Vita sociale e relazioni tra le persone

CES ESC corpo europeo di solidarietà 2018

Corpo europeo di solidarietà, le novità

Come forse ricordate, abbiamo parlato già lo scorso anno del CES – Corpo europeo di solidarietà, del suo avvio e di come funziona. Sappiamo già che migliaia di giovani tra i 18 e i 30 anni sono partiti per sostenere attività di solidarietà in varie zone d’Europa e non solo, con un volontariato, un tirocinio o un vero e proprio lavoro.

Il concetto di solidarietà, valore fondante dell’Unione, è alla base della creazione del Corpo europeo di solidarietà, che mira a promuovere un cambiamento sociale positivo. Il CES infatti offre ai giovani l’opportunità per contribuire significativamente alla società, promuovere solidarietà ma anche sviluppare competenze, abilità e conoscenze, attraverso un’esperienza umana e professionale.

La novità è che dal 5 ottobre 2018 il Corpo europeo di solidarietà ha una sua base giuridica specifica, un suo regolamento e un suo bilancio dedicato. Tutto ciò rende possibile l’avvio di tanti nuovi progetti che, com’è stato finora, consentono ai giovani di contribuire ad azioni di aiuto alle persone e le comunità bisognose, anche nel proprio paese.

Vediamo allora le tipologie dei progetti che sarà possibile vedere finanziate dal CES – Corpo europeo di solidarietà, a seguito del primo invito a presentare proposte, pubblicato ad agosto. Oltre al volontariato individuale a lungo termine, ai tirocini e agli impieghi nei settori della solidarietà, ecco le novità

  • le organizzazioni potranno offrire progetti a breve termine (da 2 settimane a 2 mesi) per gruppi di volontari. Le organizzazioni che non hanno ancora ottenuto il marchio di qualità, o quality label, necessario per poter presentare proposte, lo potranno richiedere in qualsiasi momento all’agenzia nazionale Erasmus+
  • potranno accedere ai finanziamenti non solo organismi pubblici e privati che hanno sede negli Stati membri dell’UE, ma anche i giovani registrati nel portale del corpo europeo di solidarietà potranno costituire un gruppo di almeno 5 partecipanti e creare loro stessi attività di solidarietà rivolte alla propria comunità e della durata che può andare dai 2 ai 12 mesi;
  • alcuni progetti di volontariato sono aperti anche alla partecipazione di organizzazioni non UE di paesi quali Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Turchia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia e altri paesi partner.

Per molte delle attività il termine per la presentazione delle proposte è il 16 ottobre ma c’è tempo ancora fino al 18  febbraio 2019 per i progetti di gruppi di volontariato. Per chi è interessato a presentare proposte, il consiglio è di partire dalla Guida del Corpo europeo di solidarietà, per capire bene quali sono i principi che lo ispirano, le finalità e di conseguenza proporre progetti per attività coerenti con le premesse.

Non resta che iscriversi al Corpo europeo di solidarietà e vedere quali sono le missioni a cui potresti prendere parte!

Servizio Civile Universale 2018

Finalmente, dopo una lunga attesa estiva, lo scorso 20 agosto è uscito il bando del Servizio Civile Universale 2018, aperto a tutti i ragazzi e le ragazze tra i 18 e i 28 anni, italiani, europei o extraeuropei ma residenti in Italia.

Come si partecipa? e soprattutto, qual’è lo scopo?

Innanzitutto bisogna ricordare che il servizio civile non è un lavoro , ma un volontariato. E’ un impegno a sostenere e promuovere con azioni concrete i valori fondativi della Repubblica italiana. In altre parole si dedica un anno del proprio tempo e delle proprie energie ad attività di educazione, inclusione, partecipazione e confronto a contatto con la comunità in cui si vive, quindi nella propria città, o in altre parti di Italia, se c’è l’interesse a spostarsi, o addirittura all’estero.

Una volta scelto il progetto, presentata la candidatura e superata la selezione, si comincia con un periodo di formazione, utile per approfondire il valore e il significato del servizio civile, e per allargare le conoscenze necessarie a svolgere al meglio il proprio ruolo presso l’associazione o l’ente che ci accoglie.

Il servizio civile, se il progetto viene scelto bene, in base ai propri interessi e progetti, può essere anche un’ottima esperienza professionale. La durata delle attività è abbastanza lunga e consistente (l’impegno richiesto è di circa 30 ore settimanali) da permetterci di imparare molto sull’ambiente, le competenze necessarie, i soggetti coinvolti e il settore in generale.

Per molti progetti vengono anche riconosciuti dei crediti formativi, validi poi per una eventuale iscrizione all’università o nella formazione professionale.

Andando a cercare sul sito ufficiale un progetto nella vostra zona o nel settore che vi interessa vedrete che si possono scegliere tra due tipi di progetti, chiamati ordinari o sperimentali. I primi sono i progetti ideati secondo le regole che sono state valide negli anni scorsi, e quindi saranno progetti della durata di 12 mesi, nei settori tradizionali di attività del servizio civile. I progetti sperimentali sono invece quelli che in qualche aspetto hanno introdotto le novità previste dal Servizio Civile Universale (nuovi settori per svolgere il servizio civile, maggiore possibilità di partecipare per chi ha difficoltà di vario genere, durata modulata in modo diverso).

Le cose fondamentali da ricordare sono la scadenza per presentare la domanda, che è fissata alle ore 18 del 28 settembre, e la possibilità di presentare una sola domanda, quindi è importante scegliere bene!

Per chiederci tutto quello di cui non abbiamo parlato, vedere quali sono i progetti tra cui scegliere, e soprattutto incontrare i referenti dei progetti che cercano volontari per Ancona, ci vediamo lunedì 17 settembre qui all’Informagiovani, ti aspettiamo!

I nostri laboratori per gli stranieri

Prende il via domani la serie di laboratori che l’Informagiovani di Ancona organizza in collaborazione con il Progetto SPRAR “Ancona Città d’Asilo”, rivolti agli stranieri.

Lo SPRAR è il Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rigugiati istituito dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale ed è affidato all’Anci (l’associazione dei comuni italiani).

ll Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) è costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. A livello territoriale gli enti locali, con il supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono interventi di “accoglienza integrata” che vanno oltre la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico.

