Ikigai: un modo di immaginare il futuro (anche professionale)

Una delle ultime novità del nostro servizio è un piccolo laboratorio che proponiamo nelle scuole superiori a tema “Ikigai” (ed è stato anche al centro di un appuntamento del nostro book club). Che cos’è l’Ikigai? La risposta potrebbe essere molto complessa ma proverò a semplificarla (e quindi a ridurla senza la pretesa di esaurire il tema in poche righe).

E visto che l’intento è semplificare, estremizziamo con una definizione imprecisa ma che serve a limitare il tema: “ikigai” è un concetto  filosofico giapponese che possiamo tradurre in italiano come “ragione di vita” o “ragione di essere”. Pur rimanendo lontani dall’idea originaria, possiamo dire che l’ambito è quello della motivazione ma anche della felicità che guidano le nostre scelte di vita (e per quello che riguarda più da vicino i nostri temi, le scelte professionali e di lavoro).

Questo concetto, ridotto e semplificato, può essere utilizzato anche in ambito di orientamento professionale (il nostro! 😊), suggerendo una modalità di “ricerca della propria strada” che ha come fulcro l’equilibrio personale? E su come trovare un proprio equilibrio è prprio l’Ikigai ad aiutarci.

Sempre nell’ambito della semplificazione, l’Ikigai è l’incontro tra quattro dimensioni (cerchi, come rappresentato anche nella figura in questo post) del nostro animo: il primo cerchio è rappresentato da “ciò che amiamo fare“, tutte quelle attività che ci piace realizzare con uno slancio affettivo potremmo dire incondizionato; il secondo cerchio è rappresentato dalle attività di cui “il mondo ha bisogno“, intendendo con questo dire ciò che ha un’utilità verso gli altri (in senso universale come potrebbe essere per certi lavori di cura, o all’interno di una specifica organizzazione), il terzo cerchio è quello fatto delel attività che portiamo a termine perchè “qualcuno ci paga“, i nostri “doveri” e obblighi verso gli altri (principlamente in ambito lavorativo, fuori dal quale potremmo intenderli anche come impegni che ci siamo presi); il quarto ed ultimo cerchio è quello delle “cose che sappiamo fare bene“, per un talento naturale o perchè ci siamo esercitati e impegnati per ottenere un risultato ottimale. “Ciò che amiamo” e ciò di cui “il mondo ha bisogno” danno vita alla “missione” (nel senso di attività strettamente collegate al nostro desiderio di stare bene ed aiutare gli altri). “Ciò che amiamo” e “ciò che sappiamo fare bene” formano la passione, l’anima delle attività legate strettamente a ciò che ci fa sentire bene. Laddove troviamo la “professione” ci sono “ciò che sappiamo fare bene” unitamente “ciò per cui ci pagano”; infine la “vocazione” è l’intersezione tra le “cose per cui ci pagano” e quelle “di cui il mondo ha bisogno”.

Al centro di tutto questo troviamo l’Ikigai, che, come immaginiamo a questo punto, rappresenta un po’ la sintesi di tutti questi nostri intenti e volontà. Ci sono due notazioni da fare a questo punto (dopo la figura).

La prima riguarda il fatto che anche se l’Ikigai in questa sorta di interpretazione è uno schema ben strutturata e definito, nel suo sviluppo o nella sua applicazione dobbiamo immaginarlo più come una sorta di ricerca continua dell’equilibrio. Trovare il proprio Ikigai non vuol dire essere fermi in una situazione in cui tutte le componenti illustrate ne fanno parte in egual misura: possono esserci fasi della vita in cui siamo più spostati sulle cose che amiamo (e magari meno su quelle per cui ci pagano) e viceversa. L’idea è che, per trovare il nostro benessere (ed essere forse felici) possiamo utilizzare questo schema come una bussola orientativa per ritrovare l’equilibrio tra le varie componenti.

La seconda, forse ancor più importante. È che questa è una delle possibili interpretazioni dell’ikigai e forse nemmeno la più corretta. Come fa notare Valeria Candiani nel suo blog, quello dell’ikigai è un tema più complesso e sul quale sarebbe bello 8e giusto) approfondire con minore semplificazione. Ecco allora per noi, e magari anche per chi dovesse appassionarsi al tema dopo averlo scoperto con questo post, la sfida è quella di approfondire e migliorare la conoscenza dell’ikigai. A me sembra un bell’obbiettivo per il prossimo futuro, no?

Le buone notizie negli annunci

Per proporre ogni settimana una selezione di annunci che possano essere utili a chi sta cercando (o cercando di cambiare) lavoro usiamo diverse fonti (peraltre indicate a margine delle offerte).

Tra queste c’è anche un social network appositamente dedicato al mondo del lavoro (almeno nelle intenzioni): si tratta, come avrete capito, di Linkedin.

Ormai da tempo anche in Italia Linkedin è una piattaforma utilizzata dalle aziende per svolgere tutta o una parte delle selezioni del personale. Anche le agenzie specializzate lo utilizzano anche perché può essere uno strumento potente per conoscere i candidati (e, per loro, farsi conoscere dalle aziende).

Qualche giorno fa, su segnalazione di una newsletter (che peraltro vi consigliamo, si chiama “Sarò brevi” di Flavia Brevi e la potete trovare qui), su Linkedin è apparso un annuncio di ricerca personale che, per come siamo abituati, è sembrato a molti bizzarro.

L’azienda, oltre a specificare quali fossero le mansioni, i compiti e le competenze richieste, ha inserito anche un paragrafo dedicato alle cose che non cercava e che, anzi, chi si fosse candidat* avrebbe dovuto eliminare dal cv:

  • la foto
  • la data di nascita
  • lo stato coniugale
  • tutti quegli aspetti identitari che non hanno a che fare con la posizione, come la religione o l’orientamento sessuale.

L’annuncio (che al momento in cui scrivo è ancora presente anche se non accetta più candidature,  ma non è detto che lo sia al momento della lettura) era di una realtà italiana, Serenis, che si occupa di offrire servizi di consulenza psicoterapica attraverso una piattaforma on line. Mi son detto: bisogna farlo sapere, perché ci sono buone notizie anche da noi!

Dal mio punto di vista, a parte l’esemplare attenzione che questa azienda ha avuto su temi del genere, è importante che ci siano episodi simili perché “insegnano” e segnano un piccolo passo avanti. I contenuti che vanno tolti dal cv sono quelli che non dovrebbero influenzare la valutazione di chi sceglie un candidato o una candidata, valutando così, com maggiore serenità (e direi anche con più precisione e rispetto) le competenze e le caratteristiche di chi andrà a fare quel lavoro.

Ed è una buona notizia anche per chi, come me, crede che dovremmo, nel nostro contesto lavorativo, fare qualche passo in avanti in questa direzione: non solo per avere diritti più equi ma anche, sono convinto, per guadagnare competitività nell’economia delle imprese italiane. 

 



Recruiting day con Seléct per gelaterie in Germania

Bella occasione per chi vuole lavorare in Germania 🙂

Giovedì 16 febbraio, alle ore 15.30, abbiamo in programma un recruiting day in collaborazione con l’agenzia Seléct – Recruitment and Training di Belluno.

