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Parti come au pair

Parti come au pair è l’evento che l’Informagiovani di Ancona organizza il 14 ottobre in occasione della settimana europea di Time To Move, la campagna informativa Eurodesk dedicata ai giovani UNDER 30 per promuovere le opportunità europee di mobilità.

Parti come au pair è solo il primo degli eventi organizzati all’interno della settimana della mobilità! Dal 14 al 18 ottobre, infatti, all’Informagiovani di Ancona concentriamo gli eventi dedicati a chi guarda all’estero per lo sviluppo della propria formazione e di una futura professione.

Trascorrere un periodo all’estero è sicuramente la modalità migliore per imparare una lingua straniera ma anche per fare un’esperienza proficua dal punto di vista dell’arricchimento del proprio bagaglio di competenze – non solo professionali ma anche e forse soprattutto personali.

Conoscerete nuove realtà, nuove culture e ovviamente nuove persone. Ma come è facile pensare la novità spaventa: mi troverò bene? saprò adattarmi? riuscirò a capire e farmi capire?

Partire come au pair è allora un’ottima soluzione per fare un’esperienza all’estero, imparare o migliorare una lingua straniera, senza dover affrontare spese eccessive e con il vantaggio di avere una famiglia di appoggio, e quindi una sistemazione sicura ed economica.

Lavorare come au pair o alla pari significa, infatti, vivere presso una famiglia straniera aiutando nell’accudimento dei figli e in piccole faccende domestiche, in cambio di vitto e alloggio e di una piccola retribuzione, variabile da paese a paese.

Capirete quindi quanto sia importante scegliere con cura la famiglia ospitante informandovi bene prima sulle condizioni che regolano questo tipo di lavoro.

È bene quindi sapere che l’esperienza di au pair è regolamentata in ambito europeo, come esperienza di scambio culturale,dall’Accordo di Strasburgo, che definisce diritti e doveri sia dell’au pair sia della famiglia ospitante.

In base a questo accordo, “i diritti e i doveri della persona collocata alla pari, nonché i diritti e i doveri della famiglia ospitante, devono essere concordati per iscritto, preferibilmente prima che l’au pair abbia lasciato il Paese nel quale risiede o, al più tardi, durante la prima settimana del collocamento”.

La scelta della famiglia vi consigliamo quindi di farla tramite agenzie accreditate con sede in Italia; rivolgendovi ad un’agenzia i rischi di incappare in una famiglia “sbagliata” sono minori perché le famiglie ospitanti vengono selezionate e comunque l’agenzia garantisce un ricollocamento presso un’altra famiglia nel caso la prima risultasse inadeguata.

Per il buon fine del matching au pair/famiglia, è importante dare una descrizione di sé più completa possibile, descrivendo i propri gusti, le abitudini, che cosa ci piace e cosa ci interessa, perché l’abbinamento è determinato non solo dalla reciproca disponibilità del periodo e della durata dell’esperienza, ma anche dall’affinità di gusti e di interessi per una migliore riuscita dello scambio culturale.

La famiglia ospitante deve essere una famiglia (ma può essere anche una madre o un padre single) disposta ad ospitare un ragazzo straniero rendendolo parte della stessa, avere almeno un figlio minorenne e avere una stanza libera a disposizione dell’au pair.

Per diventare “au pair” occorre avere tra i 17 e 30 anni (anche se nella maggior parte dei paesi, l’età minima è fissata a 18 anni e la massima a 27), essere celibi o nubili e senza figli, avere una conoscenza almeno basilare della lingua del paese ospitante e ovviamente avere esperienza nell’accudimento dei bambini.

Il possesso della patente di guida e il fatto di essere non fumatori sono considerati requisiti preferenziali.

La durata del soggiorno varia da 6 a 12 mesi (eventualmente prorogabili per ulteriori 12 mesi) e dipende sia dalla disponibilità dell’au-pair e della famiglia sia dalle regole in merito del paese ospitante.