Quando lo SPRAR di Ancona ci ha chiesto una collaborazione in questo senso, noi abbiamo accettato senza esitazioni, perché siamo fermamente convinti che il modo migliore per “aiutare” queste persone sia quello di renderli consapevoli nella scelta e autonomi nella vita di tutti i giorni e nella ricerca del lavoro.

Per questo abbiamo ideato una serie di incontri a cadenza mensile rivolti alle persone rifugiate seguite dal servizio SPRAR che mirano a fornire loro orientamento ai servizi e al lavoro.

Partendo da una breve presentazione del servizio Informagiovani, illustreremo ai partecipanti come muoversi sul mercato del lavoro, spiegando quali sono i servizi a cui rivolgersi nella fase di ricerca e come procedere nella fase successiva. Tutto questo aiutadoci con una semplice simulazione che li aiuti a capire come rivolgersi ad un ufficio, come chiedere informazioni. Con domande relative a info molto semplici cercheremo insieme la risposta scoprendo i servizi dell’Informagiovani e come funzionano.

Certamente questa è solo una parte del grande lavoro di integrazione di cui le persone rifugiate necessitano ma è fondamentale per dare loro gli strumenti per iniziare a muoversi in autonomia e con cognizione di causa.

La scuola sta finendo……e i figli dove li sistemiamo?

L’estate è alle porte. Il countdown alla fine della scuola è iniziato. L’8 giugno si sta avvicinando inesorabilmente. I bambini e i ragazzi non vedono l’ora che suoni l’ultima campanella ma per i genitori inizia il problema di doversi organizzare per sistemare i figli durante l’estate.

L’estate, infatti, è lunga e i ragazzi hanno bisogno di svagarsi e allo stesso tempo di impiegare il proprio tempo in attività a loro adatte. Il problema riguarda più che altro i bambini della scuola primaria e i ragazzi della secondaria di primo grado che, pur essendo già autonomi e indipendenti, tuttavia di certo non possono essere lasciati completamente incustoditi.

I più “fortunati” possono contare su nonni o parenti con tempo a disposizione per farli divagare e per accudirli. Ma oggi anche molti nonni, a differenza di un tempo, lavorano o sono impegnati in altre attività e lasciare i figli con la babysitter spesso appare molto riduttivo in quanto i bambini hanno bisogno di socializzare con i propri coetanei, di impegnare il proprio tempo in attività ricreative e istruttive, di praticare un’attività sportiva.

Il centro estivo, allora, rappresenta per molti genitori un’ottima e valida alternativa alla babysitter. È un servizio educativo originale, che pone al centro delle sue attività i bambini. Rappresenta un’opportunità di socializzazione per i bambini, un’esperienza che coinvolgerà anche la famiglia, la scuola, il gruppo sportivo, la vita associativa in generale.

Esiste un’ampia scelta di centri estivi, da quelli comunali a quelli privati.

Il Comune di Ancona anche quest’anno organizza i centri estivi per la fascia d’età 4 – 14 anni e i centri di aggregazione estiva per la fascia d’età 6 – 14 anni.

I centri estivi coprono tutto il mese di luglio (2 – 31 luglio) mentre i centri di aggregazione il periodo immediatamente successivo la chiusura dell’anno scolastico e precedente l’inizio del nuovo (dal 11/06/2018 al 29/06/2018 e dal 27/08/2018 al 14/09/2018).

Mentre per quelli comunali esistono delle graduatorie che vengono stilate in base alle domande pervenute, per quelli privati i requisiti sono meno restrittivi. Ovviamente quelli privati sono meno economici ma rappresentano una valida alternativa a quelli pubblici. Tutti infatti si pongono l’obiettivo di impegnare i bambini in attività ad hoc per farli socializzare e divertire allo stesso tempo.

Se volete avere informazioni sui centri estivi potete scriverci a info@informagiovaniancona.com oppure passare allo sportello a consultare il materiale cartaceo.

REI: inclusione sociale e lavorativa

Il REI (reddito di inclusione) è una misura nazionale di contrasto alla povertà, condizionata dalla valutazione economica, introdotta dallo Stato italiano in continuità con la carta SIA (sostegno all’inclusione attiva) e con l’ASDI (assegno di disoccupazione), che il REI va a sostituire. I cittadini meno abbienti hanno avuto la possibilità di richiederlo a partire dal 1 Dicembre 2017, con un regime particolare per quelli intestatari della carta SIA.

Il REI si compone di due parti: un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta REI) che funziona come una carta acquisti e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà, predisposto con il supporto dei Servizi Sociali del Comune di residenza che operano in rete con gli altri servizi territoriali come Asl, scuole, centri per l’impiego ecc.

La carta REI è un supporto per effettuare i propri acquisti nei negozi alimentari, nelle farmacie e nelle parafarmacie abilitate al circuito Mastercard e per il pagamento delle bollette elettriche e di gas.

I soggetti attuatori del REI sono i Comuni – che devono anche organizzare campagne informative – e l’INPS che si occupa di alcuni controlli e dell’erogazione. Le Regioni adottano programmi di attuazione denominati “Piani regionali per la lotta alla povertà”, e su tutti vigila il Ministero del Lavoro che opera anche attraverso il “Comitato per la lotta alla povertà’” e l’“Osservatorio sulle povertà’”.

Il Comune raccoglie la domanda; contestualmente gli Ambiti Territoriali Sociali e i Comuni verificano i requisiti di cittadinanza e residenza.

Gli Ats- Ambito Territoriale Sociale inviano la domanda all’Inps entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione, rispettando l’ordine cronologico. L’Inps entro i successivi 5 giorni, verifica il possesso dei requisiti e, in caso di esito positivo, riconosce il beneficio e invia a Poste Italiane la disposizione di accredito.

Poste Italiane emette la Carta Rei e tramite lettera invita il beneficiario a recarsi presso qualunque ufficio postale abilitato al servizio per il ritiro. Prima di poter utilizzare la Carta, il titolare dovrà attendere il PIN, che gli verrà inviato in busta chiusa presso l’indirizzo indicato nella domanda.

I beneficiari sono famiglie in condizione di povertà (un valore ISEE ≤ 6.000 € ed un valore ISRE ≤ 3.000 €) nelle quali almeno un componente sia minorenne oppure sia presente un figlio disabile (anche maggiorenne) o una donna in stato di gravidanza accertata, o persone over 55 disoccupato.

Questi requisiti, però, saranno validi solo nel “primo periodo di applicazione” perché dal 1° luglio 2018 verranno meno i requisiti familiari e quindi aumenterà il numero di richiedenti il REI.

