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Ikigai: un modo di immaginare il futuro (anche professionale)

Una delle ultime novità del nostro servizio è un piccolo laboratorio che proponiamo nelle scuole superiori a tema “Ikigai” (ed è stato anche al centro di un appuntamento del nostro book club). Che cos’è l’Ikigai? La risposta potrebbe essere molto complessa ma proverò a semplificarla (e quindi a ridurla senza la pretesa di esaurire il tema in poche righe).

E visto che l’intento è semplificare, estremizziamo con una definizione imprecisa ma che serve a limitare il tema: “ikigai” è un concetto  filosofico giapponese che possiamo tradurre in italiano come “ragione di vita” o “ragione di essere”. Pur rimanendo lontani dall’idea originaria, possiamo dire che l’ambito è quello della motivazione ma anche della felicità che guidano le nostre scelte di vita (e per quello che riguarda più da vicino i nostri temi, le scelte professionali e di lavoro).

Questo concetto, ridotto e semplificato, può essere utilizzato anche in ambito di orientamento professionale (il nostro! 😊), suggerendo una modalità di “ricerca della propria strada” che ha come fulcro l’equilibrio personale? E su come trovare un proprio equilibrio è prprio l’Ikigai ad aiutarci.

Sempre nell’ambito della semplificazione, l’Ikigai è l’incontro tra quattro dimensioni (cerchi, come rappresentato anche nella figura in questo post) del nostro animo: il primo cerchio è rappresentato da “ciò che amiamo fare“, tutte quelle attività che ci piace realizzare con uno slancio affettivo potremmo dire incondizionato; il secondo cerchio è rappresentato dalle attività di cui “il mondo ha bisogno“, intendendo con questo dire ciò che ha un’utilità verso gli altri (in senso universale come potrebbe essere per certi lavori di cura, o all’interno di una specifica organizzazione), il terzo cerchio è quello fatto delel attività che portiamo a termine perchè “qualcuno ci paga“, i nostri “doveri” e obblighi verso gli altri (principlamente in ambito lavorativo, fuori dal quale potremmo intenderli anche come impegni che ci siamo presi); il quarto ed ultimo cerchio è quello delle “cose che sappiamo fare bene“, per un talento naturale o perchè ci siamo esercitati e impegnati per ottenere un risultato ottimale. “Ciò che amiamo” e ciò di cui “il mondo ha bisogno” danno vita alla “missione” (nel senso di attività strettamente collegate al nostro desiderio di stare bene ed aiutare gli altri). “Ciò che amiamo” e “ciò che sappiamo fare bene” formano la passione, l’anima delle attività legate strettamente a ciò che ci fa sentire bene. Laddove troviamo la “professione” ci sono “ciò che sappiamo fare bene” unitamente “ciò per cui ci pagano”; infine la “vocazione” è l’intersezione tra le “cose per cui ci pagano” e quelle “di cui il mondo ha bisogno”.

Al centro di tutto questo troviamo l’Ikigai, che, come immaginiamo a questo punto, rappresenta un po’ la sintesi di tutti questi nostri intenti e volontà. Ci sono due notazioni da fare a questo punto (dopo la figura).

La prima riguarda il fatto che anche se l’Ikigai in questa sorta di interpretazione è uno schema ben strutturata e definito, nel suo sviluppo o nella sua applicazione dobbiamo immaginarlo più come una sorta di ricerca continua dell’equilibrio. Trovare il proprio Ikigai non vuol dire essere fermi in una situazione in cui tutte le componenti illustrate ne fanno parte in egual misura: possono esserci fasi della vita in cui siamo più spostati sulle cose che amiamo (e magari meno su quelle per cui ci pagano) e viceversa. L’idea è che, per trovare il nostro benessere (ed essere forse felici) possiamo utilizzare questo schema come una bussola orientativa per ritrovare l’equilibrio tra le varie componenti.

La seconda, forse ancor più importante. È che questa è una delle possibili interpretazioni dell’ikigai e forse nemmeno la più corretta. Come fa notare Valeria Candiani nel suo blog, quello dell’ikigai è un tema più complesso e sul quale sarebbe bello 8e giusto) approfondire con minore semplificazione. Ecco allora per noi, e magari anche per chi dovesse appassionarsi al tema dopo averlo scoperto con questo post, la sfida è quella di approfondire e migliorare la conoscenza dell’ikigai. A me sembra un bell’obbiettivo per il prossimo futuro, no?

Dopo il diploma?

Se la maturità fa paura (forse non più), quello che viene dopo genera confusione, disorientamento, incertezza. Lo abbiamo toccato con mano durante una serie di laboratori progettati all’interno di un percorso PCTO con il Liceo Scientifico “Galilei” di Ancona in cui abbiamo affrontato, con i ragazzi, due aree tematiche: la prima, quella sulle professioni e, soprattutto, sulle aspettative professionali di studenti e studentesse; la seconda sulle opportunità e i percorsi possibili dopo la fatidica maturità.

Nel primo laboratorio abbiamo realizzato un’attività che potesse aiutare a scoprire, oltre la superficie, il mondo delle professioni e come, in futuro, una studentessa o uno studente possano costruire la propria carriera. Per farlo ci siamo ispirati a due libri: “Welcome to the jungle” di L. Zanca Feltrinelli e “Job-Hopper’s Guide to Choosing a Career: Find The Right Job for Your Life—And Lifestyle” di K.Knock, Paperback edizioni (pubblicato solo in lingua inglese). Abbiamo coinvolto i partecipanti in un’attività laboratoriale il cui obiettivo è stato quello di confrontarsi sulle aspettative riversate in una professione ma anche sulle competenze che la stessa richiede.

Nel secondo laboratorio abbiamo invece proposto, anche in maniera un po’ provocatoria, un dibattito sulla possibilità di scegliere, dopo il diploma un percorso universitario, uno lavorativo oppure un anno di riflessione e sviluppo personale (conosciuto, con qualche approssimazione, come anno sabatico). L’intento non era quello di proporre una soluzione, con uno dei tre percorsi, alle istanze, di solito diverse, di studenti e studentesse: è stato utile, invece, far emergere idee, informazioni e talvolta stereotipi sul processo di costruzione del proprio futuro professionale e di vita.

Nelle classi, quello che ho notato ad una prima lettura, è una visione del mondo del lavoro ancora frutto delle nozioni e delle esperienze ascoltate e trasmesse da famiglia e figure adulte a cui ragazze e ragazzi si riferiscono, anche in maniera indiretta (discorsi a cui partecipano, esperienze di cui sono testimoni, consigli di cui sono oggetto). C’è l’idea che il percorso di costruzione del proprio futuro professionale sia piuttosto lineare, in un susseguirsi di cause-effetti all’interno del quale la certezza del risultato è garantita. E sulla parola “certezza”, l’altra considerazione: in tempi di “crisi” su versanti diversi, il bisogno di certezze per il futuro si fa più forte soprattutto nelle nuove generazioni, anche se queste sarebbero quelle con maggiori energie, forze e risorse per affrontare l’instabilità. 

