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Giugno: il tempo degli esami

L’agognato mese di giugno che rappresenta per molti la fine della scuola è, però, anche il mese degli esami per gli studenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado.

Iniziano, infatti, questa settimana gli esami di terza media e la prossima quelli di maturità (21/06/2017 la data di inizio).

Le scuole secondarie di primo grado hanno calendari autonomi ma nella maggior parte degli istituti la partenza ufficiale è scattata ieri con lo scritto di italiano.

L’esame consiste in 3 o 4 prove scritte (in base al numero di lingue straniere studiate) fissate in date differenti dalle varie scuole e nella famigerata e tanto temuta PROVA INVALSI che è fissata a livello nazionale per giovedì 15 giugno.

Gli scritti sono elaborati dalle commissioni mentre la Prova Invalsi che verterà su due discipline (italiano e matematica) sarà uguale su tutto il territorio nazionale.

La prova Invalsi è una prova scritta che ha lo scopo di valutare il livello di apprendimento degli studenti al terzo anno della scuola secondaria di primo grado. I contenuti dei test sono realizzati dall’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione (INVALSI).

Il tempo concesso per lo svolgimento di questa prova è di 75 minuti per ciascuna materia; le materie sono italiano e matematica.

Diversi i tempi concessi per lo svolgimento delle altre prove scritte: 4 ore per italiano, 3 ore per ciascuna della altre.

La prova di italiano prevede la scelta tra cinque tracce: lettera ad un amico, relazione di un libro, pagina di diario, tema di attualità, relazione su una gita.

La prova di matematica è una sorta di compito che raccoglie argomenti studiati durante l’ultimo anno di scuola media. Questo test ha lo scopo di valutare le conoscenze acquisite e la capacità di risoluzione di problemi.

La prova di lingua straniera prevede la scelta tra: lettera ad un amico e comprensione del testo.

La prova orale, infine, è un’interrogazione sulle materie studiate durante l’anno scolastico e può durare tra i 15 e i 30 minuti.

L’orale è composto di due momenti: la presentazione della tesina o mappa concettuale preparata dallo studente (circa 5 – 10 minuti) e le domande dei professori che compongono la commissione.

Quest’anno gli Esami di terza si svolgono per l’ultima volta con le modalità attuali. Dal prossimo anno scolastico, infatti, entrerà in vigore quanto previsto dai decreti attuativi della Buona Scuola.

L’esame si baserà, quindi, su tre scritti e un colloquio orale: una prova di italiano, una di matematica, una sulle lingue straniere, un colloquio per accertare le competenze trasversali, comprese quelle di cittadinanza.

La prova Invalsi, invece, si svolgerà nel corso dell’anno scolastico e non più durante l’Esame.

L’esame di terza media è sicuramente un momento importante per la carriera scolastica degli studenti: passo conclusivo della scuola secondaria di primo grado, al termine di esso i ragazzi saranno proiettati in un nuovo mondo, quello della scuola superiore.

Non ci resta che augurare un caloroso in bocca al lupo ai ragazzi che stanno sostenendo l’esame e ovviamente buone vacanze!

Perché è importante scrivere bene (in italiano)

Scrivere bene in italiano è una competenza che spesso viene considerata scontata ma che nel tempo trova sempre meno adepti.

La conoscenza della lingua del proprio paese è, in teoria, un requisito fondamentale (l’italiano questo sconosciuto). Non solo per le attività professionali, ma anche per la vita di tutti i giorni. Allo stesso tempo però è altrettanto vero che alcune competenze linguistiche di base si indeboliscono: lo si può notare nella lingua parlata di tutti i giorni, negli articoli di giornale e, soprattutto oggi, nel brulicare di testi che ci sono su internet (compresi i post nei più diversi social network).

Di per sé questo, pur essendo un peccato per certi versi, non è un male in assoluto: le lingue sono vive, cambiamenti e trasformazioni fanno parte integrante del loro sviluppo (nel 2016 non utilizziamo le stese parole ed espressioni che venivano utilizzate nell’ottocento. Ciò che invece è decisamente più allarmante è l’aumento di errori grammaticali, anche per questioni linguistiche molto semplici: la “A” del verbo avere senza “H” che è decisamente grave. Ma ci sono anche altri errori oggi molto comuni : “po’” scritto con l’accento invece che la forma corretta “po’” con l’apostrofo; “qual’è” scritto con l’apostrofo mentre deve essere scritto senza; “davanti la casa” invece del corretto “davanti alla casa”; “fuori la porta” invece del corretto “fuori dalla porta”; le frasi introdotte da “malgrado che”, “a condizione che” prive di congiuntivo; le forme “sò” e “sà” del verbo “sapere” scritte con l’accento, mentre devono essere scritte senza; infine l’immancabile “piuttosto che” utilizzato come alternativa tra più opzioni invece di contrapposizione tra due soltanto (in altre parole è un sinonimo di “anziché” e non di “oppure”). La domanda di chi legge a questo punto potrebbe essere: a chi interessa tutto ciò?