Purtroppo, però, le risorse stanziate sono insufficienti e non consentono ancora di raggiungere tutte le persone in povertà assoluta: otterrà il Rei, infatti, poco più di un povero su tre. Rendere la misura universale, allora, deve essere certamente un traguardo per tutti ma evitando che si incrementi l’utenza senza prevedere risposte adeguate nell’importo dei contributi economici e nei percorsi d’inclusione sociale. Si corre il rischio che si raggiungano sempre più persone, senza però dare loro la possibilità di migliorare effettivamente le proprie condizioni, che è esattamente la vera sfida del Rei, perché è così che è stato pensato e disegnato. Quindi la vera sfida dovrà riguardare i servizi.

Per chiarire ogni dubbio su come funziona il REI, il 12 giugno 2018 all’Informagiovani di Ancona si terrà un incontro pubblico, aperto alla cittadinanza, in collaborazione con i Servizi Sociali del Comune di Ancona.

L’ingresso è libero ma occorre prenotare il posto gratuito a questo link: https://sviluppo.informagiovaniancona.com/rei.

Vi aspettiamo numerosi.

Infoday volontariato Marche Eurodesk Ancona

2 Infoday regionale sul volontariato

Fare volontariato può portarti molto lontano, in tutti i sensi!

Scegliere di fare del volontariato ti permette di impiegare una piccola parte del tuo tempo per dedicati a qualcosa a cui tieni, per cambiare le cose che non ti piacciono, per imparare a fare qualcosa di nuovo, incontrare nuove persone e impegnarti in qualcosa di cui vedrai i risultati.
Puoi scegliere di fare volontariato nella tua città, in altri posti d’Italia o anche più lontano, in Europa o anche fuori, in Asia, America o Africa. Le possibilità sono davvero tante, l’importante è valutare bene le tue motivazioni, le tue aspettative e le tue possibilità, per poter scegliere il tipo di volontariato adatto a te e che ti darà maggiori soddisfazioni.
Una attività di volontariato è anche una voce importante da inserire nel tuo cv, se scelta in base ai tuoi interessi e svolta in modo serio e responsabile.

Se hai già sentito parlare di campi di volontariato, ma non sai bene da dove si comincia e a chi rivolgerti, l’infoday che abbiamo organizzato in collaborazione con MarcheSolidali e CSV Marche ti sarà utilissimo per capire di che si tratta e magari trovare l’occasione che cercavi.
Giovedì 24 maggio saranno presenti qui all’Informagiovani, oltre a noi con il servizio Eurodesk Ancona, anche numerose organizzazioni che accolgono volontari. Dopo una breve presentazione di ognuno per capire che cosa fanno e cosa possono offrire, potrai girare tra i tavoli e rivolgerti a chi vuoi per chiedere informazioni dettagliate e fare domande. Parleremo di volontariato internazionale, SVE, servizio civile, volontariato in Italia e altre opportunità.

Concluderemo intorno alle 19 offrendovi un aperitivo con sottofondo musicale a sorpresa!
L’evento è gratuito e aperto a tutti gli interessati, qui tutti gli aggiornamenti sulle organizzazioni presenti e sulle opportunità offerte, passa a trovarci, dalle 17 saremo qui anche per te.

Viaggiare con il volontariato

Con l’avvicinarsi dell’estate, molti pensano già a come trascorrerla, magari organizzando un viaggio anche verso mete lontane.

Un modo alternativo e allo stesso tempo formativo è partire per un campo di lavoro o workcamp.

I campi di lavoro sono dei progetti di volontariato di durata variabile, normalmente rivolti ai giovani, incentrati non solamente sulla solidarietà ma anche sulla comunicazione e integrazione tra i volontari e la comunità ospitante.

Il campo di lavoro non è una vacanza ma nemmeno un lavoro retribuito: in genere si lavora dalle 4 alle 8 ore giornaliere, mentre il resto del tempo è dedicato ad attività di animazione, escursioni, visite, incontri con la popolazione e le associazioni locali.

In genere, ai partecipanti non è richiesto nessun requisito particolare se non un interesse per il tema del campo, la predisposizione al lavoro di gruppo e alla vita in comunità. Per i campi all’estero è richiesta una minima conoscenza della lingua inglese.

A carico dei volontari sono il viaggio e una quota di iscrizione, che in genere copre vitto e alloggio.

Con pochi euro si potrà, quindi, vivere un’esperienza internazionale breve ma significativa che consentirà di fare nuove conoscenze, allacciare contatti utili, esercitare le proprie conoscenze linguistiche, in particolare l’inglese, e perché no aggiungere un punto in più sul proprio curriculum vitae.

I campi di lavoro volontario sono, infatti, un’esperienza di vita comunitaria, di conoscenza e scambio culturale con lo scopo di realizzare progetti di utilità sociale.

I campi nascono e si diffondono come proposta concreta per gli enti e le comunità locali; propongono attività sociali senza fine di lucro, coinvolgono i giovani e le forze sociali del territorio dove si svolgono. Il lavoro nei campi – oltre che a realizzare obiettivi concreti – ha un valore formativo ed educativo alla socialità, a relazioni collaborative e cooperative, alla responsabilità comune in uno spirito di solidarietà e impegno civile.

Se i giovani volontari partono con le giuste motivazioni, un campo di volontariato rappresenterà un’esperienza assolutamente unica e dal forte valore formativo.

Per partecipare a un campo è bene informarsi direttamente presso le associazioni o le cooperative di volontariato che li organizzano.

Di seguito vi segnaliamo solo alcune delle associazioni che organizzano workcamps internazionali su temi differenti. Ovviamente ne esistono molte altre.

Afsai – Associazione per la Formazione, gli Scambi e le attività interculturali:

organizza numerosi campi di lavoro internazionali in Europa, Asia, Africa, Sudamerica, per lo sviluppo delle comunità locali, rivolti a giovani con diversi background culturali e una profonda passione per il mondo della solidarietà e la scoperta delle differenze culturali.

Lunaria:

svolge attività di ricerca, formazione e comunicazione sui temi dell’economia solidale e del terzo settore, delle migrazioni e della globalizzazione e promuove iniziative di volontariato internazionale e di politiche giovanili.

Legambiente:

organizza campi di lavoro sul tema della tutela dell’ambiente rivolti anche ai minorenni.

Per conoscere queste ed altre opportunità di volontariato potete rivolgervi all’Informagiovani scrivendo a info@informagiovaniancona.com o passando personalmente allo sportello.