Un referente dell’agenzia sarà con noi per una breve presentazione delle opportunità di lavoro stagionale in Germania nel settore delle gelaterie, per le quali ricerca lavoratori stagionali da marzo a ottobre di ogni anno. Viene proposto un contratto stagionale con vitto e alloggio offerto dai datori di lavoro.

L’incontro è aperto a tutti e si terrà giovedì 16 febbraio alle ore 15,30 presso l’Informagiovani di Ancona, in piazza Roma (underground).

La partecipazione è gratuita e non impegnativa, questo il link per l’iscrizione: https://bit.ly/3RrvRsQ

Per maggiori informazioni potete contattarci ai nostri recapiti. Non perdetevi l’occasione!

Come la cucina pò aiutarci in qualsiasi altro lavoro

Inizio questo articolo con una nota di orgoglio. Sono davvero soddisfatto di aver organizzato durante questo anno una serie di iniziative che hanno unito due aspetti della mia vita a cui sono molto affezionato: il lavoro (inteso come mondo del lavoro) e la cucina (una passione che ho coltivato tra corsi di formazione e fornelli di casa). Il percorso Be Smart declinato nella versione “food” ci ha permesso di realizzare prima un evento dedicato alla scoperta delle soft skill di questo mondo e poi un percorso di formazione dedicato alle stesse: è stato, per certi versi, anche un modo per esplorare un modo diverso di fare orientamento professionale.

Il tema, però, non è la mia soddisfazione. Ho notato che ci sono delle simmetrie tra il mondo della cucina e quello del lavoro che riguardano l’universo delle competenze trasversali (soft skill) e un’idea più articolata di che cosa significhi orientarsi e districarsi nel mondo del lavoro: secondo il mio punto di vista, ha molto a che fare con lo sviluppo dell’autonomia, intesa come la capacità e l’atteggiamento mentale di trovare risorse proprie per affrontare problemi e situazioni nuove o, più semplicemente, tracciare un proprio percorso.

Il primo aspetto, che reputo fondamentale, è il fatto che la cucina ti obbliga a mettere insieme mani e cervello (e cuore): è un lavoro fisico, prevalentemente, ma più lontano di altri da meri automatismi e routine (certo, il lavoro in questo settore non è sempre il trionfo della creatività ma è altrettanto vero che sono più frequenti che altrove imprevisti e trucchi per fare i “soliti” lavori in modo diverso). La passione è fondamentale per superare ostacoli, fatiche e delusioni. Credo che sia superfluo, poi, argomentare su come, da certi livelli di specializzazione in poi, la parte intellettiva sia fondamentale per creare non solo piatti gourmet ma anche strategie vincenti.

Un secondo aspetto riguarda più da vicino le hard e le soft skill: la cucina ti insegna a organizzarti, a pianificare, a risolvere problemi e a usare la creatività. La razionalità è necessaria per fare scelte competenti e sagge che riguardano motivi etici (oggi) ed economici (da sempre! Ogni scarto in cucina sono soldi buttati via, meglio limitarli). L’empatia è utile non solo per indovinare il gusto del pubblico, ma anche perché chi cucina entra in maniera quasi intima in contatto con chi mangia e consuma ciò che viene cucinato: il rapporto di fiducia (seppur tutelata con norme e regolamenti del settore) che si instaura è più alto (e a volte inconsapevole) che in altri contesti. Se poi allarghiamo un pochino l’orizzonte ad altri ambienti, rimandando nel food, ci sono altrettante competenze trasversali che si sviluppano in chi sperimenta lavori come il cameriere e il barista ma anche l’accoglienza e e l’assistenza ai clienti nelle strutture ricettive (il background e l’esperienza di uno scrittore e filosofo com Sandro Bonvissuto non sono casuali)

Se togliamo “la cucina” da queste argomentazioni rimangono contenuti che possiamo utilizzare in tanti altri settori e contesti senza che perdano efficacia e importanza. Si tratta di un universo che contribuisce molto a sviluppare ed arricchire quelle che sono definite “charachter skill” in un testo edito da Il Mulino dal titolo “Viaggio nelle character skill. Persone, relazioni, valori” (G. Chiosso, A.M. Poggi, G. Vittadini). Come si legge nella prefazione, le character skill sono disposizioni della personalità, quali l’apertura mentale, la capacità di collaborare, la sicurezza. In un’epoca in cui le trame del personale e del professionale si intrecciano, la cucina è una palestra per scoprire ed esercitare le nostre competenze e le nostre abilità personali.

apprendistato e alternanza

Apprendistato e alternanza scuola-lavoro

Cosa sono e come funzionano queste due forme di inserimento lavorativo dei giovani? 

Ne parliamo perché spesso vengono confuse tra loro, o vengono chiamate “stage”, soprattutto in certa cronaca giornalistica. 

Vediamo che differenze ci sono tra apprendistato e alternanza, e per quale scopo sono stati creati.

Entrambe hanno una finalità formativa, ma presentano caratteristiche particolari e sono rivolte a giovani in una specifica condizione.

L’apprendistato è una vera e propria forma di contratto di lavoro, in genere a tempo indeterminato. In genere, perché nel caso in cui sia utilizzato per lo svolgimento di attività stagionali (turismo, agricoltura e attività connesse) il contratto può essere stipulato a tempo determinato. Il contratto di apprendistato prevede gli stessi diritti di qualsiasi lavoratore/trice dipendenti, cioè ferie, malattie, permessi.

E’ un contratto detto a causa mista, perché il lavoro si alterna con la formazione all’interno dell’orario: significa che parte delle ore previste dal contratto sono dedicate a frequentare dei corsi, all’interno dell’azienda o anche fuori. 

L’apprendistato può essere di tre tipi:

  1. apprendistato per il conseguimento della qualifica e il diploma professionale, per i giovani dai 15 ai 25 anni;
  2. apprendistato professionalizzante, per i giovani dai 18 e i 29 anni, finalizzato ad apprendere un mestiere o a conseguire una qualifica professionale;
  3. apprendistato di alta formazione e ricerca, per i giovani dai 18 e i 29 anni, per il  conseguimento di titoli di studio universitari e di alta formazione (dottorati di ricerca, diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori, attività di ricerca, praticantato per l’accesso alle professioni che lo prevedono).

Il contratto di apprendistato è pensato per favorire l’inserimento (e magari la permanenza) dei giovani nel mondo del lavoro attraverso l’acquisizione di un mestiere o di una professionalità specifica

Ha una durata che va da 6 mesi a 3 anni (a seconda del tipo e della professione, per gli artigiani può essere anche 5 anni). Al termine del periodo di apprendistato però, per il datore di lavoro è possibile interrompere il rapporto di lavoro, anche senza motivazione. E questa è una prima criticità, perché se è risultato che non ero brav* o adatt* a quel lavoro durante tutto il periodo l’apprendistato, è lecito chiedersi come mai vengo licenziat* solo quando arriva il momento in cui posso ricevere lo stipendio pieno in base alla mansione che svolgo.

La retribuzione dell’apprendista infatti corrisponde al 60% dello stipendio pieno per la mansione corrispondente, per arrivare al 100% al termine del periodo, e inoltre si riduce al 35% per le ore dedicate alla formazione.

