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Perché i ricordi sono utili

Come tutti saprete domani è la giornata della memoria, il giorno nel quale si ricordano le vittime dell’olocausto. Ricordare una cosa del genere ha, secondo me, due importanti significati. Il primo è sicuramente quello di mantenere memoria di un avvenimento, un passaggio storico in questo caso, di cui si condivide universalmente la brutalità e la profonda ferita che ha lasciato nell’umanità. L’altro significato importante è che il ricordo serve, in questi casi, a fissare un punto fermo, a stabilire una verità; non in senso scientifico, ma in senso sociale, politico, umano direi.

In questi casi bisogna fare attenzione anche alle parole che si usano. Quando parlo di una ferita “nell’umanità” non intendo dire la stessa cosa di una ferita “per l’umanità”. L’umanità del primo caso (nell’umanità) è una sensibilità, una spiritualità direi che è singola e condivisibile allo stesso tempo: non vuol dire che tutti la condividono (e infatti, purtroppo, vediamo che non è così), ma che ferisce qualcosa di più delle persone, la loro anima, il loro profondo senso di sentirsi parte di una stessa comunità, dello stesso genere umano. Si tratta di un sentimento profondo e forte al tempo stesso del quale, si auspica, nessuno dovrebbe poter fare a meno. Un sentimento di giustizia. Per questo è frutto di un processo, anche di sofferenza, attraverso il quale poi si arriva a condividere l’efferatezza dell’episodio. L’olocausto, come ahimè altre tragedie umane, dovrebbe sconvolgerci intimamente ogni volta che lo ricordiamo.

L’altra parola sulla quale ritengo importante fare una precisazione è la parola “verità“. Ecco, in tempi in cui il metodo scientifico e tecnico (che non voglio criticare) la fa da padrone, siamo abituati a pensare che sia vero solo ciò che è dimostrabile. In realtà ci sono anche verità che possiamo assumere come tali. Chi crede in una religione questa cosa la sa bene e sa anche quanto queste verità siano difficili da mantenere perché richiedono un continuo sforzo di fiducia (che diventa fede nelle religioni). Non è una fiducia in qualcun altro, ma una fiducia nei valori e nei principi che ci hanno fatto raggiungere quelle verità che assumiamo. Personalmente ho una fiducia immensa nel valore dell’uguaglianza, dell’unità dei popoli e della pace da non temere che la verità sull’olocausto come genocidio e atto criminale possa possa vacillare anche solo un momento.

Ecco, ricordare significa avere a cuore la verità e la giustizia. A questo punto sarà venuto in mente anche a voi che queste due parole, riconducibili alla giornata della memoria, sono le stesse utilizzate anche per ricordare un altro fatto che, forse, muove quelle stesse corde dell’animo umano. Proprio ieri in centinaia di piazze italiane si è ricordato Giulio Regeni con quello stesso spirito, secondo me, che dovrebbe animare i nostri ricordi più forti. Quelli che ci aiutano a migliorare come persone e come umanità.

Perché ce ne ricordiamo il 27?

Il 27 gennaio di ogni anno è dedicato alla memoria delle vittime dell’olocausto. La domanda è: perché ce ne ricordiamo il 27?

Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche della 60ª Armata del “1º Fronte ucraino” del maresciallo Ivan Konev arrivarono per prime presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento di Auschwitz e liberandone i superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazifascista.
L’apertura dei cancelli di Auschwitz mostrò al mondo intero non solo molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati in quel lager nazista.
La data del 27 gennaio in ricordo della Shoah, lo sterminio del popolo ebraico e non solo è indicata quale data ufficiale agli stati membri dell’ONU, in seguito ad una risoluzione del 2005.

E fin qui la risposta con la motivazione storica. A bene vedere la domanda però pone un altro interrogativo che possiamo capire meglio se la poniamo in maniera diversa: perché ce ne ricordiamo solo il 27?  La risposta in questo caso non è facile trovarla con Google.

La Giornata della Memoria non è la commemorazione di milioni di persone uccise crudelmente e senza nessuna pietà ormai quasi 80 anni fa. Serve a ricordare che ogni giorno esistono tante piccole discriminazioni verso chi ci sembra diverso da noi: la Giornata della Memoria ci ricorda che verso queste discriminazioni non alziamo abbastanza la voce e che spesso, per comodità e opportunismo, ci nascondiamo. Per pigrizia e comodità sopportiamo comportamenti verso i quali dovremmo (nel senso che ne avremmo anche tutti i diritti) ribellarci, protestare, indciare il colpevole.
L’aspetto più terribile per certi versi di queto tipo di comportamento è che con il tempo diventa abitudine, una pessima abitudine che si trasforma in consuetudine e quindi accettazione. E se l’accettazione diventa della maggioranza che cosa accade?

Accade che se c’è un’ingiustizia chi la subisce vede mano a mano cadere le difese, svanire la solidarietà fino ad avvertire il pericolo. A pensarci bene questo processo si sviluppa nello stesso modo per cose terribili com la Shoa e per cose meno drammatiche ma altrettanto gravi come la tolleranza per chi occupa con l’auto lo spazio dei disabili o non rispetta la fila.

Beninteso, non sono dell’idea che le situazioni sono tutte uguali. Sono anche convinto che la nostra civiltà ha raggiunto un livello di immunità per certi virus molto violenti come il nazismo. Ma, come per l’influenza, la cura migliore è la prevenzione. Sia perché anche un piccolo virus può diventare una malattia mortale, sia perché è meglio vivere in salute che in condizioni precarie.

Per evitare che una tragedia come quella dell’Olocausto si ripeta occorre ricordare e soprattutto capire: questa è la prevenzione che possiamo fare. Ascoltare la viva voce dei testimoni e di chi è stato direttamente coinvolto negli avvenimenti è una bella vitamina. Liliana Segre era una bambina quando è stata deportata e il suo ricordo è un bene di inestimabile valore per la nostra salute e per la nostra memoria.