Bonus bebé 2018

Il Bonus bebè, chiamato anche assegno di natalità, è un contributo economico che lo Stato eroga per mezzo dell’Inps, come aiuto alle famiglie con basso reddito.

Si tratta di una misura per sostenere la natalità, legata al ‘benessere’ della famiglia: al reddito dei suoi componenti e alle eventuali proprietà.

Consiste in un assegno di 80 euro mensili per le neomamme e famiglie adottive con ISEE sotto i 25mila euro mentre per le famiglie a basso reddito fino a 7mila euro l’importo dell’assegno raddoppia e passa da 80 a 160 euro mensili.

Se, però, nella scorsa Manovra, le famiglie con figli e le future mamme erano state al centro dell’attenzione, quest’anno la nuova Legge di Bilancio 2018 ha fatto un passo indietro.

Il bonus bebè, infatti, è stato riconfermato con gli stessi importi ma è cambiata la durata dell’agevolazione.

Dal 1° gennaio 2018 verrà corrisposto non più fino al terzo anno di vita del bimbo (o al terzo anno di ingresso nel nucleo famigliare, per chi adotta), ma solo fino al primo anno.

Questa novità, ovviamente, non riguarda coloro che hanno fatto richiesta del Bonus Bebè negli anni scorsi, i quali continueranno a ricevere il contributo fino al compimento dei 3 anni del figlio o al 3° anno dall’ingresso in famiglia del figlio adottivo.

La domanda di assegno di natalità va presentata direttamente online all’INPS tramite accesso all’area riservata del sito con PIN INPS personale. Va presentata una sola volta per ogni figlio da uno dei genitori entro 90 giorni dalla nascita o dall’entrata in famiglia (in caso di adozione).

Nel caso di gemelli la somma percepita va moltiplicata per il numero degli stessi.

Fermo restando la soglia reddituale tutti i neo genitori o genitori adottivi (italiani, cittadini dell’UE o extracomunitari con permesso di soggiorno) possono fruire del bonus bebè 2018, purché esista, anche, il requisito della coabitazione genitore – figlio.

Il pagamento avviene entro il 5° giorno di ogni mese ed avviene su conto corrente bancario o postale.

Le famiglie che ricevono il Bonus Bebè da diversi anni, invece, per continuare a beneficiarne anche per il 2018, devono presentare la nuova dichiarazione sostitutiva unica (DSU) che serve per il rilascio dell’ISEE 2018.

Giochi d’acqua

Mai sentito parlare dell’Agenda 2030 dell’ONU?

Se questi numeri ti sono nuovi, è il momento di cominciare ad occuparsene, il tempo corre!
L’Agenda 2030 è una lista di 17 obiettivi, che riguardano ambiti diversi ma collegati fra loro, che come comunità mondiale dobbiamo raggiungere per realizzare uno sviluppo sostenibile, cioè uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni. È una bella sfida!

Il sesto obiettivo dell’Agenda per uno sviluppo sostenibile è garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie.
L’acqua è un bene indispensabile per la vita umana, e questo lo sappiamo tutti. Quello che spesso ci sfugge è che l’acqua, o meglio l’accesso ad essa e la possibilità di gestirla, è anche un fattore di sviluppo fondamentale per le popolazioni. Circa 700 milioni di persone nel mondo vivono a distanza di chilometri da una fonte d’acqua, e circa 1 miliardo e 800 milioni hanno a disposizione per bere solo acqua contaminata. È facile intuire le conseguenze di tutto ciò sullo stato di salute e di benessere di queste comunità, e sulle loro capacità di sviluppo economico.

Per far sì che sempre più persone, anche tra chi non ha problemi nel rifornirsi di acqua potabile, siano consapevoli di questo grande tema, anche in relazione ai cambiamenti climatici in atto, il 22 marzo è stato dichiarato Giornata Mondiale dell’Acqua.
Questa giornata è un’occasione per tutti di ricevere informazioni e spunti su una questione di vitale importanza, di cui sia i singoli cittadini che i governi sono responsabili. Per coinvolgere anche i più giovani nel processo di conoscenza e di riflessione sul tema della disponibilità e dell’uso dell’acqua, sono state organizzate attività dedicate, divertenti e istruttive al tempo stesso.
Proprio qui da noi si potrà partecipare nel pomeriggio di giovedì 22 marzo a ben tre diversi laboratori, organizzati da Multiservizi in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e Fosforo.

E allora, prenota il tuo posto per partecipare, è facile come bere un bicchier d’acqua!

Bonus trasporti: un incentivo alla mobilità sostenibile

Il concetto di mobilità sostenibile si fa sempre più largo ma nonostante ciò nelle grandi città italiane, e anche in quelle meno grandi, il trasporto privato batte il trasporto pubblico, considerato poco efficiente.

Tra tagli, ritardi, mezzi pubblici vecchi, guasti e disservizi, l’offerta del servizio pubblico è ad un punto fermo e a farne le spese sono l’ambiente e i cittadini.

Siamo tutti consapevoli che viaggiare sui mezzi pubblici migliora il traffico, riducendo la congestione e l’immissione di sostanze inquinanti nell’aria.

I mezzi pubblici sono, inoltre, considerevolmente più sicuri dell’auto e sicuramente consentono un risparmio in termini di costi del carburante.

È meno stressante e obbliga a fare una maggiore attività motoria e quindi apporta beneficio al nostro equilibrio psicofisico.

Nonostante tutti questi punti a favore del trasporto pubblico, tuttavia in Italia ci si scontra con un modello culturale individualista, orientato da abitudini d’acquisto, ma anche con una sfiducia nei confronti del TPL, che i fatti mostrano non sempre efficiente e adeguato e quindi l’automobile rimane il mezzo privilegiato per assicurare la propria indipendenza negli spostamenti quotidiani.

Un incentivo all’utilizzo dei mezzi pubblici potrà forse essere dato dal bonus trasporti 2018.

Il bonus treno o bonus autobus 2018 è la nuova detrazione fiscale che il Governo Gentiloni ha inserito nel testo della nuova Legge di Bilancio 2018.

Consente la detraibilità dalle tasse del 19% delle spese sostenute nel corso dell’anno per l’abbonamento TPL (trasporto pubblico locale), regionale e interregionale (quindi autobus, metropolitane, tram, treni ecc…) per un importo massimo di spesa pari a 250 euro all’anno (ossia una detrazione massima di 47,5 Euro da far valere in dichiarazione dei redditi).