Inoltre, dal 1° gennaio 2022, con il fine di ottenere una qualificazione o riqualificazione professionale, è possibile assumere in apprendistato professionalizzante, senza limiti di età, anche i lavoratori beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale oltre ai lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione.

L’apprendistato è certamente una buona idea, perché apre la possibilità di imparare un mestiere e contatto con chi lo pratica tutti i giorni, avvicinando i due mondi del lavoro e della scuola, che sembrano spesso guardarsi da lontano e non incontrarsi mai. Una criticità di questa forma di “politica attiva del lavoro” è che la dichiarazione della finalità principale (favorire la formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani) non combacia con l’interesse che risulta invece evidente, sia a livello locale che nazionale, di favorire le aziende (i vantaggi per le aziende sono uno dei pochi aspetti messi in chiaro su ogni pagina istituzionale che riguarda l’apprendistato). Cosa che, come idea, è anche positiva, ma probabilmente va affiancata ad altre iniziative, evitando di concentrare tutti gli sforzi e le risorse sul versante degli incentivi e degli sgravi fiscali.

Passiamo ora all’alternanza scuola-lavoro, che dal 2015 ha cambiato nome e ora si chiama PCTO – Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento.

L’alternanza scuola lavoro è un periodo di tempo (calcolato in ore, che possono essere distribuite su più settimane) che gli studenti delle classi terze, quarte e quinte delle scuole secondarie di secondo grado impiegano presso qualche azienda, ente o professionista del territorio. Non è retribuito, ma può essere una buona esperienza da inserire anche nel cv, se fatto bene.

La finalità è anche qui formativa, e si concentra sulle competenze trasversali, cioè le soft skill: ne parliamo spesso anche noi, con il nostro progetto Be Smart, perché sono importanti nel lavoro, ma anche nella vita. Si tratta non tanto di capacità specifiche e settoriali, ma di quelle abilità sociali, comunicative e organizzative che servono in tutti i contesti, e non sono legate ad un settore lavorativo specifico.

Il secondo obiettivo dell’alternanza è quello orientativo: attraverso l’esperienza diretta in un luogo di lavoro possiamo renderci conto di come funziona quel lavoro, di quali sono gli aspetti pratici che lo caratterizzano, se è un lavoro per cui devo saper trattare con le persone o per cui è necessaria una capacità di prendere velocemente decisioni, se è un lavoro che mi richiede capacità creative o è più routinario, se l’orario è sempre uguale o se è variabile, e altri aspetti simili. Possiamo anche renderci conto che quel lavoro o quel settore è molto diverso da quello che mi immaginavo, e rivolgermi ad altro per le mie scelte future.

Anche qui le finalità dell’alternanza sono buone e valide, ma l’efficacia del percorso è legata alla scelta del posto in cui svolgerla, e all’effettiva possibilità di conoscere qualcosa di nuovo e avere un tutor presente, che possa agevolare la comprensione delle dinamiche e delle attività nelle quali l* studente è coinvolt*.

Se vado a fare l’alternanza nell’ufficio di un genitore (per comodità, per praticità, perché la scuola non mi ha proposto niente di più interessante, perché non ho avuto voglia di provare a pensare a qualche alternativa) non servirà a granché. Probabilmente conosco già diversi aspetti di quel lavoro, perché se ne parla in casa, o sono parte della vita familiare quotidiana. Senza menzionare naturalmente tutte le accortezze e le tutele necessarie e che sarebbero scontate, ma che vengono in alcuni luoghi trascurate o sottovalutate, con esiti anche tragici.

Da dove cominciare, per cercare un soggetto ospitante per un apprendistato o una alternanza?

Per prima cosa consigliamo di fare una ricerca per interesse: quale tipo di azienda sono curios* di conoscere da più vicino? Che ambito mi attira di più?

Se non avete le idee troppo chiare (e non è un’eccezione) potreste cominciare dal Registro nazionale che raccoglie tutti i soggetti disponibili ad accogliere giovani, sia per l’alternanza che per l’apprendistato.

Al solito, se volete parlarne con qualcuno, avere qualche spunto o indicazione, noi siamo qui anche per questo!

 

Scuola e lavoro non si vogliono bene

Sentendo la cronaca di questi giorni sul tema dell’alternanza scuola e lavoro mi è tornato alla mente il mio periodo di alternanza. In realtà, quando ero uno studente, l’alternanza non c’era e l’età in cui ho cominciato a “praticare” l’ambiente di lavoro era più tenera di quella in cui lo si fa adesso.

Alla fine della terza media, mio padre ritenne opportuno farmi fare un po’ di pratica: aveva una piccola azienda di commercio di attrezzature e mobili per l’ufficio e il mio primo lavororo fu, me lo ricordo ancora, “creatore di fogli di appunti”. Per un suo senso piuttosto spinto di riciclo della carta (in tempi non sospetti, erano i primi anni ’80) mi diede il compito di ridurre alcuni fogli di carta da pacchi usati, in piccoli fogli per appunti (i post-it all’epoca, almeno in quel contesto, erano un upgrade di lusso). Non era certamente una mansione “di valore” o che potenziava certe mie competenze (forse); e a dir la verità non saprei nemmeno dire di preciso che cosa ho imparato da quella esperienza da un punto di vista tecnico (è evidente che non ho inventato, da lì, uno strumento che potesse competere con post-it).

Ma se quella esperienza la ricordo ancora oggi (e non è un trauma), forse non è stato tempo sprecato e qualcosa dentro di me ha lasciato. Ora, al netto che i figli e le figlie rischiano di mitizzare i padri soprattutto in certi periodi della vita, credo che l’elemento distintivo di quella primordiale esperienza di alternanza scuola-lavoro fosse l’amore, l’affetto e la premura che il mio genitore, datore di lavoro per qualche ora al giorno, metteva nel trattarmi. E intendo nell’accogliermi in quel posto (suo, di cui sentiva responsabilità e orgoglio), nel mostrarmi come comportarmi, nel darmi un compito che potessi, seppur con noia, portare a termine, nell’insegnarmi modi e maniere di gestire impegni, rapporti e relazioni. Forte della giovane età che ci rende decisamente più permeabili e sensibili all’apprendimento, certi concetti (come amava chiamarli mio padre) non me li sono mai dimenticati, come fossero, questi sì, post-it di appunti che mi si sono appiccicati dentro.

Probabilmente è troppo filosofico e magari un po’ hippy parlare di amore in un posto di lavoro. Ma credo che quello che manca all’alternanza scuola lavoro di oggi sia quell’amore. Non sono così ingenuo da pensare che imprenditori e imprenditrici diventino genitori per qualche settimana di adolescenti che, diciamo la verità, professionalmente non prenderebbero in considerazione. Però, credo che le attese e le aspettative per questo periodo di esperienza fuori dalla scuola e dentro le aziende, debbano essere ispirate a quel tipo di cura e affetto. E questo, penso, sia un tema di formazione per chi in azienda si occupa di accogliere i giovani che entrano per scoprire come è fatto il mondo del lavoro.