A mio modo di vedere, la conferma che il futuro, professionale o meno, lo costruiamo non tanto sulle risorse che abbiamo oggi, ma sulle prospettive, aspettative e visioni che abbiamo del domani: in parole più povere, per chi è più giovane (e non solo), per affrontare con coraggio e determinazione i passi futuri è più utile la costruzione di una prospettiva di crescita condivisa che un sostegno individuale concreto.



Le buone notizie negli annunci

Per proporre ogni settimana una selezione di annunci che possano essere utili a chi sta cercando (o cercando di cambiare) lavoro usiamo diverse fonti (peraltre indicate a margine delle offerte).

Tra queste c’è anche un social network appositamente dedicato al mondo del lavoro (almeno nelle intenzioni): si tratta, come avrete capito, di Linkedin.

Ormai da tempo anche in Italia Linkedin è una piattaforma utilizzata dalle aziende per svolgere tutta o una parte delle selezioni del personale. Anche le agenzie specializzate lo utilizzano anche perché può essere uno strumento potente per conoscere i candidati (e, per loro, farsi conoscere dalle aziende).

Qualche giorno fa, su segnalazione di una newsletter (che peraltro vi consigliamo, si chiama “Sarò brevi” di Flavia Brevi e la potete trovare qui), su Linkedin è apparso un annuncio di ricerca personale che, per come siamo abituati, è sembrato a molti bizzarro.

L’azienda, oltre a specificare quali fossero le mansioni, i compiti e le competenze richieste, ha inserito anche un paragrafo dedicato alle cose che non cercava e che, anzi, chi si fosse candidat* avrebbe dovuto eliminare dal cv:

  • la foto
  • la data di nascita
  • lo stato coniugale
  • tutti quegli aspetti identitari che non hanno a che fare con la posizione, come la religione o l’orientamento sessuale.

L’annuncio (che al momento in cui scrivo è ancora presente anche se non accetta più candidature,  ma non è detto che lo sia al momento della lettura) era di una realtà italiana, Serenis, che si occupa di offrire servizi di consulenza psicoterapica attraverso una piattaforma on line. Mi son detto: bisogna farlo sapere, perché ci sono buone notizie anche da noi!

Dal mio punto di vista, a parte l’esemplare attenzione che questa azienda ha avuto su temi del genere, è importante che ci siano episodi simili perché “insegnano” e segnano un piccolo passo avanti. I contenuti che vanno tolti dal cv sono quelli che non dovrebbero influenzare la valutazione di chi sceglie un candidato o una candidata, valutando così, com maggiore serenità (e direi anche con più precisione e rispetto) le competenze e le caratteristiche di chi andrà a fare quel lavoro.

Ed è una buona notizia anche per chi, come me, crede che dovremmo, nel nostro contesto lavorativo, fare qualche passo in avanti in questa direzione: non solo per avere diritti più equi ma anche, sono convinto, per guadagnare competitività nell’economia delle imprese italiane. 

 



Come la cucina pò aiutarci in qualsiasi altro lavoro

Inizio questo articolo con una nota di orgoglio. Sono davvero soddisfatto di aver organizzato durante questo anno una serie di iniziative che hanno unito due aspetti della mia vita a cui sono molto affezionato: il lavoro (inteso come mondo del lavoro) e la cucina (una passione che ho coltivato tra corsi di formazione e fornelli di casa). Il percorso Be Smart declinato nella versione “food” ci ha permesso di realizzare prima un evento dedicato alla scoperta delle soft skill di questo mondo e poi un percorso di formazione dedicato alle stesse: è stato, per certi versi, anche un modo per esplorare un modo diverso di fare orientamento professionale.

Il tema, però, non è la mia soddisfazione. Ho notato che ci sono delle simmetrie tra il mondo della cucina e quello del lavoro che riguardano l’universo delle competenze trasversali (soft skill) e un’idea più articolata di che cosa significhi orientarsi e districarsi nel mondo del lavoro: secondo il mio punto di vista, ha molto a che fare con lo sviluppo dell’autonomia, intesa come la capacità e l’atteggiamento mentale di trovare risorse proprie per affrontare problemi e situazioni nuove o, più semplicemente, tracciare un proprio percorso.

Il primo aspetto, che reputo fondamentale, è il fatto che la cucina ti obbliga a mettere insieme mani e cervello (e cuore): è un lavoro fisico, prevalentemente, ma più lontano di altri da meri automatismi e routine (certo, il lavoro in questo settore non è sempre il trionfo della creatività ma è altrettanto vero che sono più frequenti che altrove imprevisti e trucchi per fare i “soliti” lavori in modo diverso). La passione è fondamentale per superare ostacoli, fatiche e delusioni. Credo che sia superfluo, poi, argomentare su come, da certi livelli di specializzazione in poi, la parte intellettiva sia fondamentale per creare non solo piatti gourmet ma anche strategie vincenti.

Un secondo aspetto riguarda più da vicino le hard e le soft skill: la cucina ti insegna a organizzarti, a pianificare, a risolvere problemi e a usare la creatività. La razionalità è necessaria per fare scelte competenti e sagge che riguardano motivi etici (oggi) ed economici (da sempre! Ogni scarto in cucina sono soldi buttati via, meglio limitarli). L’empatia è utile non solo per indovinare il gusto del pubblico, ma anche perché chi cucina entra in maniera quasi intima in contatto con chi mangia e consuma ciò che viene cucinato: il rapporto di fiducia (seppur tutelata con norme e regolamenti del settore) che si instaura è più alto (e a volte inconsapevole) che in altri contesti. Se poi allarghiamo un pochino l’orizzonte ad altri ambienti, rimandando nel food, ci sono altrettante competenze trasversali che si sviluppano in chi sperimenta lavori come il cameriere e il barista ma anche l’accoglienza e e l’assistenza ai clienti nelle strutture ricettive (il background e l’esperienza di uno scrittore e filosofo com Sandro Bonvissuto non sono casuali)

Se togliamo “la cucina” da queste argomentazioni rimangono contenuti che possiamo utilizzare in tanti altri settori e contesti senza che perdano efficacia e importanza. Si tratta di un universo che contribuisce molto a sviluppare ed arricchire quelle che sono definite “charachter skill” in un testo edito da Il Mulino dal titolo “Viaggio nelle character skill. Persone, relazioni, valori” (G. Chiosso, A.M. Poggi, G. Vittadini). Come si legge nella prefazione, le character skill sono disposizioni della personalità, quali l’apertura mentale, la capacità di collaborare, la sicurezza. In un’epoca in cui le trame del personale e del professionale si intrecciano, la cucina è una palestra per scoprire ed esercitare le nostre competenze e le nostre abilità personali.

Tre cose che ho imparato dal volontariato

Nel campo dell’orientamento, da che me ne occupo (o sento parlare), si usa distinguere tra tre tipi diversi di “sapere”: il sapere, il saper fare e il saper essere.