La detrazione spetta anche per le spese sostenute per i familiari a carico e quindi anche per il trasporto scolastico dei figli, spese, queste ultime, non rientranti finora tra le spese scolastiche detraibili come invece quelle per le spese mensa o per le gite scolastiche.

Per usufruire in maniera corretta della detrazione è necessario conservare copia delle spese sostenute per gli abbonamenti.

Un piccolo sforzo personale a fronte di un grande beneficio per la collettività.

 

Welcome to Ancona!

Sessanta sono i nuovi studenti stranieri che sono arrivati in Ancona questo mese per fare un semestre all’Università Politecnica delle Marche. Per festeggiare il suo arrivo e dargli un caloroso benvenuto, l’associazione internazionale di studenti ESN (Erasmus Student Network) ha organizzato l’iniziativa ‘Erasmus Welcome Days’: una settimana piena di attività per cominciare a scoprire la città di Ancona e le tradizioni italiane.

Il passato mercoledì 14 febbraio, coincidente con San Valentino, l’Informagiovani partecipava nel secondo giorno della ‘Erasmus Week’ con un evento informativo in collaborazione con i giovani di ESN ESAN Ancona. ESN fu fondata nel 1990 da ex studenti  in mobilità internazionale su iniziativa dell’Erasmus Bureau della Comunità Europea. L’associazione è arrivata in Italia il 22 ottobre 1994 nelle 7 sezioni più antiche (Siena, Parma, Pavia, Milano, Trento, Bologna e Genova) però attualmente è composta da 49 sezioni, in 42 città. In Ancona l’associazione si impegna nella ricerca e creazione di progetti che valorizzano la città per rinforzare il rapporto tra la comunità e gli studenti Erasmus. Eventi come la caccia al tesoro, la visita alle grotte di Frasassi, la gita a Sirolo e i vari city tour sono alcuni esempi.

L’Informagiovani fece una piccola introduzione su alcuni aspetti pratici della città come mappe utili oppure orari degli autobus e abbonamenti universitari. Presentò anche alcuni dei nostri servizi che potrebbero essere utili per gli studenti Erasmus durante il loro soggiorno in Ancona. Il più importante in questo periodo dell’anno sarebbe ‘iHome: l’Agenzia Casa dell’Informagiovani’, un servizio di ricerca ed offerta di alloggi e posti letto gratuito per tutto il territorio comunale. Nonostante, per scoprire la realtà anconetana, la “University Card” è lo strumento perfetto. Questa card facilita l’accesso degli studenti universitari a prodotti e servizi utili alla loro vita all’interno della città. Sono stati sposti alcuni eventi che si terranno in Ancona e dintorni durante i prossimi mesi. I ragazzi non possono mancare alla fiera di San Ciriaco o alle mostre culturali de La Mole.

Grazie a l’associazione ESN ESAN Ancona e a tutti gli studenti che sono venuti. Vi auguriamo un buon Erasmus e ricordate, life begins at the end of your comfort zone!


Created with flickr slideshow.

Perché i ricordi sono utili

Come tutti saprete domani è la giornata della memoria, il giorno nel quale si ricordano le vittime dell’olocausto. Ricordare una cosa del genere ha, secondo me, due importanti significati. Il primo è sicuramente quello di mantenere memoria di un avvenimento, un passaggio storico in questo caso, di cui si condivide universalmente la brutalità e la profonda ferita che ha lasciato nell’umanità. L’altro significato importante è che il ricordo serve, in questi casi, a fissare un punto fermo, a stabilire una verità; non in senso scientifico, ma in senso sociale, politico, umano direi.

In questi casi bisogna fare attenzione anche alle parole che si usano. Quando parlo di una ferita “nell’umanità” non intendo dire la stessa cosa di una ferita “per l’umanità”. L’umanità del primo caso (nell’umanità) è una sensibilità, una spiritualità direi che è singola e condivisibile allo stesso tempo: non vuol dire che tutti la condividono (e infatti, purtroppo, vediamo che non è così), ma che ferisce qualcosa di più delle persone, la loro anima, il loro profondo senso di sentirsi parte di una stessa comunità, dello stesso genere umano. Si tratta di un sentimento profondo e forte al tempo stesso del quale, si auspica, nessuno dovrebbe poter fare a meno. Un sentimento di giustizia. Per questo è frutto di un processo, anche di sofferenza, attraverso il quale poi si arriva a condividere l’efferatezza dell’episodio. L’olocausto, come ahimè altre tragedie umane, dovrebbe sconvolgerci intimamente ogni volta che lo ricordiamo.

L’altra parola sulla quale ritengo importante fare una precisazione è la parola “verità“. Ecco, in tempi in cui il metodo scientifico e tecnico (che non voglio criticare) la fa da padrone, siamo abituati a pensare che sia vero solo ciò che è dimostrabile. In realtà ci sono anche verità che possiamo assumere come tali. Chi crede in una religione questa cosa la sa bene e sa anche quanto queste verità siano difficili da mantenere perché richiedono un continuo sforzo di fiducia (che diventa fede nelle religioni). Non è una fiducia in qualcun altro, ma una fiducia nei valori e nei principi che ci hanno fatto raggiungere quelle verità che assumiamo. Personalmente ho una fiducia immensa nel valore dell’uguaglianza, dell’unità dei popoli e della pace da non temere che la verità sull’olocausto come genocidio e atto criminale possa possa vacillare anche solo un momento.

Ecco, ricordare significa avere a cuore la verità e la giustizia. A questo punto sarà venuto in mente anche a voi che queste due parole, riconducibili alla giornata della memoria, sono le stesse utilizzate anche per ricordare un altro fatto che, forse, muove quelle stesse corde dell’animo umano. Proprio ieri in centinaia di piazze italiane si è ricordato Giulio Regeni con quello stesso spirito, secondo me, che dovrebbe animare i nostri ricordi più forti. Quelli che ci aiutano a migliorare come persone e come umanità.

Tecnologia attraente

La tecnologia, soprattutto quella digitale, sta giocando un ruolo da vera protagonista della nostra epoca ed è la cosa più attraente con cui abbiamo avuto a che fare negli ultimi anni. Credo che sia un dato che accomuna i presunti “millenials” e chi si è ritrovato ad averne a che fare in età già adulta: per i primi è un’attrazione quasi connaturata, per i secondi un fascino irresistibile accompagnato spesso dalla sorpresa relativa al confronto con il passato (la sensazione è quella del tipo “wow! niente più fila in banca per fare un bonifco!”).