Scuola e lavoro dovrebbero tornare (o forse cominciare) a volersi bene per rendere la scoperta del mondo del lavoro un percorso meno spigoloso e magari anche più produttivo.

Questo articolo è stato pubblicato su Linkedin qui 

Lasciare il lavoro

Quando è una buona idea lasciare il lavoro?

Ne avete sentito parlare?

Si chiama the Great Resignation o the Big Quit, ed è una tendenza che negli ultimi mesi si è manifestata nel mondo del lavoro soprattutto negli Stati Uniti d’America, e in parte anche in alcuni paesi europei, tra cui l’Italia

Queste espressioni inglesi significano dimettersi, lasciare, abbandonare, e il fenomeno ha interessato vari aspetti della vita delle persone, come lo sport, le relazioni, la religione. Le persone lasciano il loro lavoro, abbandonano abitudini che avevano da tanto tempo, percorsi intrapresi e relazioni apparentemente consolidate.

Tutto sembra essere iniziato con i cambiamenti a cui la pandemia ci ha costretto: cambiamenti nel modo di lavorare, di vivere, di occupare il tempo e di pensare al futuro.

Rompere la routine giornaliera, settimanale e, alla fine, anche annuale, ha permesso a molti di fermarsi a riflettere se quello che stavano facendo della propria vita fosse quello che volevano. E la risposta per tanti è stata no, proprio no.

Chi ha lasciato il lavoro l’ha fatto in maggioranza per una posizione migliore, ma migliore in che senso? Al primo posto c’è naturalmente la retribuzione, ma subito dopo vengono motivazioni quali la salute (mentale e fisica), e la ricerca di un migliore equilibrio tra vita e lavoro.

Se pensiamo al nostro contesto, quando possiamo dire che vale la pena di considerare un cambiamento?

Naturalmente non è una decisione che va presa con troppa leggerezza, ma nemmeno scartata come impossibile.

Ecco alcune domande, da adattare al settore in cui lavorate, che vi potete fare per valutare se conviene investire tempo ed energie nel posto in cui siete:

  • vengo considerato/a un valore per l’azienda o parte dello staff facilmente sostituibile?
  • i costi che sostengo per andare a lavorare (trasporti, pasti fuori casa, ecc) sono adeguatamente ripagati dalla retribuzione o la riducono notevolmente?
  • mi sono state indicate le norme da rispettare per la mia tutela e per la sicurezza sul lavoro?
  • il mio orario è rispettato o spesso ci sono cambi dell’ultimo momento, per cui è difficile per me organizzare qualsiasi altra cosa al di fuori del lavoro?
  • mi viene data la possibilità di sviluppare le mie potenzialità, di imparare e crescere come lavoratore?

Queste sono alcune piccole riflessioni da fare se vi trovate a pensare al futuro e in prospettiva vorreste migliorare la vostra situazione lavorativa. Se le risposte a queste domande non vi soddisfano e vi sentite pronti a mettervi in gioco, può essere il momento di guardarsi intorno. 

In questo periodo le posizioni di lavoro aperte sono davvero tante e, se avete una preparazione nei settori che stanno crescendo di più, c’è davvero possibilità di ottenere un buon posto di lavoro.

Bisogna naturalmente prepararsi e valutare anche i cambiamenti: dovrò fare qualche chilometro in più per andare a lavorare? Cambierò le persone con cui lavoro a cui ho fatto l’abitudine? Se questi aspetti non vi spaventano, siete pronti a cominciare la ricerca.

Infine, un consiglio per tutti, anche per chi non sente di avere i numeri per lasciare il lavoro che ha: allontaniamoci dalla cultura che vede il lavoro come qualcosa per cui dovremmo ringraziare, un favore che ci viene fatto, e cominciamo a pensarlo invece come uno scambio tra due parti, in cui entrambe hanno doveri e diritti, e magari un obiettivo comune.

Cerchi lavoro? Cura il tuo CV!

La ricerca di lavoro è un tema che a noi operatori Informagiovani sta molto a cuore, essendo il lavoro uno dei settori principali del nostro servizio.

Ogni giorno veniamo contattati da persone in cerca di occupazione alle quali cerchiamo di offrire tutto il nostro supporto al fine di renderle autonome e consapevoli del percorso da intraprendere.

Tutt* nella vita prima o poi si troveranno nella situazione di mettersi alla ricerca di un lavoro; dal/la giovane neodiplomat*/neolaureat* – e non solo – in cerca di prima occupazione all’adult* in cerca di una ricollocazione sul mercato del lavoro.

Tutt* purtroppo commettiamo errori in questo percorso, dai più banali (solo a prima vista) a quelli più gravi; sia gli uni che gli altri possono giocarci un brutto scherzo ai fini lavorativi.

Oggi ne prendiamo in considerazione alcuni che vediamo quasi quotidianamente ma l’elenco non è esaustivo perché tanti sono gli aspetti da tenere in considerazione quando ci mettiamo alla ricerca di lavoro.

Le accortezze che vogliamo sottolineare in questa sede riguardano tutte il curriculum vitae (CV), questo “foglio di carta” – ormai diventato “elettronico” così importante perché è il nostro biglietto da visita – così ci piace definirlo.

Il curriculum vitae è il documento che presenta la vostra esperienza professionale e formativa, le vostre capacità e attitudini; è il primo strumento di valutazione da parte dell’azienda nel momento in cui avete risposto all’offerta di lavoro o inviato un’autocandidatura.

Un curriculum vitae ben fatto, unito ad una efficace lettera di presentazione, può essere decisivo per ottenere un colloquio con il datore di lavoro.

Ecco allora alcuni accorgimenti utili che non ci stanchiamo mai di ripetere alle persone che si rivolgono all’Informagiovani.

Scrivere CV mirati

La prima raccomandazione è proprio quella di scrivere curriculum mirati e non generici cercando di mettere in risalto ogni volta quelle caratteristiche e competenze personali che potrebbero fare la differenza in quel determinato contesto lavorativo.

Facile, vero? Assolutamente no ma anche qui un consiglio può essere di studiare attentamente le parole dell’annuncio e sfruttarle a vostro favore.

Ogni annuncio di lavoro contiene termini specifici e una descrizione delle competenze ben definita. Pertanto scegliete adeguatamente le parole per descrivervi riportando, se possibile, alcuni termini che compaiono nel testo dell’offerta di lavoro.

Motivare l’invio di CV

Soprattutto oggi che le candidature vengono richieste ed evase via mail o via social ci capita – troppo spesso purtroppo – di ricevere curriculum senza una minima spiegazione del motivo.

Se fa strano a noi che siamo un servizio di orientamento e consulenza che non offre lavoro ma aiuta nella ricerca, farà strano anche a una ditta che potrebbe avere più posizioni aperte o addirittura nessuna al momento.

Ecco quindi che quando inviate il vostro CV fatelo precedere sempre da una breve  lettera di presentazione (come testo della mail o come messaggio wapp) per far capire se si tratta di un’autocandidatura oppure una candidatura per una posizione aperta oppure per essere inseriti nei database (dell’Informagiovani, delle agenzie per il lavoro, ecc…).

Curare il CV

Quando consigliamo di curare il proprio curriculum vitae ci riferiamo sia alla fase della redazione sia alla fase successiva dell’invio.