Anche gli orari di lavoro possono variare in base al paese ospitante. L’au pair può essere impegnata dalle 15 alle 30 ore a settimana (ma mai più di 40), e ha diritto ad almeno un giorno libero a settimana, serate libere e tempo per poter frequentare un corso di lingua. Tutto questo va concordato prima di partire in base alle esigenze sia dell’au pair che della famiglia.

Se state pensando di partire come au pair o siete anche solo semplicemente curiosi di saperne di più, partecipate al nostro evento “Parti come au pair” in programma per lunedì 14 ottobre 2019 alle ore 16 nei nostri locali.

Durante l’incontro avrete modo di scoprire tutti i dettagli e confrontarvi direttamente con le agenzie che abbiamo invitato.

La partecipazione è gratuita ma è necessario iscriversi questo link.

Vi aspettiamo numerosi!

Giugno: il tempo degli esami

L’agognato mese di giugno che rappresenta per molti la fine della scuola è, però, anche il mese degli esami per gli studenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado.

Iniziano, infatti, questa settimana gli esami di terza media e la prossima quelli di maturità (21/06/2017 la data di inizio).

Le scuole secondarie di primo grado hanno calendari autonomi ma nella maggior parte degli istituti la partenza ufficiale è scattata ieri con lo scritto di italiano.

L’esame consiste in 3 o 4 prove scritte (in base al numero di lingue straniere studiate) fissate in date differenti dalle varie scuole e nella famigerata e tanto temuta PROVA INVALSI che è fissata a livello nazionale per giovedì 15 giugno.

Gli scritti sono elaborati dalle commissioni mentre la Prova Invalsi che verterà su due discipline (italiano e matematica) sarà uguale su tutto il territorio nazionale.

La prova Invalsi è una prova scritta che ha lo scopo di valutare il livello di apprendimento degli studenti al terzo anno della scuola secondaria di primo grado. I contenuti dei test sono realizzati dall’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione (INVALSI).

Il tempo concesso per lo svolgimento di questa prova è di 75 minuti per ciascuna materia; le materie sono italiano e matematica.

Diversi i tempi concessi per lo svolgimento delle altre prove scritte: 4 ore per italiano, 3 ore per ciascuna della altre.

La prova di italiano prevede la scelta tra cinque tracce: lettera ad un amico, relazione di un libro, pagina di diario, tema di attualità, relazione su una gita.

La prova di matematica è una sorta di compito che raccoglie argomenti studiati durante l’ultimo anno di scuola media. Questo test ha lo scopo di valutare le conoscenze acquisite e la capacità di risoluzione di problemi.

La prova di lingua straniera prevede la scelta tra: lettera ad un amico e comprensione del testo.

La prova orale, infine, è un’interrogazione sulle materie studiate durante l’anno scolastico e può durare tra i 15 e i 30 minuti.

L’orale è composto di due momenti: la presentazione della tesina o mappa concettuale preparata dallo studente (circa 5 – 10 minuti) e le domande dei professori che compongono la commissione.

Quest’anno gli Esami di terza si svolgono per l’ultima volta con le modalità attuali. Dal prossimo anno scolastico, infatti, entrerà in vigore quanto previsto dai decreti attuativi della Buona Scuola.

L’esame si baserà, quindi, su tre scritti e un colloquio orale: una prova di italiano, una di matematica, una sulle lingue straniere, un colloquio per accertare le competenze trasversali, comprese quelle di cittadinanza.

La prova Invalsi, invece, si svolgerà nel corso dell’anno scolastico e non più durante l’Esame.

L’esame di terza media è sicuramente un momento importante per la carriera scolastica degli studenti: passo conclusivo della scuola secondaria di primo grado, al termine di esso i ragazzi saranno proiettati in un nuovo mondo, quello della scuola superiore.

Non ci resta che augurare un caloroso in bocca al lupo ai ragazzi che stanno sostenendo l’esame e ovviamente buone vacanze!

Lavorare all’estero come “au pair”

Lavorare come “au pair” o “alla pari” significa vivere presso una famiglia straniera, aiutando ad accudire i bambini e a sbrigare leggere faccende domestiche in cambio di vitto, alloggio e una piccola retribuzione, variabile da nazione a nazione.