Questa tesi, semplice e banale, è anche supportata da qualche dato. Per esempio quello sulle spese effettuate dagli italiani che sono quelli che spendono maggiormente in Europa per l’acquisto di device tecnologici: siamo i primi (almeno in questo) con una spesa che è doppia rispetto a quella di inglesi e francesi e supera di un terzo quella di spagnoli e tedeschi. Ora, la domanda che mi faccio è: ma tanto “affetto” è ricambiato? Il nostro amore per la tecnologia è corrisposto?

La tecnologia digitale in molti casi ci ha semplificato la vita, ci ha permesso di velocizzare molte attività e raggiungere distanze (anche in senso metaforico) a cui prima non potevamo arrivare. Da un certo punto di vista è stato come mettere il turbo, un’energica spinta alle nostre vite. Alla accelerazioni bisogna però essere preparati e noi non sempre lo siamo stati: siamo diventati un po’ più soli (che non è la solitudine classica, è più un modus vivendi molto autonomo, forse troppo), più distratti (e per questo meno informati nonostante la enorme disponibilità di notizie), più superficiali.

Forse talmente tanto che se ne è accorto anche uno che con la tecnologia è diventato miliardario: Mark Zuckerberg. La notizia di oggi è che, riporto i giornali, “Facebook ci vuole più felici”: Ora, io lo so che questo annuncio è una trovata pubblicitaria, una frase ad effetto (semplice) per garantire l’immagine di un’azienda che vuol dimostrare di avere e sentire una responsabilità sociale. Però se Facebook, siccome “gli utenti che sono attivi sui social network si sentono meglio al termine della loro esperienza online, rispetto a quelli che si limitano a osservare che cosa condividono gli altri“, decide che questa cosa va incoraggiata è perché il nostro livello di disattenzione (che poi è più che altro una certa incapacità di assorbire e comprendere i contenuti) è talmente elevato che rischia di incidere sull’efficacia del social network (e quindi sulla sua redditività). La questione, dal mio punto di vista, è che rischiamo di essere affascinati più dal come le cose accadono, che dalle cose che accadono e dal perché accadono. Del tipo: “che figo, dal mio smartphone posso vedere il video della bomba che esplode”. Ma quella è una bomba! Che esplode! Lo stesso meccanismo che avviene per la diffusione delle bufale (fake news): la velocità e l’enfasi (grande nemica di questi tempi a mio modo di vedere) con cui ci arrivano, bloccano le nostre capacità critiche, la possibilità che avremmo di ragionare prima di diventare noi stessi distributori di stupidaggini.

Non voglio dire che la colpa è della tecnologia, sarebbe talmente banale da essere sbagliato. Ma quell’attrazione che proviamo, ogni tanto, forse dovremmo metterla in discussione e capire se non possiamo diventare, soprattutto, un po’ più consapevoli.

(Photo by rawpixel.com on Unsplash)

Servizio civile: un anno speso bene

Il Servizio Civile Nazionale consiste in un anno nel quale il giovane partecipante svolge un’opera di vera e propria cittadinanza attiva: diventa cioè un cittadino che lavora al servizio dello Stato restituendo allo stesso una parte di quello che riceve contribuendo a costruire una parte della società civile.

Si viene, infatti, impiegati in varie attività di utilità sociale, secondo il progetto per il quale ci si è candidati e si è stati selezionati, che può essere proposto da vari enti.

Indipendentemente dal progetto scelto, il servizio civile nazionale rappresenta un anno dedicato alla formazione e alla crescita professionale.

In diversi casi rappresenta il primo contatto con il mondo del lavoro, e in qualche misura mette già di fronte a delle responsabilità, abituando ad avere impegni ed obblighi nuovi, svezzandosi spesso dall’essere solo figli o studenti.

Per molti giovani, anche laureati, rappresenta inoltre un’alternativa alla disoccupazione.

Infatti il SCN assicura una minima autonomia economica in quanto è previsto un assegno mensile di 433 euro.

Da pochi giorni il Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale ha pubblicato due bandi per la selezione di 1.830 volontari da impiegare in progetti di servizio civile nazionale, nell’ambito delle finalità istituzionali individuate dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

Entrambi i bandi sono rivolti all’agricoltura sociale: i progetti riguardano sia il settore dell’educazione e promozione culturale – dai temi alimentari a quelli ambientali e della biodiversità – sia il settore dell’assistenza, per favorire l’inserimento lavorativo dei giovani nell’agricoltura.

Il primo bando prevede la selezione di 489 volontari di servizio civile che saranno impegnati in 47 progetti, il secondo la selezione di 1341 da impiegare in 150 progetti.

Il secondo bando, però, è rivolto solo ai GIOVANI NEET iscritti al PROGRAMMA GARANZIA GIOVANI.

Per il resto i requisiti generali sono gli stessi e cioè: avere un’età compresa tra 18 e 28 anni, essere cittadini italiani o di uno Stato membro dell’UE regolarmente residenti in Italia o cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia.

Per poter partecipare al bando occorre scegliere il progetto di proprio interesse ed inviare la domanda, secondo le indicazioni contenute nei due bandi, direttamente all’ente che realizza il progetto prescelto.

È possibile presentare una sola domanda di partecipazione per un unico progetto di servizio civile nazionale in ciascuno dei due bandi.

Complessivamente nei due bandi sono previsti 10 progetti relativamente alle Marche con complessivi 24 posti.

Per sapere quali sono i progetti tra cui scegliere potete consultare la banca dati ufficiale oppure rivolgervi all’Informagiovani dove troverete l’elenco e i bandi dei progetti delle Marche ed operatori pronti a darvi le informazioni essenziali per poter partecipare e ad aiutarvi nella ricerca di qualunque progetto.

Le domande vanno presentate entro e non oltre le ore 14.00 del 5 febbraio 2018.

