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ph credits Miluska Ojeda

Education Hackathon: innovare l’educazione!

Società, economia, tecnologie, informazione, tutto sta evolvendo a un ritmo sempre più veloce rispetto al passato.

E l’educazione? Può un settore così importante rimanere indietro e continuare a basarsi su metodi e contenuti del secolo scorso?
La risposta è certamente no, ma cambiare non sempre è facile, e di sicuro non è un processo immediato. E comunque, da qualche parte bisogna cominciare: l’educazione (sia formale che non formale) dovrà rinnovarsi per svolgere la sua funzione e permettere ad ognuno di sviluppare le proprie potenzialità e prepararsi a costruire il proprio futuro (anche se non sappiamo esattamente come evolverà, ad esempio, il mondo del lavoro).

L’Education Hackathon proposto da Cocoon Projects , a cui abbiamo partecipato come ospiti, è stato pensato proprio per offrire all’ecosistema dell’educazione degli spunti e delle idee per evolvere e innovarsi, partendo da quello che già si sta facendo e immaginando proposte attuabili.

Ma cos’è un hackathon? E come funziona? L’hackathon è nato come evento di pochi giorni a cui partecipano principalmente esperti di un settore, che si riuniscono per cercare e progettare soluzioni a problemi e sfide, tradizionalmente di tipo informatico. I partecipanti si dividono in squadre e avviano una competizione che si conclude con un vincitore e di solito un premio, in denaro ma non solo.

All’Education Hackathon hanno partecipato team di giovani tra i 18 e i 35 anni da diversi paesi, che si sono incontrati e confrontati sui bisogni, i problemi e le potenzialità del sistema educativo attuale, per proporre soluzioni innovative attuabili a partire da subito.

La sfida proposta all’Education Hackathon è stata quella di elaborare un’idea, studiarne la fattibilità e definire i contorni e gli attori della proposta (contesto, persone coinvolte, motivazioni, obiettivi da raggiungere) attivando le capacità creative di tutti i partecipanti. I due principi alla base dell’hackathon, solo apparentemente opposti, sono stati competizione e cooperazione. Il team risultato vincitore alla fine dell’evento non  ha solamente elaborato un’idea innovativa, brillante e sostenibile, ma è stato quello che ha messo in circolo le proprie idee e competenze aiutando e facendosi aiutare dagli altri, integrando parti di idee degli altri team nel proprio progetto e contaminandosi a vicenda.

Le idee emerse e il focus dei progetti su cui hanno lavorato i team offrono, a chi si occupa di questo settore, una quantità di interessanti punti di vista e feedback sull’educazione (formale e non formale), sui metodi, sulle premesse su cui si costruisce, e sugli obiettivi che dovrebbe porsi.

I partecipanti hanno espresso la necessità di maggiori e migliori opportunità di incontro e avvicinamento al reale mondo del lavoro, di esperienze collegate alle vecchie e nuove professioni (tipo job shadowing) per capire come si applicano le conoscenze apprese in classe, di attività che sviluppino il pensiero critico, di spazi per progettare attività che li riguardano e di essere coinvolti già nella fase di individuazione dei bisogni e dei risultati da raggiungere.

Parte delle riflessioni e della progettazione ha riguardato anche i rapporti tra studenti e insegnanti, di cui si percepisce spesso una scarsa motivazione (dovuta anche al fatto di far parte di un sistema rigido e poco stimolante), povere risorse nell’approccio all’insegnamento, e l’incapacità di dimostrare, e sviluppare, fiducia nelle capacità e intuizioni dei ragazzi. Si sente anche la mancanza di chiarezza e condivisione dei criteri di valutazione, e di uno spazio educativo non giudicante, di ascolto delle esigenze, che valorizzi le qualità di ogni studente e lo aiuti a capire chi è e chi vorrà essere nel prossimo futuro.

Una vera miniera d’oro di idee che abbiamo a disposizione, se solo diventiamo capaci di chiedere, ascoltare, coinvolgere. Non facile, ma possibile!

Il mondo del lavoro sta cambiando

Forse è finito il tempo della flessibilità? Siamo pronti ad una nuova era e a un nuovo paradigma? Qualcosa nel mondo del lavoro sta cambiando e lo sta facendo lentamente come qualche volta accade con i cambiamenti che diventano rivoluzioni. Che le cose non siano più come una volta ce ne siamo accorti da un po’, ma forse fatichiamo un po’ di più a immaginare e capire come saranno nel futuro. Forse mi sbaglio ma mi sembra di poter dire che sta finendo il tempo dell’incertezza, dell’insicurezza e dello smarrimento e stiamo entrando in un tempo di maggiore consapevolezza della trasformazione che c’è stata negli ultimi anni. Provo a spiegarmi meglio con qualche esempio.