Non è sufficiente, infatti, fare attenzione solo alla correttezza grammaticale e al modo in cui scriviamo di noi ma è importante avere cura al modo in cui lo inviamo.

La quasi totalità delle ditte richiede ormai l’invio delle candidature tramite posta elettronica ma alcune persone inviano il proprio CV tramite wapp come foto. Occhio quindi alla cura con cui fate la foto del vostro CV, evitando di inviare CV stropicciati (Sì! può capitare anche questo).

I consigli e gli accorgimenti non finiscono qui. Ne potete trovare altri consultando la pagina dedicata del nostro sito con delle videografiche e delle videopillole sull’argomento: informagiovaniancona.com/consigli-per-il-tuo-cv.

Quanto valgo?

Scorrendo tra i post di LinkedIn mi ha colpito uno di Gian Luca Bruno (per essere esatti e corretti anche nell’attribuzione dei meriti). Il post riportava l’immagine di una bottiglietta d’acqua e nel testo Gian Luca spiegava che quella bottiglietta valeva 0,15 cent al supermercato, 1 euro al bar, 2 euro in stazione, per arrivare anche a 3 euro in aeroporto o in altri luoghi in cui era pii “apprezzata”.

La metafora proposta è quella di prendere coscienza che anche noi, possiamo essere simili a quella bottiglietta: se crediamo di meritare o valere più di quello che veniamo pagati (o apprezzati) possiamo sempre prendere in considerazione l’idea che ci possono essere altri luoghi in cui veniamo meglio valorizzati. I luoghi, insomma, possono significativamente incidere sul nostro valore. La metafora dovrebbe farci anche capire che, a volte, vincere la pigrizia e l’abitudine (o la comodità) di stare in alcuni contesti potrebbe darci l’opportunità di maggiori soddisfazioni.

La metafora mi piace molto e per certi versi concordo: soprattutto sulla necessità, in particolare nel nostro contesto nazionale, di “muoverci” maggiormente, anche geograficamente. Troppo spesso facciamo fatica a spostarci in altre regioni o città se non addirittura a pochi chilometri da quella che riteniamo essere la nostra casa “madre”. Una maggiore mobilità, ancor più se fosse in un contesto europeo, ci permetterebbe di avere più chance e anche di guadagnare in competenze e quindi in competitività. In altre parole, di migliorare la nostra condizione professionale e di vita.

C’è un punto sul quale però mi sento di fare un distinguo: il nostro valore non lo definiscono i luoghi o i contesti in cui ci inseriamo.  Quello che i luoghi e i contesti (intesi come sistema di relazioni e opportunità) possono cambiare è il prezzo che al nostro valore (o alle nostre competenze) viene assegnato. L’acqua di quella bottiglietta è sempre la stessa, quindi il suo valore di materia prima essenziale per la vita dell’uomo non cambia. Quello che cambia è la possibilità che qualcuno se ne possa appropriare: questa possibilità ha un prezzo.

Credo che sia importante distinguere, anche per quello che ci riguarda, il nostro valore (e magari poi un giorno parleremo di come determinarlo a prescindere dai contesti in cui viviamo) e il prezzo che gli atri sono disposti a pagare per averci. Qualcuno di noi potrebbe avere un valore molto alto e accettare, nonostante questo, di essere pagato un prezzo basso (per mille e mille motivi); qualcun altro potrebbe avere un valore nella norma e riuscire però a spuntare un prezzo davvero alto (altro tema che sarebbe da affrontare per il benessere delle nostre comunità).

In ogni caso quello che rimane è che, quando cerchiamo un lavoro, una delle cose da chiederci è sicuramente: quanto valgo?

(photocredit: immagine di Steve Johnson on Unsplash)

PS: piccolo (ma nemmeno tanto) disclaimer ecologico: sono per le borracce ecologiche e contro le bottigliette di plastica (davvero, possiamo farle scomparire)

 

Privacy sì o privacy no?

“Autorizzo il trattamento dei dati…”: questo è l’inizio di una frase che avremo letto (senza farci attenzione) un sacco di volte. E, se stiamo cercando lavoro, l’avremo anche scritta un sacco di volte. O, meglio, copiata e incollata nel nostro cv ogni volta.
Da qualche tempo (perdonateci ma non sapremmo dire al momento, nel groviglio di commi e articoli di legge, quando di preciso) questa formula non è più necessaria. Anzi, a dire (e scrivere) la verità (quella perlomeno che abbiamo capito noi) potrebbe essere anche “fuori legge” inserire la formula nel cv che inviamo.

Il presupposto è che l’attuale normativa sulla privacy (quella che legislatore e principali media, per allenare le nostre capacità linguistiche, hanno chiamato GDPR) impone a chi riceve i nostri dati, e non a noi che li mandiamo, il rispetto di certe procedure. Come a dire: caro candidato, mandalo pure il tuo cv, è chi lo riceve che deve preoccuparsi di farti sapere come utilizzerà i dati che ci sono contenuti.

Questo accade sia nel caso in cui stiamo mandando il cv per autocandidarci (cioè, non abbiamo letto alcun annuncio, ma proviamo a farci prendere in considerazione sfoggiando le nostre competenze ben scritte sul curriculum), sia nel caso in cui stiamo rispondendo a un annuncio.

Che poi, in questo secondo caso, i più attenti si saranno accorti che già da un po’ di tempo, i portali in cui carichiamo i nostri dati sono muniti di una propria dicitura per il trattamento dei dati (i disclaimer che facciamo finta di leggere prima di cliccare sul quadratino con il consenso).

Questa la situazione. Nella teoria. Dovrebbe coincidere anche con la pratica, ma in questi casi, da queste parti, è sempre meglio anche dimostrare di conoscere bene l’ambiente. E l’ambiente in molti casi è fatto di piccole realtà imprenditoriali, datori di lavoro che non sempre sono così aggiornati su questioni che, diciamolo, non attengono e non influiscono sul loro business. Per cui può capitare che sono rimasti fermi alla necessità che nel cv ci sia la dicitura sulla privacy e vi potrebbero chiedere il perché della sua assenza? E, siate sinceri, vorreste davvero trovarvi nella situazione di dare una lezione di diritto a qualcuno che vi ha appena preso in considerazione per farvi (forse) lavorare? Oggettivamente ne sareste sicuramente titolati, ma strategicamente sarebbe una pessima idea.

Per cui il nostro consiglio è questo: focalizzate l’attenzione su chi è il destinatario del vostro cv e poi decidete. Tendenzialmente se si tratta di una realtà medio grande saranno aggiornati e la dicitura potete saltarla. Per realtà più piccole inseritela e assecondate quella che per molti è una prassi, almeno per qualche mese ancora. In ogni caso nessuna ansia: per fortuna (o purtroppo) non sarà questo a determinare la conquista del vostro lavoro.

PS: per chi è appassionat* di legge, curios* o interessat* ai dettagli, in questo post ci sono tutti i particolari

cerco lavoro

Cerco lavoro, da dove iniziare?