Unlearning: un primo passo verso nuovi modi di vivere

Ieri pomeriggio nella nostra sala dell’Informagiovani si è svolta la proiezione del film Unlearning, un bilancio dell’evento? È senza dubbio più che positivo! Ciò è stato possibile grazie alla calorosa partecipazione di chi ha festeggiato con noi in maniera alternativa l’arrivo delle feste. Invece di pagare il classico biglietto d’ingresso per il film, abbiamo chiesto ai partecipanti di barattarlo con un prodotto di cibo locale. Già prima delle 18.30 in numerosi ci hanno raggiunto accompagnati dai prodotti delle nostra terra, che sono stati poi riposti simbolicamente in un carrello della spesa. In pochissimo tempo quel carrello era già stracolmo, ognuno ha portato un pezzetto di se attraverso questo “dono”.

Ci teniamo a ringraziare tutti coloro che hanno deciso di partecipare a questa iniziativa. L’intento era quello di portare per un pomeriggio nuovi spunti di riflessione agli spettatori. Abbiamo scelto proprio il documentario “Unlearning” perché ci sembra veicoli un segnale diretto e chiaro: oltre al nostro “modo di vivere” ne esistono molti di più e soprattutto per scoprirli, non è necessario andare troppo lontano. Grazie alla spontaneità e la naturalezza della famiglia protagonista, possiamo forse dire di essere partiti anche noi per un viaggio attraverso ecovilaggi, comuni e tanto altro. Speriamo che questo viaggio vi abbia lasciato qualcosa e che magari in futuro iniziassimo tutti quanti a disimpararae un po di più e a vivere liberamente con consapevolezza le nostre vite.  Rinnoviamo nuovamente i nostri ringraziamenti a chi ha deciso di venire e ai produttori del film. Vi ricordiamo che tutti i prodotti saranno spediti al più presto alla famiglia Basadonne a Genova.

Non dimenticate che avrete inoltre la possibilità di scaricare la foto di gruppo con il “carrello Unlearning” e anche altri scatti di ieri qui: Proiezione film “Unlearning”. Vi auguriamo nel frattempo buone feste e qualora lo vogliate passate a trovarci e soprattutto se avete delle proposte da farci saremo più che lieti di discuterne insieme.

[fshow photosetid=72157688384362692]

 

Idee di abitare: cohousing

Quando parliamo di “idee di abitare” non facciamo riferimento solo alla casa intesa come costruzione, non è una questione di muri e di posti letto, ma soprattutto di diverse relazioni che all’interno della casa si dispiegano.

Nel nostro blog dedicato all’autonomia abitativa ihomeancona.com, poche settimane fa, abbiamo trattato alcuni aspetti del tema relativo al cohousing nell’articolo : “Cohousing e housing sociale” .

Oggi in Italia si stanno sviluppando sempre più  realtà di cohousing e per chi si sta chiedendo il motivo di voler vivere in cohousing, elenchiamo alcuni degli aspetti positivi di chi sceglie questo stile di vita.

Il cohousing è  un complesso abitativo composti da alloggi privati corredati da ampi spazi comuni destinati alla condivisione tra i cohouser e vivere qui significa scegliere uno stile di vita qualitativo, in equilibrio tra l’autonomia della casa privata e la socialità degli spazi comuni, all’interno di luoghi co-progettati da e con le persone che li abiteranno. Di solito sono aggregazioni apolitiche, apartitiche, non accomunate da credo religiosi o ideologici.

I punti di forza del cohousing sono: l’incoraggiamento della socialità, l’aiuto reciproco, la volontà di creare rapporti di buon vicinato, il desiderio di riduzione la complessità della vita con una miglior organizzazione e diminuzione dello stress, con una riduzione dei costi di gestione delle attività quotidiane.

Oggi il cohousing è l’esperienza quotidiana di migliaia di persone in tutto il mondo.

Dall’altro lato cohosing non è un eco villaggio anche se adotta sani principi della sostenibilità ambientale; non è  social housing: edifici che sono realizzati per essere venduti e/o affittati, a determinate fasce di popolazione, considerate deboli ma non sufficientemente deboli da poter accedere alla case popolari. Però il cohousing promuove come il social housing la socialità  e le buone prassi di supporto reciproco.

Alla base del cohousing deve esserci una progettazione partecipata da parte dei cohouser futuri,  è un percorso finalizzato alla fondazione della comunità, dei sistemi valoriali e dei modelli partecipativi che essa adotterà È un approccio all’abitare diverso inteso come “comunità di vicinato” .

All’Informagiovani mercoledì 18 ottobre si è svolto l’evento “Abitare condiviso: idee e pratiche di co-housing per i giovani europei” promosso dalla scuola di co-progettazione YUC i cui partecipanti, hanno raccontano il loro percorso formativo e  hanno presentano una proposta di servizio di Cohousing per la città di Ancona dedicato a studenti neolaureati.

Sempre su questo tema giovedì 16 novembre alle ore 18:00 presso l’InformaGiovani viene proposta la proiezione del documentario film “L’abitare sostenibile. Il caso degli ecovillaggi e del cohousing in Italia con la presenza degli autori. Un documentario realizzato a cura della prof.ssa Isabelle Dumont, BF360 e alcuni studenti dell’Ateneo Roma Tre, eseguendo interviste e riprese in alcune realtà esistenti di ecovillaggi e cohousing che spaziano da contesti rurali a contesti urbani, dal recupero di vecchi edifici a progetti completamente nuovi. Le riprese sono state effettuate alla Comune di Bagnaia (SI), al cohousing Numero Zero di Torino, al Villaggio Verde di Cavallirio (NO) e al cohousing Ecosol di Fidenza (PR).

Questa proiezione sarà di preparazione al convegno“ Nuove Idee di Abitare” che si terrà venerdì 15 dicembre dalle ore 9:00 alle 17:00 presso la sede dell’Università Politecnica delle Marche di San Benedetto del Tronto.

Il convegno è inserito nel programma di OSE – l’Officina di Sociale Evoluto che sta impegnando e caratterizzando l’attività di AgenziaRES nel 2017, e vuole essere un momento di conoscenza e confronto sui temi dell’abitare condiviso in una prospettiva più ampia, partendo dal racconto di alcune tra le più interessanti realtà, pratiche ed esperienze di cohousing  per poi arrivare a realizzare nel pomeriggio dei workshop di confronto con una suddivisione basata sulla scala di riferimento relativa alle esperienze di lavoro: appartamento, condominio, quartiere.

Ovviamente siete tutti invitati a partecipare gratuitamente sia alla proiezione del documentario sia al convegno  e per qualsiasi informazione potete contattarci in modo di gestire al meglio il confronto, dibattito con gli ospiti.