Si tratta di un modo per provare a organizzare e distinguere abilità diverse che ogni persona sviluppa durante il proprio percorso formativo e lavorativo. Il “sapere” è l’insieme delle cose che impariamo a scuola e in altri ambienti (sono le nostre conoscenze). Il “saper fare” è il modo con il quale quelle conoscenze le mettiamo in pratica e siamo in grado di applicarle a contesti e situazioni diverse.

E infine, il “saper essere” è il modo con il quale interagiamo con gli altri, affrontiamo le situazioni, risolviamo i problemi, gestiamo le emozioni… insomma tutto ciò che riguarda quello che in altri contesti potremmo chiamare lo “stile” ed anche il sistema valoriale a cui ispiriamo i nostri comportamenti.

Volendo essere spiccioli (e mi perdoneranno gli orientatori), se per il sapere c’è la scuola e per il saper fare c’è il lavoro, per il saper essere un buon terreno di messa alla prova e di crescita può esserlo il volontariato. Lo dico perchè ho avuto modo di rifletterci dopo aver dedicato una settimana di questo mese proprio a questo: tempo e disponibilità al servizio degli altri e di una giusta causa; un’esperienza che mi è servita sotto molti punti di vista, ma qui vi dirò quelli che secondo me sono i più rilevanti da un punto di vista professionale.

Impegnarsi senza un fine utilitaristico: sono, da sempre, un convinto sostenitore che perché si possa chiamare lavoro, deve essere pagato. Ma il fine del denaro (della carriera, degli obiettivi da raggiungere, ecc.) non sempre rappresenta la modalità migliore per disvelare il nostro massimo potenziale. Tolto quello (l’utile), potremmo accorgerci di avere un potenziale inespresso che si libera solo quando a prendere il comando non è il cervello ma magari anche un po’ il cuore, la passione, la motivazione personale. C’è anche il rischio di sorprendere se stessi!

Costruire relazioni nuove. Se stiamo sempre nello stesso contesto, facilmente incontriamo e ci confrontiamo più o meno con le stesse persone e, altrettanto con frequenza, all’interno dello stesso “setting” di riferimento (un po’ come andare in vacanza sempre nello stesso posto, leggere lo stesso tipo di libri, avere sempre e solo gli stessi amici). Invece qualche volta è utile cambiare orizzonte di riferimento e avere a che fare con persone e situazioni lontanissime da noi: funziona come una ricarica di energia e ci aiuta a tornare in maniera più vivace anche nella inevitabile routine.

Sperimentare l’altruismo. Il mondo e la società che stiamo sperimentando di questi tempi sono decisamente orientati a scelte individuali in cui il prossimo è spesso l’ultima delle nostre preoccupazioni, fino a scomparire del tutto. La tecnologia digitale, a cui non do la colpa, è tutta orientata all’individualismo: i social network li consultiamo da soli, lo smartphone è un oggetto personale, lo shopping e altre attività una volta solo fisiche sono diventate virtuali lasciandoci soli nella fruizione. Questo ed altri stili di vita che mano a mano apprendiamo (o ci adattiamo a far nostri) vanno nella direzione opposta dell’apertura agli altri che è invece fondamentale per imparare a essere, per esempio, più empatici e relazionalmente significativi.

C’è poi una cosa che mi sono ricordato facendo volontariato e che trovo utile condividere con chi legge questo post. Personalmente non riesco a lavorare (nel senso di dare il meglio delle mie competenze) in un contesto (ambiente lavorativo) il cui sistema valoriale è lontano (o, peggio, opposto) dal mio. Il lavoro è una brutta bestia perché da una parte ci permette di “portare a casa la pagnotta” e dall’altra ci richiede tempo ed energie che occupano buona parte della nostra vita: credo che sia auspicabile farlo rimanendo (e sentendosi) belle persone.



L’Informagiovani in due parole: informazione e orientamento

Quando ci chiedono cosa fa l’Informagiovani noi operatori rispondiamo sempre con due parole: informazione e orientamento.

Informazione – beh direte voi – si evince già dal nome; sì è vero diamo informazioni su tante tematiche ma non ci limitiamo a questo.

Cerchiamo infatti di aiutare a scegliere quali tra queste informazioni possono essere utili, ossia  orientiamo verso la strada o percorso più opportuno.

Aiutiamo a capire come muovervi verso il raggiungimento del vostro obiettivo personale e professionale: che si tratti di scegliere un corso di studi, un corso di formazione, un’opportunità lavorativa o ancora un’opportunità di mobilità all’estero o una soluzione abitativa in affitto. E molto altro ancora come potete vedere sul nostro sito.

Come lo facciamo? In maniera del tutto gratuita sia nell’attività quotidiana di sportello sia nelle attività laboratoriali che organizziamo in autonomia o in collaborazione con altre realtà.

Proprio dalla collaborazione tra Informagiovani e Polo 9 sono nati i laboratori di orientamento rivolti alle scuole secondarie di secondo grado di Ancona e provincia che hanno preso il via lo scorso anno e che continuano anche per il 2022, rientranti nel progetto YO – Your Opportunity.

Nel mese di marzo con cadenza settimanale stiamo realizzando infatti 4 laboratori on line rivolti alle classi terze e quinte di alcuni Istituti superiori della provincia di Ancona su tematiche legate al mondo del lavoro: “Il CV e la ricerca attiva del lavoro”, “Il colloquio di lavoro”, “Le competenze per i lavori del futuro” e “Be smart: testimonianze dal mondo lavorativo”.

Questi laboratori che le scuole propongono ai/alle propri/e studenti/esse come attività di PCTO hanno l’obiettivo di preparare i ragazzi e le ragazze ad affrontare il momento dell’uscita dal contesto scolastico e ad affacciarsi sul mondo del lavoro, un mondo con dinamiche e regole molto diverse da quelle che hanno conosciuto finora.

Cerchiamo di far capire ai/alle futur* lavoratori/trici quanto sia importante presentarsi nel modo giusto (regola valida non solo nel contesto lavorativo a dire il vero) con un buon cv, quanto siano importanti le competenze trasversali – avete mai sentito parlare di soft skill? – che, anche se inconsapevolmente, stanno già acquisendo e mettendo in pratica anche nel contesto scolastico e che saranno loro utili in tutti i contesti della vita. Il tutto arricchito da testimonianze provenienti dal mondo del lavoro.

Come sono organizzati questi laboratori? Cerchiamo sempre di mettere al centro delle nostre attività i ragazzi e le ragazze e quindi alterniamo a momenti frontali momenti interattivi dove i/le protagonisti/e siano proprio loro.

Nel corso degli anni abbiamo organizzato anche altri tipi di laboratori rivolti alle scuole; per scoprirli consultate la pagina workshop sul nostro sito.

Ogni anno proponiamo alle scuole i nostri workshop lasciando ai docenti la valutazione di utilizzarli come attività per i/le propri/e studenti/esse ma anche gruppi di ragazz* possono organizzarsi in autonomia per richiederceli. I nostri workshop sono gratuiti e possono essere realizzati sia in presenza (situazione pandemica permettendo) sia on line.

Se sei un* insegnante o un/una ragazzo/a interessat* puoi contattarci per avere maggiori informazioni. Saremo lieti di soddisfare la tua richiesta.