Se sei alla ricerca di un lavoro, forse ti stai chiedendo da dove iniziare. Se è la prima volta che ti metti alla ricerca, ma anche se hai già esperienza, ti sarà utile una breve rassegna dei canali da utilizzare. Naturalmente poi sta a te scegliere su quali investire più tempo ed energie, in base al tuo profilo, alle tue aspettative, ai tuoi obiettivi.

Cominciamo da quelli più ovvi, ma di cui non sempre si sa bene come funzionano e cosa ci possono offrire.

Il CPI – Centro per l’impiego (ex CIOF – Centro per l’impiego, l’orientamento e la formazione, e ex Ufficio di collocamento, come molti lo chiamano ancora impropriamente) è il primo canale da conoscere. Il CPI è un ufficio  pubblico, di competenza regionale, dedicato principalmente a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, cioè tra chi cerca lavoro e chi cerca personale.

Iscriversi non è obbligatorio, ma può essere utile per ricevere informazioni o proposte su iniziative pubbliche aperte a chi cerca lavoro (corsi di formazione, bandi per borse lavoro, bandi per tirocini o simili). Iscriversi al CPI significa dichiarare la propria disponibilità a lavorare e a cercare attivamente un impiego, secondo le indicazioni che ci vengono date dal CPI stesso, ed è necessario quando si vuole partecipare a iniziative o bandi per disoccupati. Il CPI infatti è l’unico ufficio che può rilasciarti il certificato di stato di disoccupazione: dopo un colloquio che serve a capire qual’è stato il tuo percorso e che cosa vorresti fare, firmerai il cosiddetto PSP – Patto di servizio personalizzato.

I CPI gestiscono alcune offerte di lavoro degli enti pubblici, e numerose offerte di lavoro di aziende private, oltre alle offerte disponibili per chi vuole partecipare a borse lavoro o tirocini (quando ci sono bandi aperti e fondi disponibili).

Tra le funzioni del CPI c’è anche registrare le assunzioni o le trasformazioni dei rapporti di lavoro (quando vieni assunto/a, il datore di lavoro deve comunicarlo al CPI a cui sei iscritto/a), gestire le iscrizioni e le assunzioni delle persone inserite negli elenchi delle categorie protette e delle liste di mobilità. Tra i compiti dei CPI si è aggiunto quello di seguire per la ricerca di un impiego le persone a cui è stato riconosciuto il Reddito di cittadinanza.

Ricorda che ti puoi iscrivere ad un solo CPI: puoi cambiarlo se ti trasferisci, e i tuoi dati verranno trasmessi dal vecchio CPI a quello nuovo. Per iscriversi basta avere un domicilio nella zona di competenza del CPI: nella provincia di Ancona ce ne sono quattro (Ancona, Senigallia, Jesi e Fabriano), ed è possibile vedere quali sono i comuni di competenza di ognuno cliccando sul tondino azzurro con il + accanto al nome di ogni CPI, sulla pagina dedicata agli orari e contatti. Naturalmente tutti i servizi dei CPI sono gratuiti.

 

Le agenzie per il lavoro (ex agenzie interinali) sono soggetti privati, autorizzati dal Ministero del lavoro oppure dalla Regione, che offrono servizi alle aziende, e in particolare la ricerca e selezione del personale. Questo significa che per te che cerchi lavoro l’agenzia è un canale attraverso il quale trovare un impiego: l’agenzia infatti ricerca personale per le aziende, lo seleziona, in alcuni casi lo forma, e poi lo inserisce in azienda.

Di solito funziona così: il tuo datore di lavoro formale è l’agenzia per il lavoro (cioè il tuo contratto di lavoro è con l’agenzia) mentre la sede di lavoro è l’azienda per cui lavora l’agenzia. Il tutto è regolare e tu non devi pagare niente, perché i servizi che l’agenzia offre sono pagati dalle aziende clienti. Se da un lato questo è un aspetto positivo, dall’altro bisogna ricordare che le agenzie per il lavoro non hanno come obiettivo quello di trovare un lavoro per te, ma quello di trovare lavoratori adeguati alle richieste delle aziende. E’ sempre utile ricordarlo, perché se ti aspetti che siano loro a ricercare un lavoro adatto a te, le tue aspettative saranno deluse. Puoi iscriverti a tutte le agenzie che vuoi, e molto spesso lo puoi fare online, sui siti delle agenzie stesse, caricando i tuoi dati e il tuo cv: ecco un elenco di quelle della provincia di Ancona, fatto da noi per te.

 

Naturalmente anche noi dell’Informagiovani, che siamo tra le altre cose un centro di orientamento e supporto per la ricerca del lavoro, abbiamo diversi servizi dedicati a te che stai cercando: puoi fare un colloquio orientativo iniziale, per avere consigli personalizzati per capire come muoverti, come e dove cercare lavoro, in base alle tue caratteristiche e alle tue aspettative; puoi fare o rivedere con noi il tuo cv, per renderlo migliore e più efficace; puoi iscriverti alla nostra banca dati lavoro, per avere la possibilità di venire contattato da un possibile datore di lavoro interessato al tuo profilo; e infine puoi cercare tra le offerte di lavoro che pubblichiamo tutte le settimane quella che fa per te. Tutti i nostri servizi sono gratuiti!

 

Ci sono poi i portali online che pubblicano offerte di lavoro e ti danno la possibilità di inserire i tuoi dati. Secondo la nostra esperienza hanno una efficacia relativa, e spesso sono solo aggregatori di inserzioni da altri siti, per cui anche cercando una professione specifica in una zona specifica spesso finisci per perdere tempo leggendo annunci (a volte anche finti) di impieghi vari in altre regioni. Alcuni poi hanno più che altro l’obiettivo di raccogliere dati (i tuoi) e inviarti anche più email al giorno, non sempre interessanti. Il nostro consiglio è comunque quello di leggere attentamente gli annunci e poi fare delle verifiche incrociate sul sito del presunto datore di lavoro.

 

Un canale online relativamente nuovo (ormai nemmeno troppo in realtà) per la ricerca di lavoro è LinkedIn, ma a patto di usarlo bene. Abbiamo dedicato a questo strumento delle videopillole, se hai intenzione di usarlo o ti sei iscritto da poco, ti consiglio di vederle.

 

Il modo che consigliamo più spesso e che si rivela efficace è la ricerca per autocandidature: significa cercare aziende e imprese che potrebbero interessarci in base al settore, o in base a dove hanno sede, e inviare una candidatura di lavoro (cv più lettera/mail di presentazione e motivazione) mirata, cioè pensata proprio per quel destinatario. Ci vuole più tempo che inviare lo stesso cv a raffica a un numero alto di email e aziende, ma funziona meglio.

 

Un altro consiglio che diamo spesso è quello di utilizzare in modo intelligente il passaparola: in un mercato del lavoro che è ancora molto locale, poco dinamico e basato sulle conoscenze (cioè sul fatto che molti datori di lavoro preferiscono contattare prima persone già conosciute da un dipendente, un amico, un parente, per una sorta di garanzia di affidabilità) è importante spargere la voce che sei alla ricerca di un lavoro tra le tue conoscenze. Le persone che ti conoscono e che sanno in che cosa sei bravo/a sono i tuoi migliori sponsor! Parliamo quindi della raccomandazione in senso positivo, efficace e utile, quella che avviene quando due soggetti vengono messi a contatto grazie ad una conoscenza comune che capisce che uno sta cercando proprio l’altro, per le sue caratteristiche professionali e personali.