La risposta a questa obiezione la lasciamo a due autori, Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, autore di un libro proprio sugli errori grammaticali (Senza neanche un errore, Sperling & Kupfer editore, 2016): “Oggi è più che mai importante esprimersi in un italiano corretto. Al tempo del web qualcuno pensa che ogni trasgressione linguistica sia lecita, in nome della libertà individuale a mettere in rete le proprie opinioni e i propri sfoghi. Ma nelle situazioni diverse dagli incontri nei social network si viene ancora giudicati in base alla lingua che si usa. L’italiano è il primo biglietto da visita di una persona: nelle interviste, nei colloqui di lavoro, nei contatti con chi non conosciamo, appena apriamo bocca o scriviamo una lettera o un curriculum, diamo di noi la rappresentazione più reale. Lo strafalcione, la costruzione sintattica zoppicante, la parola usata a sproposito rivelano immediatamente la mancanza di cultura, l’approssimazione, e perfino il poco rispetto nei confronti dell’interlocutore. Che cosa vuol dire, oggi, esprimersi in buon italiano? Significa, a nostro avviso, saper fare quattro cose: nel parlato, adattare il tono della lingua alla situazione; nello scritto, non trascurare gli aspetti formali; in entrambi, dominare le regole essenziali della grammatica e combinare le parole e le frasi in modo corretto“.

Più in generale dovremmo rifuggire dall’idea che se una espressione scorretta va bene per noi, possa andare bene anche per il pubblico che ci ascolta. Cosa può accadere con un errore grammaticale in una lettera di presentazione allegata ad un cv oppure dentro il cv stesso? Probabilmente ci preclude la possibilità di avere un’opportunità di lavoro. Direte voi: sì, vabbè, la sostanza però non cambia. E invece cambia eccome. Se sbagliate a scrivere in italiano (per ignoranza, sbadataggine, poca cura), che cosa potreste combinare con altre competenze che richiedono, si presume, un’abilità anche maggiore?

assistente lingua italiana estero assistentato

Assistenti di lingua italiana all’estero

 

E’ un’opportunità unica per laureati in materie umanistiche interessati alla diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero!

Il bando per proporsi come assistenti di lingua italiana per l’anno scolastico 2017/2018 è indetto dal MIUR ed è aperto fino al 4 marzo.

Il periodo di permanenza nel paese che accoglie gli assistenti (può essere espressa una preferenza tra quelli indicati, ma non è detto che si ottenga un posto proprio là) è di circa 8 mesi, con una retribuzione variabile a seconda del paese, e si può essere chiamati a prestare la propria opera presso scuole e istituti di vario grado.

La domanda si presenta esclusivamente online al sito http://www.trampi.istruzione.it/asl/

In bocca al lupo!

#dilloinitaliano

dilloinitalianoQuesta settimana vi lasciamo con un appello e l’invito a sostenere una causa. Non lo abbiamo mai fatto prima ma ci piace cominciare con questa iniziativa. Qualche giorno fa sul blog di Annamaria Testa (che è spesso una nostra fonte preziosa di suggerimenti ed idee) è comparso un appello per la salvaguardia della nostra lingua.

Il punto è che la stiamo trattando male e, come si sa (o dovrebbe sapere), la lingua è come una pianta: se la tratti male piano piano si indebolisce e rischia anche di morire. Il “veleno” per la lingua italiana potrebbe essere l’utilizzo smoderato, inconsulto e inappropriato (o, meglio, sovrabbondante ed esagerato) di termini stranieri, dell’inglese in particolare. Come dice Annamaria Testa “Molti (spesso oscuri) termini inglesi che oggi inutilmente ricorrono nei discorsi della politica e nei messaggi dell’amministrazione pubblica, negli articoli e nei servizi giornalistici, nella comunicazione delle imprese, hanno efficaci corrispondenti italiani. Perché non scegliere quelli? Perché, per esempio, dire “form” quando si può dire modulo, “jobs act” quando si può dire legge sul lavoro, “market share” quando si può dire quota di mercato? Perché dire “fashion” invece di moda, e “show” invece di spettacolo?“.

Il motivo per cui non lo si fa crediamo sia abbastanza banale e quasi stupido: spesso attribuiamo a queste parole straniere una efficacia e una bellezza (“fa figo”) che invece non hanno, o non hanno nella maniera e nella misura in cui noi crediamo. Lo facciamo per due motivi: il primo è che non conosciamo la lingua inglese ed il secondo che non consociamo la lingua italiana a sufficienza. “Molte parole straniere, da computer a tram, da moquette a festival, da kitsch a strudel, non hanno corrispondenti altrettanto semplici, efficaci e diffusi. Privarci di queste parole per un malinteso desiderio di “purezza della lingua” non avrebbe molto senso. 
Ha invece senso che ci sforziamo di non sprecare il patrimonio di cultura, di storia, di bellezza, di idee e di parole che, nella nostra lingua, c’è già. Ovviamente, ciascuno è libero di usare tutte le parole di qualsiasi lingua come meglio crede, con l’unico limite del rispetto e della decenza. Tuttavia, e non per obbligo ma per consapevolezza, parlando italiano potremmo tutti cominciare a interrogarci sulle parole che usiamo“.

Riprendiamo e facciamo nostro quindi l’appello ad un utilizzo più consapevole e corretto della lingua soprattutto da chi la utilizza pubblicamente (noi compresi). La petizione chiede all’Accademia della Crusca di farsi portavoce di questa istanza, che può aver peso e buon esito solo grazie all’appoggio di tutti noi.
Perché è importante che firmiate? Perché la lingua italiana è un bene comune: ci appartiene, ha un valore grande ed è nostro compito averne cura.
Se siete d’accordo potete firmare su Change.org: vi basta un minuto. E poi parlatene e fate girare il testo in rete. Fatelo subito! L’hashtag è #dilloinitaliano