L’au pair  costituisce una categoria specifica che non è né quella di studente né quella di lavoratore. Infatti i programmi alla pari sono considerati progetti di scambio culturale per l’apprendimento e/o il perfezionamento di una lingua straniera.

Sono allo stesso tempo anche un’opportunità di crescita personale.

La ricerca della famiglia viene fatta generalmente tramite un’agenzia con sede in Italia.

Chi, invece, ha una buona padronanza della lingua straniera può rivolgersi direttamente all’agenzia nel Paese di destinazione oppure tramite internet per i paesi in cui esistono siti ad hoc.

Rivolgendosi ad un’agenzia i rischi di incappare in una famiglia “sbagliata” sono minori perché le famiglie ospitanti vengono selezionate e comunque si ha la garanzia di essere ricollocati presso un’altra famiglia nel caso la prima risultasse inadeguata.

La durata del soggiorno varia da 6 a 12 mesi (eventualmente prorogabili per ulteriori 12 mesi) e dipende sia dalla disponibilitá dell’au-pair e della famiglia sia dalle regole in merito del paese ospitante.

Le famiglie richiedono, in genere, un soggiorno minimo di sei mesi, ma anche nove o dodici, con partenza all’inizio dell’anno scolastico o a gennaio.

Anche gli orari di lavoro possono variare in base al paese ospitante. L´Au pair dovrebbe lavorare un massimo di 30 ore a settimana (ad eccezione degli USA, dove l’au pair puó raggiungere un massimo di 45 ore settimanali).

Ogni Au pair ha diritto di norma a 1 – 2 giorni liberi a settimana (in alcuni paesi almeno un giorno libero deve essere la domenica) ed in alcuni casi avranno anche il diritto di avere libero almeno un week-end al mese.

Durante i loro giorni liberi e le loro vacanze, gli Au pair dovrebbero essere invitati dalla famiglia ospitante a partecipare alle loro attivitá. Inoltre durante il periodo di vacanza i ragazzi alla pari sono liberi di rimanere presso la propria famiglia ospitante continuando a ricevere la solita somma di denaro, cosí come vitto e alloggio.

Di norma gli au pair frequentano un corso di lingua nel paese ospitante per migliorare le proprie competenze in materia e conoscere nuove persone.

Per diventare “au pair” occorre avere tra i 17 e 30 anni (anche se nella maggior parte dei paesi, l’età minima è fissata a 18 anni e la massima a 27),  essere celibi o nubili e senza figli,  avere una conoscenza almeno basilare della lingua del paese ospitante e ovviamente avere esperienza nell’accudimento dei bambini.

Il possesso della patente di guida e il fatto di essere non fumatori sono considerati requisiti preferenziali.

La famiglia ospitante, infine, deve essere una famiglia (ma può essere anche una madre o un padre single) disposta ad ospitare un ragazzo straniero rendendolo parte della stessa, avere almeno un figlio minorenne e avere una stanza libera a disposizione dell’au pair. 

Lavorare all’estero: guida all’uso (get the job!)

Una delle richieste più frequenti che riceviamo al nostro Informagiovani è: avete suggerimenti, consigli, notizie utili per andare a lavorare all’estero?  A questa domanda è sempre difficile dare una risposta standard ed esauriente per tutti. In primo luogo perché dietro alla parola “estero” c’è un mondo. Ebbene sì, fuori dai confini nazionali i paesi sono tanti e con regole, culture e procedure diversi per entrare nel mondo del lavoro. Certamente all’interno dei confini europei la cosa è più facile e la mobilità dei lavoratori non solo è più fluida ma è anche incoraggiata.

In secondo luogo perché bisognerebbe sempre conoscere la “storia” e, soprattutto, gli obiettivi di chi vuole andare all’estero. Storia, perché la “fuga” non è la strada migliore per un progetto che prevede la permanenza per lavoro in un paese straniero; un buon bagaglio di competenze e conoscenze accompagnate da una conoscenza discreta di una lingua straniera (inglese in primis) dovrebbero essere alla base di qualsiasi spostamento oltre confine. Ma, tant’è, non sempre è così.

