’importanza di come sono scritti gli annunci, siano essi di lavoro o di affitto.
Un proprietario di un immobile o un coinquilino che decide di pubblicare un’inserzione, utilizzando canali digitali o bacheche fisiche, deve saper scrivere un buon annuncio.
Suggeriamo quindi alcuni degli elementi fondamentali per raggiungere questo obbiettivo.

Il linguaggio
Il linguaggio deve essere chiaro e semplice, con preferenza di frasi brevi, soprattutto on line, oggi il tempo di lettura è sempre meno e la comunicazione viaggia veloce.
L’inserzionista deve individuare i punti di forza che valorizzano la casa e il target a cui rivolgere la locazione, infatti sapendo cosa mettere in risalto e cosa tralasciare, risulta più semplice evitare di scrivere un annuncio troppo generico.

Il titolo
Il titolo è il biglietto da visita, deve attirare l’attenzione e indurre alla lettura, è meglio se contiene parole chiave ad esempio riferite al luogo dove si trova l’immobile o ad una caratteristica univoca dello stesso.

Le foto
Le foto sono fondamentali nell’era digitale, non possono essere improvvisate perché otterrebbero l’effetto contrario. Devono essere scattate in modo da visualizzare la prospettiva migliore della casa/stanza; devono essere chiare, luminose e di buona qualità, in grado di evidenziare i punti di forza o qualche dettaglio. Potrebbe essere utile, se disponibile, includere una planimetria che agevola il lettore a capire la distribuzione degli spazi.

ll testo
ll testo dell’annuncio ha due obiettivi: dare informazioni chiare ed esplicative ed incuriosire il lettore a contattare il proprietario per una prima visita, magari virtuale! Ciò è possibile se il contenuto, dopo una breve descrizione oggettiva e mirata, viene arricchito di dettagli.
Ovvio, non possono mancare informazioni relative a: tipologia casa, zona, target, numero posti letto e bagni, ma poi è necessario indicare servizi o elementi in grado di differenziare l’annuncio e dare spazio all’immaginazione così da essere contattati.

Canone locazione
Molti chiedono se è consigliato indicare il canone di locazione; se consideriamo che oggi molte delle ricerche on line partono dalla fascia di prezzo, noi consigliamo almeno di indicare un range o una cifra magari trattabile, affinché l’annuncio sia almeno preso in considerazione.

Contatti
Infine è sicuramente indispensabile indicare contatti raggiungibili e con tempi di risposta brevi.

Potremmo riportare molti esempi e casistiche ma preferiamo approfondire con i diretti interessati, che ci possono contattare personalmente o tramite: ihomeancona.com, dato che scrivere un annuncio accattivante non è scontato ma di sicuro è il primo passo per trovare gli inquilini ideali.