È un duro lavoro (ma lo farà qualcuno?)

duro lavoroI dati sulla disoccupazione e sulla mancanza di lavoro sono talmente sempre così negativi che il rischio è farci l’abitudine. La sindrome, in qualche modo, è quella che ha fatto nascere i neet (Not (engaged) in Education, Employment or Training, cioè persone, prevalentemente giovani, che non sono coinvolte in percorsi educativi, di lavoro o di formazione): in pratica si sono arrese ad un contesto quasi totalmente privo di opportunità oppure non riescono a cogliere in un mondo professionale troppo competitivo.

Le previsioni dell’ILO per il prossimo futuro in questo senso non sono buone. Nel suo documento con le previsioni per il 2015 sul mondo del lavoro la ripresa economica e quella lavorativa non sono dietro l’angolo.  Nel grafico che ha pubblicato la rivista Internazionale lo si può vedere anche bene: da qui al prossimo quinquennio a migliorare i dati sull’occupazione saranno solo Spegna e Grecia (che però partono da tassi doppi rispetto al nostro). L’italia, secondo queste previsioni, dovrebbe attestarsi sul livello attuale (attorno al 12,5%): in altre parole nei prossimi mesi possiamo aspettarci di non peggiorare.

Confortanti o meno che siano questi dati (che non possiamo cambiare o modificare da soli) si tratta di capire come singolarmente possiamo affrontare questo contesto così difficoltoso. Dal nostro punto di vista adottando due visioni della questione. La prima è strategica: dobbiamo essere capaci di delineare un progetto, una strada, un percorso da seguire prima ancora che metterci alla ricerca dell’ultimo annuncio di lavoro. Ci siamo chiariti su che cosa vogliamo fare? Dove lo vogliamo fare? Come vediamo noi stessi da qui a qualche anno (tipo 3 o 5)? Non sono esercizi di fantasia ma domande le cui risposte potrebbero aiutarci a non fare passi falsi o girare a vuoto; questa è una modalità che ci aiuta anche ad “affezionarci” ai nostri progetti, a costruirli con cura, a perseguirli con determinazione. Se ci confrontassimo con qualsiasi persona di successo (anche relativo) copriremmo che questo passaggio è fondamentale.

La seconda visione è invece più operativa e riguarda gli strumenti che adottiamo per perseguire la nostra strategia. Da quelli più classici come il curriculum vitae e la lettera di presentazione, a quelli meno considerati come i social media. Non è sufficiente “averli” ed utilizzarli come li utilizzano tutti gli altri. Anche  in questo caso risulta fondamentale saper utilizzare bene ogni mezzo. Ad esempio: siamo tra coloro che hanno personalizzato il proprio cv o tra quelli invece che hanno soltanto utilizzato un modello come un modulo compilandolo nelle sue varie parti? Siamo tra coloro che hanno scritto due frasi di rito (peraltro spesso molto formali) o tra chi ha personalizzato la lettera di presentazione raccontando ciò che nella vita professionale ha più a cuore? Siamo tra coloro che si sono iscritti a tutti i social network perché “tanto è gratis e male non fa” oppure abbiamo scelto con consapevolezza in quali stare e cosa pubblicarci? Non sono differenze da poco, soprattutto in un mercato molto competitivo. Cercare lavoro è un duro lavoro, ma lo farà qualcuno?

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