Bene, ora sai da dove cominciare! Per consigli personalizzati sulla tua situazione e per il tuo progetto personale, vieni a trovarci, ti aspettiamo!

 

Abbiamo riaperto!

Finalmente! Dopo il lungo periodo di chiusura, siamo finalmente tornati ad accogliervi nei nostri locali. Anche se sono un po’ trasformati per via delle precauzioni che abbiamo dovuto prendere per mettere in sicurezza tutti noi.

Però siamo molto contenti che il nostro servizio possa tornare ad essere un piccolo punto di riferimento, anche fisico, per la città. Approfittiamo anche per spiegare brevemente come sarà possibile accedere al nostro servizio.

Innanzitutto abbiamo mantenuto gli orari di apertura pre-pandemia (potete vederli qui). L’accesso è consentito a un massimo di 15 persone (è il numero totale di presenze contemporanee all’interno dei locali) questo per evitare che ci siano assembramenti all’interno. Sono tornate attive anche le postazioni internet, opportunamente “divise” in modo che chiunque le utilizzi possa farlo in sicurezza. Non troverete, almeno temporaneamente, i giornali e altri supporti di carta perché non è consentito l’uso promiscuo di supporti cartacei. Vale anche per depliant e volantini che sarà possibile richiedere individualmente agli operatori.

Per accedere al servizio sarà necessario indossare una mascherina e igienizzare all’ingresso le vostre mani (in alternativa indossare i guanti che vi forniamo). Siamo obbligati a misurare la temperatura a chi entra (e come forse ormai avrete saputo non deve superare i 37,5 gradi): questa cosa forse potrà non piacere a tutti ma come abbiamo già spiegato ad uno di voi su Facebook purtroppo è una misura che abbiamo dovuto adottare per poter riaprire. All’interno del locale si potrà rimanere per il tempo necessario a ricevere (o cercare) le informazioni di cui avete bisogno. Per quello che riguarda la possibilità di affittare la sala per eventi e iniziative dobbiamo invece chiedere di aspettare ancora un po’: dobbiamo verificare quali sono le normative da seguire e come poi potremo correttamente adeguarci. Invece è da subito possibile utilizzare i nostri spazi per mostre e allestimenti: ne abbiamo già una in corso!

Infine è necessario mantenere tra i presenti all’interno dei locali la distanza di 1,5 metri; anche per questo motivo troverete che la disposizione di tavoli e sedie (molte meno) sarà un po’ strana. Una segnaletica visuale vi aiuterà comunque a rispettare queste piccole precauzioni: noi confidiamo che le nuove buone maniera di comportamento che abbiamo conosciuto in questi mesi saranno adottate da tutti voi che frequenterete il servizio.

Quello che è rimasto invariato è il tipo di servizio che potrete avere: informazioni e consigli personalizzati per la costruzione della tua carriera professionale, per la casa, le opportunità all’estero e tutto ciò che può aiutarvi a sviluppare le idee che avete in testa: vi aspettiamo!

Jobincountry: la nuova banca dati stagionale

Dall’inizio della pandemia, numerosi comparti produttivi agricoli hanno registrato una grave flessione dell’economia aziendale a seguito delle misure restrittive imposte per l’emergenza sanitaria in corso.

La crisi, infatti, ha colpito il settore degli agriturismi, ai quali è stata imposta la chiusura, il settore viticolo a causa della battuta di arresto di bar, enoteche e ristoranti ed esportazione, il settore di produzione del latte per la mancata richiesta di ristorazione e mense, il florovivaismo che non ha canali di vendita attivi in un mercato stagionale, infine le aziende che basano parte della loro attività sulla vendita diretta nei mercati agricoli, chiusi a loro volta.

Non sono previste invece limitazioni al normale svolgimento delle attività agricole stagionali (es. preparazione dei terreni, semina, potatura) e di quelle relative agli allevamenti.

Per contro, però, il problema è la carenza di lavoratori stagionali, in quanto il Made in Italy agroalimentare si regge in gran parte sulla manodopera straniera che oggi non riesce più a venire, a seguito delle misure restrittive alla libera circolazione.

Emerge quindi la necessità di risolvere urgentemente questo problema perché ormai sono iniziate la tradizionale campagna di raccolta frutti e verdure ma anche le attività di diradamento e potatura.

Se da un lato l’Italia agricola annaspa per la mancanza di manodopera straniera dovuta alla chiusura delle frontiere per contrastare l’epidemia, dall’altro sono molti gli italiani rimasti senza lavoro, cassaintegrati, o già disoccupati da tempo.

Sulla base di questo presupposto, la Coldiretti ha varato la banca datiJobincountry” autorizzata dal Ministero del Lavoro con le aziende agricole che assumono. L’iniziativa, attiva da alcuni giorni, è estesa a tutta la Penisola ed è rivolta a persone con le più diverse esperienze: dagli studenti universitari ai disoccupati, dagli operai ai blogger, ai responsabili marketing, ai laureati e agli addetti del settore turistico.

Questa piattaforma si pone l’obiettivo di mettere in contatto nei singoli territori i bisogni delle aziende agricole in cerca di manodopera con quelli dei cittadini che aspirino a nuove opportunità di inserimento lavorativo e disposte a lavorare nei campi – anche alla prima esperienza – in un quadro di assoluta trasparenza e legalità. Vanno infatti specificate mansioni, luogo e periodo di lavoro ma anche disponibilità e competenze specifiche in un settore dove è sempre più rilevante la richiesta di specifiche professionalità. L’attività è svolta direttamente nelle singole province attraverso le Società di servizi delle Federazioni provinciali ed interprovinciali della Coldiretti, secondo un modello di capillare distribuzione sul territorio.

Come funziona?

Sul portale JobinCountry raggiungibile dal sito della Coldiretti è possibile:

  • per le aziende, inserire offerte di lavoro, indicando le caratteristiche professionali richieste e le condizioni relative alle offerte (come mansioni, luoghi, tempi e retribuzione);
  • per chi è in cerca di occupazione, è possibile inserire il proprio curriculum e la propria disponibilità alla nuova occupazione, e mantenere sempre aggiornati i propri dati professionali

L’iniziativa di Coldiretti ovviamente è solo uno dei modi in cui nell’immediatezza il Paese può supplire alla carenza di lavoratori agricoli stagionali, in quanto fino ad oggi la stragrande maggioranza di questi lavoratori era costituita da persone straniere, in regola e non. Proprio su questi aspetti, il Governo in questi giorni sta discutendo sulla necessità di regolarizzare gli immigrati irregolari. Ma come sempre l’empasse politico rischia di rallentare i tempi e di distogliere l’attenzione sul vero nocciolo della questione. Sanare la posizione degli irregolari non esclude, infatti, l’opportunità di

Come trovare offerte di lavoro sul portale Eures

Che sia per un lavoro stagionale o un lavoro a lungo termine, se cercate un lavoro all’estero il portale Eures vi sarà utile in diversi modi.