Per questo, per dare una risposta completa e concreta alla richiesta di spostarsi all’estero, abbiamo organizzato il workshop di giovedì pomeriggio prossimo. Get the job servirà a far conoscere strumenti e modalità per presentarsi in inglese senza gaffe ma con successo. Nelle due ore circa in cui staremo insieme scopriremo e proveremo a capire un modo differente di fare i colloqui di selezione, che cosa un datore di lavoro straniero vuole davvero sapere su di noi, cosa dire e cosa assolutamente evitare di dire in un colloquio, come apparire affascinante e interessanti durante un’intervista senza sembrare strani(eri). Tutto questo avverrà con l’aiuto e il supporto di International House, una scuola non solo di lingue ma anche di cultura e di promozione della lingua anglosassone.

Partecipare è facilissimo: prenotate il vostro biglietto, GRATUITO, a questo link e presentatevi giovedì 8 ottobre alle 17,30 all’Informagiovani. Il resto verrà da solo. Il workshop sarà in lingua ma non è necessaria una conoscenza approfondita anche perché con il supporto di Nicky, l’insegnante di madrelingua di International House, sarà tutto semplice.

Non perdetevi questo concentrato (gratuito!) di consigli pratici per la candidatura di lavoro in inglese!

Personal branding: in English please

cover_BuildyourbrandVenerdì prossimo, dalle 17 in poi torneremo a parlare di personal branding. E lo faremo in un modo divertente e coinvolgente grazie all’aiuto di The Victoria Company, scuola di lingua con la quale stiamo collaborando per dare a tutti voi la possibilità di sperimentare e di esercitare non soltanto la lingua inglese ma anche una serie di altre competenze ed abilità.

Innanzitutto: che cosa è il personal branding? Dunque a dir la verità ne abbiamo già parlato diverso tempo fa, in questo post. Ma forse è opportuno svelarne, per chi non li conoscesse, qualche altro particolare. Dei due termini inglesi il primo non ha bisogna nemmeno di traduzione (personal) mentre il secondo, anche se ormai conosciuto, significa “marchio” (nel senso di marca, distintivo di un prodotto). Come tutti i marchi anche quello “personal” ha le sue caratteristiche specifiche e serve ad identificare in maniera quasi univoca il proprietario. Parlare di personal branding significa proprio questo: si tratta della capacità ed abilità di creare attorno alla propria figura personale una riconoscibilità valida. Così come quando vediamo una bottiglietta con la banda rossa e la scritta bianca immaginiamo che contenga la Coca Cola, così dovremmo essere in grado di creare qualcosa che ci riguarda che sia subito riconoscibile e riconducibile alla nostra persona e alla nostra professionalità. Magari senza che sia necessario appiccicarci addosso alcuna etichetta adesiva.

Fino a poco tempo fa questa cosa la chiamavano reputazione ed in parte il personal branding è anche questo. Però il concetto che sta dietro è più ampio: mentre la reputazione è qualcosa che gli altri raccontano di noi, quando parliamo di brand dovremmo essere in grado anche di governare e gestire il nostro marchio: scegliere noi le qualità da mettere in evidenza, decidere chi sono i destinatari della nostra proposta professionale, avere la possibilità di promuoverci anche in contesti in cui non c’è nessuno che ci conosce e che può parlare (si spera bene) di noi e di quello che facciamo.

Come si costruisce un brand che ci identifica professionalmente? Innanzitutto lavorando sulla qualità e validità delle nostre competenze. L’idraulico con il miglior personal brand è quello che chiamiamo e consigliamo agli amici senza dover far ricerche nell’elenco o su Google. Ma è anche quello che quando cerchiamo su Google esce tra i primi risultati con ottime recensioni. Sì, perché il nostro brand lo possiamo e dobbiamo costruire su due versanti: sulla qualità della nostra competenza cercando di far riconoscere qualità e affidabilità a tutti coloro con i quali collaboriamo. Sulla nostra capacità di comunicare quello che sappiamo fare meglio.