5 consigli per la scelta dell’università

La scelta dell’università è una fase fondamentale della vita, spesso tutt’altro che facile da affrontare. Ecco 5 suggerimenti che speriamo possano aiutare la tua riflessione:

1 – Lascia stare la perfezione
La decisione perfetta non esiste, anche quella ‘giusta’ sarà portatrice di aspetti positivi e negativi. Qualsiasi strada tu decida di intraprendere, probabilmente proverai un po’ di dispiacere per quello a cui rinunci, incontrerai qualche paura o difficoltà. L’essenziale è scegliere con la maggiore consapevolezza possibile, riconoscendo i tanti fattori in causa e mettendo priorità. Cerca di individuare il meglio possibile ad oggi, tenendo conto che, nella peggiore delle ipotesi, il percorso può essere aggiustato in ogni momento.

2 – Fai dialogare testa e cuore
Il piano emotivo è fondamentale (passioni, motivazioni ed aspirazioni), al contempo è importante considerare anche quello razionale, per rendere l’intuizione maggiormente affidabile. Meglio seguire gli interessi personali, anziché le presunte garanzie di trovare lavoro con una certa facoltà. Ma allo stesso tempo è produttivo riflettere su quali delle tue passioni siano maggiormente spendibili e ‘monetizzabili’.

3 – Non lasciarti guidare dalla paura
Prevedere il futuro con sicurezza è impossibile. Quindi fa paura assumersi la responsabilità delle conseguenze di una scelta presa necessariamente nell’incertezza. A questo si possono aggiungere il timore del cambiamento, del giudizio degli altri, ecc. La paura porta a rimandare o fare scelte comode, ma non soddisfacenti. Per crearsi la vita desiderata occorre correre dei rischi: non focalizzarti sull’evitare la paura, ma persegui ciò che vuoi. Quando si esce dall’area protetta e dall’abitudine, si impara, si cresce e si migliora. Un po’ di coraggio e fiducia nell’affrontare l’incertezza possono cambiare la vita.

4 – Informati
Oltre ad un percorso interno di consapevolezza di sé, è utile conoscere l’esterno: l’ampia lista di facoltà, corsi ed indirizzi. Universitaly, il portale del MIUR dedicato all’università, contiene offerta formativa e informazioni utili. Sui siti degli atenei e agli open day è possibile raccogliere notizie sui corsi e sui piani di studio, analizzare gli insegnamenti e conoscere gli sbocchi professionali. Anche lo scambio con amici e conoscenti può essere interessante per raccogliere elementi, a patto di farsi raccontare dati di fatto dell’esperienza e non valutazioni.

5 – Prendi tempo
E’ utile iniziare presto ad occuparsi della questione, per darsi la possibilità di maturare la scelta con calma. Serve tempo per capire quello che si desidera, tempo per raccogliere le informazioni e per analizzare le opzioni, tempo per distrarsi dalla decisione per un po’ e tornarci poi sopra con la mente fresca.

Hai ancora dubbi sulla tua scelta? Passa a trovarci per un colloquio di orientamento!

Tutti dovrebbero fare una scuola di podcast

Un paio di settimane fa è partita l’iniziativa “A scuola di podcast” che offre la possibilità a 30 ragazz* di imparare le conoscenze e le competenze basilari per la realizzazione di un podcast. Siamo solo a metà percorso e abbiamo già la certezza di poter dire che tutti dovrebbero poter fare una scuola di podcast. Perché? I motivi sono diversi.

Un motivo è che abbiamo capito che la tecnica per fare un podcast era solo una scusa: questo percorso sta dando la possibilità a ragazzi e ragazze di potersi confrontare, prima di tutto con se stessi e le proprie capacità, i propri limiti, qualche incertezza e un sacco di sogni, visioni, progetti. Questo è stato un gran regalo che ci siamo fatti, che ognuno di noi si è fatto: sia chi ha partecipato, sia chi ha organizzato. Credo sia importante dare l’opportunità, soprattutto a chi è giovane, di avere uno spazio ed un tempo immaginati proprio per fare questo.

Un motivo è che abbiamo capito che le storie e i percorsi di tutti noi non sono sempre così lineari, precisi, orientati e definiti: ci sono inciampi, incertezze e indecisioni che rendono la nostra vita non un terreno coltivato regolarmente con tutti gli alberelli in fila ben posizionati, ma a volte una selva oscura come quella dantesca e intricata come nei racconti horror. Ma non per questa è meno bella. Anzi.

E infine, un motivo è che abbiamo capito che è importante e bello, qui e adesso, dedicare tempo e spazio ai giovani, ascoltare quello che dicono, osservare quello che fanno, accogliere le loro proposte. Dar loro modo di sperimentare, capire, allenarsi, sbagliare e trovare una propria singolarità.

Un’esperienza come la “nostra” scuola di podcast rappresenta la possibilità di mettersi in gioco senza giudizi e pregiudizi, senza la paura di poter mettere in pericolo qualcosa. Tutti dovrebbero fare una scuola di podcast così, anche per il solo gusto di scoprire un po’ meglio se stessi e, chissà, stupirsi un po’.

Quanto valgo?

Scorrendo tra i post di LinkedIn mi ha colpito uno di Gian Luca Bruno (per essere esatti e corretti anche nell’attribuzione dei meriti). Il post riportava l’immagine di una bottiglietta d’acqua e nel testo Gian Luca spiegava che quella bottiglietta valeva 0,15 cent al supermercato, 1 euro al bar, 2 euro in stazione, per arrivare anche a 3 euro in aeroporto o in altri luoghi in cui era pii “apprezzata”.

La metafora proposta è quella di prendere coscienza che anche noi, possiamo essere simili a quella bottiglietta: se crediamo di meritare o valere più di quello che veniamo pagati (o apprezzati) possiamo sempre prendere in considerazione l’idea che ci possono essere altri luoghi in cui veniamo meglio valorizzati. I luoghi, insomma, possono significativamente incidere sul nostro valore. La metafora dovrebbe farci anche capire che, a volte, vincere la pigrizia e l’abitudine (o la comodità) di stare in alcuni contesti potrebbe darci l’opportunità di maggiori soddisfazioni.

La metafora mi piace molto e per certi versi concordo: soprattutto sulla necessità, in particolare nel nostro contesto nazionale, di “muoverci” maggiormente, anche geograficamente. Troppo spesso facciamo fatica a spostarci in altre regioni o città se non addirittura a pochi chilometri da quella che riteniamo essere la nostra casa “madre”. Una maggiore mobilità, ancor più se fosse in un contesto europeo, ci permetterebbe di avere più chance e anche di guadagnare in competenze e quindi in competitività. In altre parole, di migliorare la nostra condizione professionale e di vita.