La funzione più utilizzata è sicuramente la pagina dedicata alla ricerca di lavoro attraverso gli annunci.
Vediamo come funziona e come usare al meglio la maschera di ricerca, per trovare proprio quello che state cercando. Dato che le offerte disponibili sono in genere alcuni milioni, è davvero essenziale sapere come scovare quelle che ci potrebbero interessare.

A sinistra, nella pagina Trova un lavoro, nella sezione Candidati alla ricerca di un impiego, ci sono una serie di box che permettono di restringere la ricerca. Potete scegliere in quali paesi cercare, e anche in quale regione specifica del paese scelto, per chi ha già le idee chiare su dove vuole andare.  Si può restringere la ricerca anche per tipo di contratto ricercato (tempo pieno, parziale, flessibile) e a seconda del livello di istruzione.

Tra le condizioni si può indicare se la posizione ricercata è nell’ambito del lavoro sociale, o quanta esperienza si può offrire (da nessuna a più di cinque anni).

Nel box “Tipo di posizione” si può anche scegliere, se è questo l’obiettivo, l’opzione lavoro stagionale. Il lavoro stagionale può essere estivo o invernale, ed è più facile trovare offerte se si inserisce la parola seasonal anche nella sezione centrale, come parola chiave. Le parole chiave sono importantissime e se ne possono inserire diverse, che riguardano la professione ma anche la lingua conosciuta, i benefit desiderati o altri parametri. Per le parole chiave utilizzate l’inglese o la lingua del paese che vi interessa.

Molto importante è il box laterale nel quale si può scegliere di visualizzare le offerte con contrassegno Eures: sono quelle che sono state pubblicate sotto la supervisione di un consulente Eures, che quindi fa una serie di verifiche sull’azienda. Sono sicuramente in numero ridotto, ma quelle da considerare per prime per chi cerca qualcosa di certificato e affidabile.

Una volta inserite tutte le specifiche della posizione desiderata, si può salvare il profilo di ricerca, così da non doverlo rifare ogni volta. Questa funzione è molto utile soprattutto se considerate che una buona ricerca vi impegnerà per un periodo di diversi giorni o settimane.
Il portale vi da altre due possibilità, per rendere la ricerca più efficiente: ci si può registrare con una email e ricevere le offerte interessanti (secondo il profilo salvato) che di volta in volta vengono caricate e pubblicate, così da non perdere occasioni e non dover ricordare di verificare ogni settimana le nuove offerte.

Sempre nella sezione verde Candidati alla ricerca di un impiego c’è anche la voce Il mio cv. Significa che potete inserire i vostri dati e le informazioni relative al vostro profilo professionale, creando il vostro cv nel database del portale Eures. In questo modo un datore di lavoro che cerca un collaboratore con le vostre caratteristiche vi potrà trovare facendo una ricerca nella sezione a loro dedicata.

Molto spesso le offerte sono pubblicate nella lingua del paese di destinazione: questo però non deve scoraggiare chi è alla ricerca. Non è detto, infatti, che il datore del lavoro sia interessato solo a lavoratori madrelingua. Una volta iscritti al portale, si ha anche la possibilità di leggere le offerte in traduzione, semplicemente cliccando su un tasto predisposto sotto il testo dell’offerta.

Insomma, per trovare qualcosa adatto a voi bisogna prima di tutto saper cercare! Non dimenticate inoltre che i consulenti Eures, sparsi sul territorio europeo e quindi anche non lontano da voi, sono disponibili a supportarvi nella ricerca.

Professionisti delle vacanze 2020: al via le selezioni per il lavoro stagionale

È iniziato il countdown per le selezioni per il lavoro stagionale.

È infatti tutto pronto per la nuova edizione di Professionisti delle vacanze, l’evento che l’Informagiovani di Ancona organizza, per il sesto anno consecutivo, dedicato a chi sta offrendo oppure cercando lavoro nel settore delle vacanze e più in generale del turismo organizzato.

Nell’arco di un solo pomeriggio, i partecipanti avranno la possibilità di conoscere da vicino ben 10 agenzie di animazione selezionate e di effettuare i colloqui di selezione con alcune o con tutte le agenzie presenti. Un’occasione da non sottovalutare dal momento che le agenzie partecipanti provengono da tutta Italia e sarebbe quindi difficile avere altre opportunità di incontrarle tutte insieme, invece, vicino casa.

Saranno presenti sia agenzie nuove sia agenzie ormai “affezionate” con le quali l’Informagiovani collabora da diverso tempo, segno questo di serietà ed affidabilità, che sono i requisiti indispensabili per gli eventi dell’Informagiovani.

Nel corso degli anni, anche le agenzie stesse hanno cambiato o meglio ampliato il raggio di profili professionali richiesti, ricercando non solo l’animatore, ma anche tutte quelle figure accessorie che servono all’interno di un villaggio turistico o di un campus sportivo o linguistico.

Come avrete modo di scoprire attraverso le presentazioni delle singole agenzie, infatti, le stesse organizzano e gestiscono non solo villaggi turistici ma anche centri sportivi rivolti a bambini/ragazzi e centri di soggiorno studio all’estero.

Molto variegata e amplia è, quindi, l’offerta professionale: dall’animatore in senso proprio a figure di più ampio raggio come: istruttore fitness, istruttore sportivo, ballerini, coreografi, tecnici luci e suoni, massaggiatori non medicali ma anche personale di segreteria, educatori professionali, sorveglianti, infermieri e personale assistenziale, insegnanti di lingua inglese e accompagnatori turistici.

I requisiti richiesti variano ovviamente da profilo a profilo; l’unico requisito comune è la maggiore età entro giugno 2020. Sono a tutti richiesti poi anche spirito organizzativo, dinamismo, capacità di lavorare in team, senso di responsabilità e tanta voglia di mettersi in gioco, la disponibilità a viaggiare, buone doti comunicative e non ultima la conoscenza delle lingue straniere.

La ricerca è aperta a tutti coloro che sono interessati a cercare un lavoro per la stagione estiva non solo in Italia ma anche all’estero. Per alcuni profili non viene richiesta un’esperienza pregressa; l’importante è sapersi mettere in gioco e sapersi adattare alle varie situazioni ed essere flessibili sia come orari sia come incarichi.

Certamente un’esperienza attinente ha il suo peso e il suo valore ma non averla non preclude la possibilità di entrare a far parte dello staff di animazione.  Questo è un punto sul quale le agenzie incontrate fino ad oggi battono molto per far capire ai ragazzi, soprattutto ai più giovani, di non avere timore a presentarsi perché quello che conta è la buona volontà di imparare.

Se quindi state cercando un lavoro per la stagione estiva, approfittate di questa occasione.

La partecipazione è gratuita ma occorre iscriversi compilando il form sul sito al link: informagiovaniancona.com/professionistivacanze.

Per sostenere i colloqui ricordatevi di portare con voi un curriculum vitae aggiornato (con foto) da lasciare alle agenzie. Se non lo avete ancora o non siete sicuri che quello che avete vada bene, potete passare all’Informagiovani dove troverete operatori pronti a darvi qualche consiglio per scriverlo o per migliorarlo.

Vi aspettiamo numerosi martedì 18 febbraio dalle ore 15.00 alle ore 19.00.