Come si diventa scrutatore di seggio elettorale

Fare lo scrutatore di seggio durante le elezioni può rivelarsi un’opportunità di lavoro temporaneo, con un guadagno adeguato al lavoro svolto.

Lo scrutatore di seggio elettorale è uno dei componenti dell’ufficio che si insedia presso ogni sezione elettorale in occasione delle consultazioni elettorali o referendarie previste dall’ordinamento italiano.

Gli altri componenti del seggio elettorale sono: il presidente e il segretario.

A ogni seggio elettorale è assegnato un numero di scrutatori compreso fra due e quattro; uno degli scrutatori svolge le funzioni di vicepresidente dell’ufficio.

Gli scrutatori sono scelti fra gli elettori compresi nell’albo unico delle persone idonee a ricoprire l’incarico.

L’iscrizione a questo albo è completamente gratuita e non richiede nessun tipo di costo.

La richiesta d’iscrizione all’albo deve essere presentata una sola volta e resta valida fino a che l’elettore non perde i requisiti o chiede di essere cancellato. Quindi coloro che sono già iscritti all’Albo non devono ripresentare la domanda.

L’iscrizione va effettuata entro il 30 novembre di ogni anno, presso l’ufficio dell’anagrafe del comune dove si è registrati per il seggio elettorale.

Per potersi iscrivere occorre solo essere elettori di quel Comune ed aver assolto gli obblighi scolastici.

Entro il 15º giorno precedente la votazione, i cittadini incaricati delle funzioni di scrutatore ricevono copia della nomina attraverso un messo notificatore. L’incarico di scrutatore è obbligatorio per le persone designate; sono, infatti, previste delle sanzioni amministrative e penali per coloro che, senza un impedimento grave e comprovato, si rifiutino di assolvere il compito.

I lavoratori dipendenti godono di un permesso retribuito per tutti i giorni in cui si svolgono le operazioni elettorali, a prescindere dall’effettivo orario di queste ultime, e inoltre di un riposo compensativo di uno o due giorni (a seconda che la settimana lavorativa sia di 6 o 5 giorni), a carico del datore di lavoro. Se i riposi non vengono fruiti, vengono retribuiti.

Per il Comune di Ancona, l’avviso e la modulistica sono reperibili sul sito.

Fundraiser

Fundraiser: alla scoperta di questa “nuova” professione

Quante volte abbiamo letto o sentito parlare di fundraiser o più in generale di fundraising (attività di raccolta fondi)? Cerchiamo di fare chiarezza e comprendere di cosa si occupano i professionisti di questo settore. Con la definizione di fundraiser indichiamo la figura esperta nella raccolta di fondi e finanziamenti per una determinata finalità, solitamente per lo sviluppo di progetti, iniziative legate alle Organizzazioni Profit e Non Profit.
Il settore del fundraising negli ultimi anni ha conosciuto un notevole sviluppo, presumibilmente dovuto alla difficoltà generale che numerose aziende e organizzazioni hanno riscontrato nel reperire delle risorse per nascere e svilupparsi. Fatta questa piccola premessa, iniziamo ad osservare più da vicino l’origine del crescente interesse per la figura del fundraiser.

L’Associazione Italiana Fundraiser ASSIF definisce, nell’articolo 1 del proprio Regolamento, la figura del fundraiser come colui che opera in modo professionale ed etico, remunerato o a titolo gratuito, nella definizione e realizzazione delle strategie di comunicazione sociale, marketing sociale e raccolta fondi per organizzazioni del non profit. Il ruolo di fundraiser è un ruolo cruciale: grazie al suo operato garantisce la sostenibilità finanziaria ed economica dei progetti stessi, rendendoli in definitiva realizzabili. Esistono 4 tipologie di fundraiser descritte all’interno del sito dell’Associazione:

  • Fundraiser professionista: è il manager della raccolta fondi; si occupa della pianificazione strategica e coordina l’intera attività di raccolta fondi;
  • Professionista del fundraising: si occupa della pianificazione (talvolta anche della realizzazione concreta) di aspetti tecnici del fundraising, come il direct marketing, il database dei donatori, ecc.;
  • Operatore del fundraising: si occupa solo della realizzazione concreta della raccolta fondi, all’interno di uno o più settori specifici del fundraising;
  • Consulente di fundraising: come il fundraiser professionista accompagna, anche se dall’esterno, l’organizzazione nella pianificazione strategica dell’attività di fundraising, di alcuni particolari ambiti (corporate, lasciti testamentari ecc.) o di specifici progetti; solitamente non si occupa di operatività.

ASSIF ha redatto un proprio codice etico di riferimento, in cui sono esplicitati chiaramente i rapporti fra i soci ASSIF, i rapporti con le organizzazioni non profit e gli atri beneficiari, le modalità di utilizzo delle risorse remunerazioni, i rapporti con i donatori ecc.

Il fundraiser si occupa di analizzare la “mission” dell’organizzazione per cui lavora, cioè l’obiettivo/progetto di tale ente, è in grado di analizzare e classificare i donatori e le modalità di raccolta fondi e naturalmente è impegnato in un monitoraggio costantemente per verificare il raggiungimento degli obiettivi ed eventualmente l’individuazione delle azioni correttive.

Per chi avesse intenzione di intraprendere questa carriera, quale formazione è suggerita? In generale possiamo affermare che il percorso formativo del fundraiser si colloca tra la sfera economica, giuridica e della comunicazione, nello specifico corsi di laurea in campo delle pubbliche relazioni e scienze della comunicazione, economia aziendale e il marketing. Negli ultimi anni con lo sviluppo di un mercato sempre più competitivo, si consiglia di intraprendere anche un percorso post laurea in fundraising, soprattutto in digital fundraising (ricordate che il web per quest’attività è fondamentale!). L’elenco dei percorsi universitari e master sono in continua crescita non resta che iniziare la ricerca. Per chi invece avesse il semplice interesse nell’approfondire la tematica, esiste una vasta scelta di libri che la trattano come ad esempio “Professione Fundraiser” di Elena Zanella tanto per citarne uno. Oltre ciò esistono dei veri e propri “Festival del Fundraising” nazionali ed internazionali ai quali partecipare.

Un buon fundraiser è in possesso di una personale attitudine estroversa,  è costantemente proiettato verso tipologie di attività che prevedono uno stretto contatto con il pubblico e sicuramente è particolarmente sensibile e interessato al mondo delle organizzazioni non profit a creare investimento sociale partenariati su buone cause e progetti di alto impatto sociale.