C’è un punto sul quale però mi sento di fare un distinguo: il nostro valore non lo definiscono i luoghi o i contesti in cui ci inseriamo.  Quello che i luoghi e i contesti (intesi come sistema di relazioni e opportunità) possono cambiare è il prezzo che al nostro valore (o alle nostre competenze) viene assegnato. L’acqua di quella bottiglietta è sempre la stessa, quindi il suo valore di materia prima essenziale per la vita dell’uomo non cambia. Quello che cambia è la possibilità che qualcuno se ne possa appropriare: questa possibilità ha un prezzo.

Credo che sia importante distinguere, anche per quello che ci riguarda, il nostro valore (e magari poi un giorno parleremo di come determinarlo a prescindere dai contesti in cui viviamo) e il prezzo che gli atri sono disposti a pagare per averci. Qualcuno di noi potrebbe avere un valore molto alto e accettare, nonostante questo, di essere pagato un prezzo basso (per mille e mille motivi); qualcun altro potrebbe avere un valore nella norma e riuscire però a spuntare un prezzo davvero alto (altro tema che sarebbe da affrontare per il benessere delle nostre comunità).

In ogni caso quello che rimane è che, quando cerchiamo un lavoro, una delle cose da chiederci è sicuramente: quanto valgo?

(photocredit: immagine di Steve Johnson on Unsplash)

PS: piccolo (ma nemmeno tanto) disclaimer ecologico: sono per le borracce ecologiche e contro le bottigliette di plastica (davvero, possiamo farle scomparire)

 

Giovane, compra casa!

Lo scorso mese di maggio sono state presentate alcune misure di quello che sarà il programma con il quale risaliremo la china dopo la pandemia (aka PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Tra le altre, c’è anche la previsione di mutui per la casa agevolati per i giovani.

Ora a me piacerebbe avere davvero davanti la platea di chi legge questo articolo per poter chiedere: che ne pensate? E vedere chi plaude alla misura come utile e necessaria e chi, invece, non le riconosce nessuna di queste due caratteristiche.

Scrivo e non ho davanti nessuno e non potrò esserci nemmeno quando qualcuno leggerà, per cui faccio delle supposizioni: i lettori più grandi e maturi plaudono perché finalmente qualcuno si è accorto di quanto sia diventato difficile per i propri figli comprare la casa; chi ha girovagato un po’ per il mondo, non solo per turismo, e ha qualche amico che lavora all’estero si fa qualche domanda; chi è proprio giovane è perplesso, si chiede come, al momento, questa misura possa dare la svolta alla propria vita.

La nostra Repubblica è fondata su molte cose, oltre che sul lavoro come è scritto nella Costituzione. Una di queste cose è la casa. Siamo il Paese con il maggior numero di proprietari di casa in Europa e, quel che però dovrebbe far saltare la pulce all’orecchio, è che ci battono solo i Paesi che sono economicamente meno sviluppati e che presentano un più basso indice di crescita. Insomma, la casa è un àncora, forse anche da un punto di vista macroeconomico.

Ma è un’àncora anche dal punto di vista microeconomico e sociale. Lo spiega bene Eleonora Voltolina (giornalista e fondatrice della Repubblica degli Stagisti) in un suo pezzo e anche in questo breve intervento in una trasmissione televisiva. La casa rischia di essere un’arma a doppio taglio perché “costringe” in qualche maniera i giovani italiani a rimanere qui, mettendoli di fronte a un impegno finanziario di lungo periodo per onorare il quale rischiano di non fare scelte che potrebbero portare a opportunità più interessanti e vantaggiose. Comprare la casa è un impegno grande e di lungo periodo forse divenuto un po’ meno bello, affascinante e costruttivo in un mondo e in una società più liquidi (come avvisava Zygmunt Bauman)

Come dico spesso i giovani in Italia stanno diventando come i panda (sempre più rari) e le persone agè (il france regala sempre quel tocco di eleganza che nasconde una eventuale offesa) si trovano spesso a decidere (o a consigliare) per il loro supposto bene. Lo fece anche mia madre: alla firma del primo contratto a tempo indeterminato il suo pensiero fu subito quello di spingermi a trovare una dimora (fissa e di proprietà, manco a dirlo). A me, allora per motivi diversi, sembrò un’esagerazione. 

Dal mio punto di vista sarebbe più bello se nel PNRR ci fosse una misura per dare ai giovani l’ambizione, la speranza, la fiducia, l’entusiasmo e la forza per immaginarsi liberi di costruire la propria casa (magari senza mutuo e senza mattoni). Alcune scelte, a costo di farle sbagliate, è forse meglio che le faccia chi è interessato direttamente.

Corsi di laurea: numero chiuso o programmato

Qual è la differenza tra corso di laurea a numero chiuso ed accesso programmato nazionale?

Quando scegliete un percorso di laurea universitario vi capita di leggere queste due diciture e magari avere qualche dubbio.

Alcuni studenti del quarto o quinto anno degli istituti superiori contattano gli operatori del servizio Informagiovani per capire meglio di che cosa si tratta e come procedere per iscriversi al corso di laurea di interesse.

Il sistema universitario italiano prevede due cicli di formazione superiore: la laurea triennale (1° ciclo) e la Laurea magistrale (2° ciclo). Esistono, inoltre, le lauree magistrali a ciclo unico di durata di 5 o 6 anni.

Il termine “corso di laurea a numero chiuso” viene utilizzato di solito per indicare quei corsi di laurea per i quali c’è un numero definito di posti disponibili, che però viene stabilito dalla singola università. Nell’autonomia dell’Ateneo rientra la scelta di rendere un corso di laurea a numero chiuso o meno. Questi test d’ingresso sono organizzati dai singoli atenei. Non precludono l’iscrizione al corso di laurea ma permettono di individuare lacune da colmare entro il primo anno di università. In questi anni, seppur dibattuti e con obbiettivi differenti, sono aumentati i corsi di laurea a numero chiuso, con prova selettiva all’ingresso.

Quando si parla di corsi ad “accesso programmato nazionale”, si fa riferimento a corsi di laurea per i quali il numero dei posti disponibili viene stabilito a livello nazionale con un decreto del Ministero dell’Istruzione, che stabilisce la data del test, il numero di domande e la modalità.

I corsi di laurea ad accesso programmato sono: Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria in lingua italiana, Medicina e chirurgia in lingua inglese, Medicina e veterinaria, Architettura, Professioni Sanitarie.

Nel sito del Ministero è disponibile l’elenco delle date delle prove nazionali di ammissione 2020/2021 e potete consultarlo al seguente link.

Inoltre sono disponibili tutte le prove degli anni precedenti in modo tale da poter consultare le modalità ed i contenuti delle prove.

Nei siti dei singoli atenei viene pubblicato ogni anno il bando per l’accesso a questo tipologia di corsi di laurea. A seguire la pagina dove è possibile consultare tutti i bandi per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato previsti dall’Università Politecnica delle Marche per l’anno 2020/2021.

Per maggiori informazioni o aggiornamenti in itinere sulle modalità di accesso ai corsi di laurea promossi dai vari atenei (privati e pubblici), potete contattarci per una ricerca ad hoc approfondita.

Università: sì o no? Orientamento

Gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori  sono concentrati fino a giugno per la preparazione dell’esame di maturità e non solo. Infatti con i professori programmano e partecipano agli open day di orientamento promossi dalle singole università.