E se tutto questo lo vogliamo fare per andare a lavorare all’estero? Nessun problema! Venerdì 13 marzo, dalle 17 alle 19 c’è “Build your brand” un workshop utile e divertente per imparare  a costruire il proprio marchio per un pubblico internazionale. La partecipazione è gratuita ma è necessario iscriversi per prenotare il proprio posto a questo link. Il workshop sarà in lingua inglese ed è per questo necessario averne una conoscenza anche basilare (non preoccupatevi, chi lo terrà riuscirà a farvi capire tutto!). Se siete convinti che l’Italia vi va stretta e avete voglia di proporvi anche all’estero, questo appuntamento fa per voi, anzi: è imperdibile!

Next week

write-out-of-the-boxLa prossima settimana ci sono due eventi diversi, ma ugualmente interessanti, a cui vorremmo invitarvi. Il primo riguarda la conoscenza delle lingue e come e quanto le conoscete. In collaborazione con la scuola di lingue IIK parleremo di certificazione IELTS e soprattutto di come prepararsi per sostenere l’esame. IELTS (International English Language Testing System) è un test appositamente progettato per chi vuole studiare o lavorare in un Paese di lingua inglese. È ufficialmente riconosciuto in Regno Unito, Australia, Canada, Irlanda, Sudafrica, Nuova Zelanda e Stati Uniti come verifica linguistica per l’ammissione ai corsi universitari o per l’immigrazione. In Italia è gestito dal British Council.

Durante il laboratorio, pensato come una sorta di overture su diversi aspetti della certificazione (da chi non sa che cosa sia a chi ha già messo in cantiere la certificazione), avrete la possibilità di conoscere tutti i particolari dell’esame ed anche affrontare un laboratorio pratico per rendervi maggiormente conto di che cosa si tratta. Perché lo facciamo? Innanzitutto perché come abbiamo più volte scritto (e detto praticamente a tutti quelli che entrano qui) secondo noi la conoscenza dell’inglese non è più un requisito aggiuntivo, è essenziale. Anche se non volete lasciare l’Italia, lo sarà sempre di più e non basterà dichiarare una conoscenza sperando che la verifica della stessa sia una cosa affrontabile. Presto i datori di lavoro o chi selezionerà personale richiederà che la vostra conoscenza delle lingue sia certificata: meglio cominciare a prepararsi a questo passo e questa è un’occasione per farlo. Quindi, prenotate fin da adesso il vostro ticket gratuito per martedì 3 marzo alle 17.30 (i posti sono limitati!)

La seconda opportunità che vi offriamo è quella di dedicare un po’ del vostro tempo non ad una abilità tecnica specifica, ma di mettere alla prova e stimolare la vostra capacità di pensare in maniera creativa. Crazylab, il workshop con aperitivo che abbiamo organizzato per il prossimo giovedì 5 marzo dalle 17.30, ha lo scopo di mostrare a tutti, in modo semplice e immediato, alcune tecniche per sviluppare un sistema per pensare fuori dagli schemi. Pensare fuori dagli schemi vuol dire avere la capacità di affrontare ogni evento della vita con “leggerezza” ossia risolvere, magari in modo non convenzionale, ogni problema o situazione per noi nuova o inusuale da affrontare. Attivare un modo di pensare non convenzionale è facile: basta usare parti del cervello che normalmente non si usano per abitudine o per insegnamenti ricevuti da bambini. In un mondo “liquido”, dove le mutazioni sono continue, pensare in modo non convenzionale ci dà la giusta flessibilità per vivere una vita dinamica a ogni età. Il workshop con aperitivo è organizzato in collaborazione con Anna Masturzo e Alessandro Deiana, consulenti e trainer che lavorano da alcuni anni sulle risorse umane nel campo dell’innovazione aziendale
Il loro intento è condividere con tutti alcune semplici tecniche del pensiero creativo, sistemi che possono essere applicati in qualunque situazione, banale o difficile, del lavoro e della vita quotidiana. Anche qui per partecipare basta prenotare il posto a questo indirizzo (sarà richiesto un contributo di 7 euro per l’aperitivo).

Darsi delle occasioni per approfondire, acquisire competenze o semplicemente conoscere cose e persone nuove è forse uno dei regali più grandi che possiamo farci. Vi aspettiamo next week 😉