La scorsa settimana a Bologna durante il Festival del Lavoro Nobilita, ho ascoltato un dibattito sul lavoro da freelance: la cosa che ho notato, al di là della retorica della libertà (spesso finta) di questo tipo di lavoro, è che ci sono scelte di autonomia e instabilità (professionale, anzi contrattuale) che si fanno per scelta convinta e con una visione che va oltre la necessità di trovare un posto di lavoro. Anzi, in molti casi il posto nemmeno c’è perché quella dei freelance può essere anche una scelta di mercato, di visione, di opportunità da cogliere. Poi chiaramente ci sono le finte “partite IVA”, le scelte obbligate dettate solo dalla contingenza; ma c’è la possibilità anche di vedere e andare oltre, partendo con poco. A me pare che questo sia un modo intelligente, e coraggioso, di rimettere al centro la persona con la sua professionalità: a farlo non è più, come un tempo, la sicurezza del posto fisso, ma la visione del mondo dell’individuo e la sua capacità di vedere e sfruttare i cambiamenti.

Ci sono esempi anche sul versante delle imprese. Aziende come Toyota, pur essendo molto concentrate sulla tecnologia, hanno capito che a dare valore ai loro prodotti sono le persone. Il Presidente di Toyota ogni anno premia il miglior saldatore tra tutti quelli che lavorano nel mondo nei suoi stabilimenti. Nell’epoca in cui le macchine si guideranno da sole grazie allo sviluppo tecnologico, questa impresa premia il più artigianale dei lavori che ha al suo interno? Forse non crede nello sviluppo tecnico? Nostalgia del passato? Il motivo è al tempo stesso meno romantico e più profondo: anche quelli di Toyota hanno capito che al centro devono tornare le persone. Ci sono imprese poi che stanno sperimentando metodi organizzativi non gerarchici, come la olocrazia, un metodo secondo il quale a prendere decisioni non sono più i capi di una struttura gerarchica ma i membri della stessa struttura organizzati in maniera diversa. E se è vero che questa cosa non semrpe funziona al meglio, come nel caso dell’azienda americana Medium, è al tempo stesso innegabile che sono comunque tentativi di spostare il baricentro dell’attenzione, degli interessi e della governance (per utilizzare un termine alla moda) sulle singole persone.

Il messaggio che a me pare di poter cogliere da tutti questi movimenti è che le persone torneranno al centro nel mondo del lavoro come lo erano una volta per intensità ma con modalità molto diverse. Rimangono il fattore produttivo (che brutta parola!) determinante. Per esserlo non basta più, ahimè, avere la fortuna di occupare un posto, ma è necessario sviluppare delle competenze. Di questo tema torneremo a parlare presto perché stiamo giusto organizzando in questi giorni un evento di prossima realizzazione dedicato alle competenze che ci serviranno per fare i lavori dle futuro: noi le abbiamo chiamate smart skill e ve le presenteremo con alcuni testimonial d’eccezione. Come si dice in questi casi, stay tuned!

Culturability: spazi di innovazione sociale

Culturability è il bando nazionale lanciato dalla Fondazione Unipolis per sostenere progetti culturali ad alto impatto sociale di rigenerazione e riattivazione di spazi.

Il bando è promosso con la collaborazione della Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane (DG AAP) del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, e la partnership di Avanzi/Make a Cube e Fondazione Fitzcarraldo.

Il punto di partenza è la cultura come leva di sviluppo sostenibile.

Infatti i progetti che risulteranno vincitori non solo saranno sostenibili a livello economico, ma anche capaci di promuovere posti di lavoro.

Il bando sostiene, quindi, progetti innovativi in ambito culturale e creativo ad alto impatto sociale, per recuperare e dare nuova vita a spazi, edifici, ex siti industriali, abbandonati o in fase di transizione.

La rigenerazione e il riuso di spazi a partire dalla cultura e dalla creatività è un tema di rilevante attualità, che, tuttavia, risente ancora di limiti importanti: la difficoltà di coordinamento, di sostenibilità delle iniziative nel lungo periodo e di collaborazione con le istituzioni pubbliche.

L’obiettivo è proprio stimolare una riflessione su questi temi e sviluppare un impegno concreto sul territorio nella promozione e nel sostegno di iniziative culturali che abbiano come scopo la crescita delle comunità, con un metodo all’insegna della collaborazione.

Gli ingredienti richiesti dal bando sono cultura, innovazione e coesione sociale, collaborazione, sostenibilità economica, occupazione giovanile.

Possono partecipare alla call organizzazioni no profit, imprese cooperative e private operanti in campo culturale, team informali e reti di partenariato fra organizzazioni; l’unico limite è il requisito anagrafico: l’organo di gestione o il capofila devono essere composti da UNDER 35.

Fondazione Unipolis mette a disposizione risorse per complessivi 400 mila euro, articolate in contributi di natura economica per lo sviluppo dei progetti selezionati, erogazione di servizi di formazione e accompagnamento per il potenziamento dei team proponenti, rimborsi spese per partecipare alle attività di supporto.

In aggiunta ai 5 progetti beneficiari del contributo di Unipolis, verranno selezionati altri 2 progetti ai quali sarà attribuita una “menzione speciale” e assegnato un contributo di 10 mila euro ciascuno.

Il bando rimane aperto fino al 13 aprile 2017.