Alcuni hanno le idee chiare da tempo, altri sono indecisi tra due o più percorsi universitari, altri non sanno se continuare a studiare o meno.

Scegliere che cosa si vuole fare da grandi, orientarsi dopo il diploma e prendere decisioni consapevoli sul proprio futuro non è di certo un passo facile, una scelta da prendere a cuor leggero.

Alcuni percorsi di studio che gli studenti possono scegliere hanno già una forte vocazione professionale e presuppongono quindi una chiara idea sul tipo di lavoro che si vuole svolgere in futuro.

Ancor prima di reperire informazioni dall’esterno consigliamo agli studenti di riflettere sulle proprie  attitudini e interessi personali. Per individuare il settore verso cui indirizzare la propria formazione è fondamentale esaminare le proprie capacità, capire che cosa si adatta di più alle caratteristiche personali. Inoltre è importante tenere valutare quanta voglia di studiare si ha, perchè intraprendere un percorso universitario significa investire almeno altri tre anni in studio.

Tra i fattori da chiarire mettiamo la visione del lavoro, l’importanza assegnata alla realizzazione professionale, al tempo libero, al guadagno economico.

Per svolgere questa autoanalisi potete svolgere uno dei tanti test attitudinali e di autovalutazione on line a disposizione ma questi non potranno che essere lo spunto, il punto di partenza per sviluppare una riflessione sui valori fondamentali della vostra vita futura.

Dopo aver attuato questo primo step interiore e personale, se intendete proseguire gli studi, dovete scegliere il corso di laurea più adatto districandovi tra le tante offerte didattiche.

A questo punto è essenziale reperire quante più informazioni provenienti da fonte certa, ad esempio partendo dal sito Universitaly del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca dedicato ad accompagnare gli studenti nel percorso di studi.

Non vi affidate alle chiacchiere o al sentito dire, ma reperite informazioni sulle materie, sull’organizzazione del corso di laurea, sul piano di studi, sugli sbocchi professionali. Un grande supporto arriva dai siti delle singole università dove è presente l’ufficio orientamento dedicato alle future matricole.

A tal proposito ogni anno sono tante le attività di orientamento rivolte ai futuri diplomati, in cui potrete incontrare anche noi operatori del Servizio Informagiovani.

Le opportunità non mancano, a voi la volontà di coglierle!

Master: le differenti tipologie

Una volta conseguita la laurea gli studenti sono di nuovo di fronte ad una scelta per individuare la strada giusta per il proprio futuro.

Alcuni decidono di entrare nel mondo del lavoro, altri scelgono di continuare gli studi all’estero o in Italia. Una buona parte di laureati continuano gli studi iscrivendosi ad un corso di laurea magistrale, altri valutano l’iscrizione ad un master o ad un corso di perfezionamento. In tal caso la scelta è dettata dalla volontà di acquisire competenze più specifiche e settoriali di quante non siano già state fornite nel corso di laurea, dando la priorità alle attitudini maturate nel corso degli anni e che potrebbero essere decisive nella futura carriera professionale.

Infatti un master è un percorso di perfezionamento che arricchisce la formazione universitaria e non solo e rappresenta un ideale accesso al mondo del lavoro.

Per scegliere un master è fondamentale analizzare le proprie attitudini, conoscenze, competenze, capire i punti di forza e di debolezza in cui voler investire, confrontarsi con le figure professionali incontrate durante il percorso di studi, tenere conto dell’evoluzione del mercato del lavoro e raccogliere quante più informazioni possibili sull’ente promotore, sul piano di studio, sui docenti del master e sui potenziali contatti con le realtà lavorative per lo stage.

Esistono diverse forme e tipi di master: universitari e non, master executive, master post experience, post-laurea delle Business School; master full time, part time, formula week end o master a distanza.

master universitari sono soggetti a disposizioni di legge e sono parte integrante del sistema universitario. Sono suddivisi in due precise tipologie: i master di primo e di secondo livello. Ai primi si accede dopo un corso di laurea triennale ed hanno un approccio multidisciplinare. Mentre per accedere ai master di secondo livello bisogna possedere una laurea specialistica e sono indirizzati a fornire una massima specializzazione.

Entrambi i tipi di master prevedono un periodo di stage obbligatorio. Hanno una durata di almeno un anno e attribuisco almeno 60 crediti formativi universitari. Il titolo conseguito è un titolo post laurea di perfezionamento come riportato anche nel link del Ministero Università e Ricerca. Chi avesse una laurea quadriennali, conseguite prima della riforma, può accedere ad entrambe le tipologie di master universitari.

master non universitari sono organizzati da enti formativi privati, che ne definiscono autonomamente le caratteristiche presupponendo il possesso di una solida preparazione di base. Sono rivolti a laureati o laureandi sia della triennale sia della specialistica.

I master post-experience ed i master executive sono dedicati in modo particolare a chi già lavora ed ha la necessità di affinare e rendere più fruibili competenze già acquisite.

Al fine di sostenere la formazione post laurea la Regione Marche eroga voucher per l’iscrizione a master universitari e corsi di perfezionamento post laurea destinati a giovani disoccupati, inoccupati residenti da almeno 6 mesi in Regione, in possesso di una laurea con età inferiore a 36 anni.

Il contributo concorre alla copertura delle spese sostenute per l’iscrizione al Master come dettagliato nel bando che linkiamo. La domanda va presentata on line, non vengono formulate graduatorie ma sono ammesse a finanziamento le domande che ottengono un punteggio di almeno 60/100, valutate in ordine di arrivo. Tale voucher può essere richiesto fino ad esaurimento fondi e comunque non oltre il 31 dicembre 2020.

Gli studenti interessati a valutare i master dei quattro atenei presenti in Regione possono reperire informazioni e aggiornamenti qui: Università Politecnica delle Marche,  Università di Macerata, Università di Camerino, Università di Urbino

Oggi un master è quasi un must visto che il mercato del lavoro è sempre più competitivo, non sono sufficienti professionalità acquisite solo attraverso l’apprendimento delle conoscenze specifiche, è fondamentale il periodo di stage che può concretizzarsi in una possibilità in più per entrare nell’organico dell’azienda ospitante.

 

Diplomati agli Open day universitari

Conclusi gli esami di maturità i neodiplomati avranno un’estate più o meno di relax, in base alle decisioni prese per il proprio futuro professionale.

Alcuni studenti continuano gli studi iscrivendosi ad un percorso di laurea, molti decidono prima di concludere le scuole superiori, altri attendono per effettuare o perfezionare la scelta.

Chi ha deciso di iscriversi ad un corso di laurea a numero chiuso, dopo una breve pausa, deve necessariamente riprendere gli studi per prepararsi ad affrontare il test di ingresso, le cui date sono stabilite a livello nazionale e disponibili nel sito del Miur.

Alcuni gruppi di studenti diplomandi o diplomati, guidati da tutor delle associazioni studentesche universitarie, hanno approfittato della sala conferenze dell’Informagiovani per prepararsi insieme ad affrontare i test d’ingresso. Chiunque voglia può utilizzare la sala gratuitamente, chiediamo di comunicare il giorno e il numero di persone presenti per organizzare al meglio gli spazi e non sovrapporre le iniziative.

Chi ha scelto di iscriversi ad un percorso di laurea non a numero chiuso, spesso pensa prima alla vacanza estiva, rimandando a dopo ferragosto le incombenze per l’immatricolazione. Suggeriamo comunque di tenere sotto controllo i siti delle università visto che nei mesi estivi escono i bandi per le borse studio, le comunicazioni relative alla possibilità di sostenere, per chi non lo avesse già fatto, il test di conoscenze, obbligatorio per tutti i corsi di laurea ma non vincolante ai fini dell’iscrizione.

Veniamo infine a chi si trova in alto mare con la scelta universitaria, nulla è perduto! Basta informarsi ed approfittare degli open day promossi dalle singole università organizzati anche nei mesi estivi. Sono occasioni da sfruttare per scegliere e reperire quante più informazioni possibili sul percorso di studi futuro.

Ad esempio l’Università Politecnica delle Marche organizza appuntamenti in cui viene presentata l’offerta formativa dell’Ateneo e le modalità di partecipazione al test di verifica delle conoscenze. La partecipazione agli open day (quest’anno on line) è gratuita, ma è richiesta la registrazione partendo dal sito dedicato all’orientamento.

L’Università di Camerino propone gli open day denominati “Studente universitario per un giorno”.

A Macerata l’Università programma vari eventi per far conoscere l’offerta formativa, incontrando docenti e tutor dei vari corsi di laurea. Le proposte sono consultabili on line alla pagina orientamento.

Infine l’Università di Urbino propone eventi e open day on line per la presentazione dell’offerta formativa e le novità.

Per conoscere gli open days delle università, fuori dalla regione Marche, potete contattarci via mail o venire a trovarci all’Infomagiovani dove, con piacere, i nostri operatori saranno in grado di orientarvi per la futura scelta.

Yo! Una rete per i giovani

Anche l’Informagiovani è un partner del progetto YO YO– your opportunity finanziato dalla Fondazione Cariverona attraverso il bando “Giovani Protagonisti” e all’interno del quale realizzeremo molte attività sotto il segno di Be Smart, le nostre attività dedicate alle competenze trasversali.

Il progetto è rivolto ai giovani dai 16 ai 30 anni della Provincia di Ancona: l’obiettivo è quello di colmare la distanza tra istruzione e mondo del lavoro aiutando i giovani a orientarsi, formarsi e inserirsi nel tessuto lavorativo e sociale del nostro territorio con un percorso gratuito di orientamento e mentoring.  Con YO nasce un nuovo patto territoriale tra giovani, scuola, imprese: l’approccio adottato sarà di “open innovation” in un momento così complesso in cui c’è bisogno di una ripartenza comune, nella condivisione e co-produzione di risorse economiche e sociali.  “Il progetto Yo- come sottolinea l’assessore alle Politiche giovanili, Cultura e Turismo, Paolo Marasca- ha una forza innovativa straordinaria, alimentata dal coinvolgimento diretto delle giovani generazioni.   Genera sul territorio una rete che sino ad ora era sempre stata in potenza. Il Comune di Ancona è attivo con più strumenti: Informagiovani, la Mole, Kum.  Crediamo immensamente in Yo, è un passo avanti decisivo per il territorio.  Daremo senso di possibilità e strumenti ai ragazzi, e loro daranno altrettanto a noi. In un periodo come questo,avviare un progetto così importante è un grande segnale. “

Il progetto avrà una durata di tre anni e vede il coinvolgimento di un’ampia rete con oltre 30 enti tra pubblico e privato: i partner promotori del progetto (Comune di Ancona, CSV-Centro Servizi per il Volontariato, Informagiovani, Associazione Con…tatto, Cooss Marche, SS. Annunziata, Free woman, Opere Caritative Francescane, Tenda d’Abramo, Fondo Mole) istituti scolastici (poliarte, iis volterra-elia, iis podesti-calzecchi-onesti, IIS Vanvitelli-Stracca-Angelini, IIS Einstein-Nebbia), il sostegno sul territorio (Fondazione Cluster, h3-coworking, Legacoop Marche, Confcooperative Marche, Centro Papa Giovanni XXIII, Agorà, IAL Marche srl, Cescot, L.A.B., Generazioni Legacoop), alcune aziende (Lavoriamo insieme, Luna Bona, The Begins srl, Arredamenti Ancona, By Automa, Autoscuola Cantiani, Palm snc, Cus Ancona, Fondazione Marche Cultura), fornitori (Warehouse Coworking factory, Tech4care, Agenzia Res). 

Chi vuole può partecipare già da subito a YO offrendo il proprio contributo: compilando il sondaggio che ci aiuterà a scoprire esperienze e aspettative su orientamento, formazione, volontariato, lavoro (clicca qui per compilarlo!)

Come fare le tue scelte e gestire i genitori

Quando arriva il momento di fare una scelta, per esempio quella della scuola superiore o dell’università (o quella di non fare l’università!) dovete vedervela anche con loro: e allora, come fare?
Come convincere i tuoi genitori della validità della tua scelta, e avere buoni argomenti per rispondere alle loro ansie? Non è facile, ma è possibile!

Se hai una idea abbastanza precisa su quello che vuoi fare, ma sai che i tuoi hanno convinzioni diverse riguardo al tuo futuro, di solito provi un senso di frustrazione e ti convinci che non ti vorranno appoggiare.

Prima di avviare con loro una discussione (nel migliore dei casi) su questo argomento, rifletti su quali sono le loro preoccupazioni, e cerca di comprenderle a fondo per poter elaborare delle risposte soddisfacenti e delle alternative da proporre.

Tra le domande più comuni che i genitori di solito si fanno ci sono queste:

  • la strada che hai scelto ti permetterà di raggiungere la stabilità economica?
  • la tua scelta ti porterà ad essere felice? (nel caso di genitori illuminati)
  • la tua scelta ti farà avere il tipo di lavoro che loro si immaginano per te? (magari non tutti saranno disposti ad ammettere che hanno dei piani su di voi, ma comunque tieni conto anche di questo)
  • potrai cambiare percorso più avanti, se ne avrai desiderio o necessità?
  • hai raccolto abbastanza informazioni per fare quella scelta?
  • la tua scelta sarà economicamente sostenibile? (questo aspetto li riguarda da vicino e da subito)

Come fare a rassicurarli e ad avere il loro supporto?
Comincia con raccogliere informazioni a sostegno della tua scelta: dimostra che ti sei adeguatamente informato/a sul percorso che stai per fare e sulle possibili opportunità professionali che avrai di conseguenza. Salva i link delle pagine che hai consultato per condividerle e discuterle con loro.

In generale si sentiranno più tranquilli se vedranno che hai valutato i possibili sbocchi occupazionali del percorso scelto, e se saprai spiegare perché per te sono soddisfacenti. Questo vale sia nel caso della scelta della scuola secondaria che universitaria, ma anche nel caso tu abbia in mente di frequentare un corso professionalizzante o di fare un apprendistato. Sul sito dell’Inapp trovi la descrizione di moltissime professioni, delle capacità e conoscenze necessarie per svolgerle e altre informazioni utili: non è agile e intuitivo come la tua app preferita, ma ci troverai molte risposte.

Fai un calcolo approssimativo, ma più possibile accurato, dell’appoggio finanziario di cui avrai bisogno, e delle spese che dovrai sostenere: iscrizioni, tasse, trasporti, e così via. Ricorda che nel caso di iscrizione all’università, possono esserci delle borse di studio e delle agevolazioni finanziarie per studenti meritevoli o economicamente svantaggiati.

Più difficile sarà, nel caso tu abbia deciso di andare a lavorare, fare una stima effettiva delle risorse di cui potrai disporre. Per cercare di capire quanto guadagnerai informati sulla paga che potresti ricevere, parlando con altri che fanno il lavoro che hai scelto, e dando un’occhiata qui.

Scegli il momento giusto per cominciare una discussione sull’argomento, perché l’esito della tua missione 🙂 può essere pesantemente influenzato da questo fattore. Se vedi che è il momento sbagliato, perché non avete sufficiente tempo da dedicare alla questione, o siete già tesi e arrabbiati, concorda con loro sul fatto di doverne parlare e organizza un momento in cui sarete tutti nella condizione migliore di farlo. Proponi un giorno o un momento specifico nell’immediato futuro, così no darai l’impressione di voler semplicemente sfuggire alla domanda.
Un simile approccio alla questione potrebbe già far capire che state prendendo la questione sul serio e che siete abbastanza maturi da poter cominciare a prendere da soli anche e decisioni più importanti.

Se ti stai chiedendo dove trovare un aiuto, oltre ai link che abbiamo indicato naturalmente puoi passare da noi! Con o senza i tuoi genitori puoi venire a chiedere supporto per le tue ricerche, per trovare risposte ad alcuni tuoi dubbi (no, non abbiamo tutte le risposte, ma a molte delle domande che ci si fa in questi casi sapremo rispondere) o semplicemente per un confronto sull’argomento. A volte parlare dei propri progetti o dei propri dubbi con qualcun’altro può aiutare a chiarirci le idee su cosa vogliamo fare, e perché.

Ora che hai letto questa breve guida, e che le iscrizioni per le scuola secondarie sono aperte, non possiamo che augurarti buona scelta e buona fortuna!

Come fare una bella figura a un colloquio

Se hai superato i 18 (20?.. 25?…) anni probabilmente ti sarà già capitato di dovere affrontare un colloquio di lavoro. Definiamo, per precisione e per sgomberare il campo da falsi miti, che cos’è un colloquio di lavoro: siamo di fronte a un colloquio di lavoro quando ci confrontiamo, verbalmente, con qualcuno che poi dovrà scegliere se assumerci o meno. Vorrei porre alla vostra attenzione le parole “confrontiamo” e “verbalmente”: la cosa presuppone infatti, essendo un confronto, che entrambe le parti possano dire cose giuste e sciocchezze. E che, anche nella peggiore delle ipotesi, non si farà ricorso alla forza fisica e alle mani.

Nonostante questo tutti noi sappiamo che il colloquio di lavoro è uno di quelle prove della vita che fanno salire l’ansia: tipo quella mentre si aspetta l’esito di un esame, di sapere se si è tra la lista degli interrogati a scuola, di capire se la paletta della polizia alzata è per noi o per l’auto che ci precede. Pensateci: in tutti questi casi, spesso, l’ansia arriva anche se in realtà non abbiamo fatto nulla di male (se lo abbiamo fatto ci meritiamo l’ansia e anche la punizione, la multa, il voto basso). Come fare per superare l’ansia? Eliminarla credo che sia una possibilità abbastanza remota, mentre gestirla, controllarla e diminuirla è già più alla portata di tutti.

Preparati! Lo si può leggere con entrambi gli accenti (esortativo singolare o descrittivo plurale), la sostanza non cambia. Per gestire al meglio un colloquio di lavoro (e l’ansia ad esso connessa) una delle cose fondamentali è prepararsi per bene: redigere un buon cv (se sei a zero su questo puoi partire da qui), studiare le caratteristiche del posto (azienda) in cui vorresti andare a lavorare, cercare dei particolari su cui puoi far leva che riguardano le tue competenze o le specialità dell’azienda (mi ricordo una volta ho fatto una gran figura “rubando” una frase letta sul calendario aziendale appeso nella stanza in cui mi avevano lasciato a “cuocere” prima del colloquio). Oggetto del colloquio sarai tu: scopriti al meglio!

Scegli le parole. Quanta gente non sa parlare in maniera adeguata al contesto! Le parole che usi al bar con gli amici (“figo!”, “che storia!”, “tranquillo” per fare qualche esempio) non sono le più adatte in un contesto professionale come un colloquio di lavoro (perlomeno all’inizio quando nessuno ti conosce). Evita l’eccessiva confidenzialità e le frasi fatte (se vuoi un riferimento, praticamente tutte le cose che dicono i politici nelle interviste brevi). Utilizza la sincerità, ma scegli parole che la sappiano raccontare in maniera gradevole (non sarai mai testardo/a, ma determinato/a; mai pigro/a, ma bilanciato/a tra vita e lavoro; mai ignorante ma sempre ponto/a scoprire cose nuove; che tra l’altro è anche un evergreen che non fa mail male). evita di dire che sei un leader, carismatico, trascinatore: sono cose che si dimostrano a fatti e non a parole (spesso chi lo dice poi non lo è).

Vestiti comodamente. Uno degli errori più sottovalutati è quello legato alla scelta di abiti, accessori, trucco e parrucco con cui presentarsi a un colloquio di lavoro. Sei un giovane uomo che non ha mai messo la cravatta? Perché scegli proprio questa occasione per farlo la prima volta? Lo sai che sembrerai una specie di rigido Frankenstein? Potrei dare lo stesso consiglio, di evitare, per il tacco 12 se sei una ragazza. Gli abiti che indossiamo condizionano il nostro linguaggio non verbale: tutta quella serie di piccoli gesti, a volte inconsapevoli, che raccontano di noi anche quello che non vorremmo. Se ti vesti in maniera sgraziata (o che ti fa sembrare tale) poi sarà inutile cercare di evitare a tutti i costi di incrociare le braccia sul petto per non trasmettere senso di chiusura (a proposito: sta cosa è vera fino a un certo punto). Non paga nemmeno l’eccessiva confidenza con il vestiario: non avrai davvero pensato che per un colloquio in piena estate l’infradito tutto sommato può andare bene vero?

Tutto questo non ti garantirà una bella figura a un colloquio di lavoro. Ma sicuramente ti metterà al riparo da straordinarie figure di m… Il successo poi arriverà con una serie di prove (ti auguro non troppe) in cui imparerai molto di più che da questo post. In bocca al lupo!