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Giovani cacciatori di bufale

Sempre più spesso sentiamo parlare di bufale e di fake news, termini usati indistintamente per indicare una notizia non vera.

Secondo il Vocabolario della Crusca il termine “bufala” deriva dall’espressione “menare per il naso come una bufala”, ovvero portare a spasso l’interlocutore trascinandolo come si fa con i buoi e i bufali per l’anello attaccato al naso.

Fake news, in inglese, significa notizia falsa, non una semplice burla ma proprio contenuti fuorvianti, infondati; vengono studiate allo scopo di agire sull’opinione pubblica.

Le fake news sono sempre esistite ma con l’avvento di internet e dei social network è decisamente più facile farle circolare.

Diverse possono essere le motivazioni che spingono a diffondere notizie false.

Man mano che le persone cliccano, ogni clic genera traffico nel sito che ospita la notizia falsa e il traffico di un sito può essere monetizzato. Molti clic  equivalgono a molte visualizzazioni e quindi un bene per gli sponsor che decidono di investire in pubblicità in quel sito.

Altre motivazioni potrebbero essere più pericolose e subdole: diffondere notizie parziali e senza fondamento può pilotare l’opinione pubblica su questioni delicate, di carattere sociale o politico.

Altre volte ancora invece il sistema delle fake news ha lo scopo di realizzare veri e propri attacchi personali.

Quanti di noi sono caduti nelle trappole delle bufale on line? Io credo tanti.

E se è vero che, come diceva Cicerone, esperentia (storia) magistra vitae, dagli errori precedenti impariamo, e quindi abbiamo certo imparato che esistono dei siti che aiutano a fare chiarezza sulle fake news.

Chi non ha mai sentito parlare di Bufale.net? Un portale che mette in evidenza le principali notizie false che girano in internet, nei social network e nelle app di messaggistica istantanea come Whatsapp. Ma ce ne sono anche altri. Per i più curiosi, consiglio di leggere questo articolo di Wired.

Dal momento che le fake news vengono veicolate ormai prevalentemente via internet e via social e visto che i più digitali sono i giovani, perché non insegnare loro come difendersi da tali “minacce”?

Va in questo senso il progetto YouthMythBustyers, finanziato dall’UE , di rafforzamento delle capacità dei giovani leader, che mira a promuovere l’impegno dei giovani e delle persone a rischio di esclusione sociale (NEET) per migliorare il loro pensiero critico e l’alfabetizzazione mediatica.

Il progetto parte dal presupposto reale che la stragrande maggioranza dei giovani di età compresa tra 16 e 29 anni usi giornalmente internet e i social ma pochissimi abbiano le competenze adeguate e ancora di meno dimostrino un pensiero critico durante la ricerca di informazioni on line.

A questo scopo organizza un corso di formazione on line gratuito su Fake News e Hate Speech rivolto ai giovani tra i 15 e i 25 anni sui temi di: alfabetizzazione digitale e la sua importanza, partecipazione attiva digitale e inclusione sociale, pensiero critico: Fake News e Hate Speech.

Il corso, che partirà a settembre 2020, sarà articolato in 7 moduli formativi alla fine dei quali, sotto la guida di formatori, potrete partecipare a delle esercitazioni pratiche per mettere alla prova le vostre capacità di “Cacciatore di Bufale”.

Il lavoro più creativo verrà premiato con un’esperienza presso una rivista online di fact checking.

Per partecipare è necessario compilare la domanda di iscrizione attraverso il form online dedicato entro venerdì 31 luglio 2020.

Questione di opinioni

La tecnologia in generale e quella digitale in particolare ha un difetto (tra gli altri potrebbe dire qualcuno) che è anche un handicap per il suo sviluppo ulteriore (non è mai abbastanza!). Il difetto è questo: essere, tendenzialmente, ripetitiva e ciclica. Mi spiego meglio: le macchine apprendono attraverso un processo matematico, estremamente e rigidamente logico. Uno o zero, positivo o negativo, vero o falso, bianco o nero. E con questo principio poi apprendono tutto il resto (in maniera vertiginosamente veloce).

La questione è che non sempre, per noi umani, una sequenza vero/falso è “educativa”. Per intenderci non è detto che, per esempio, quando sbagliamo, vogliamo la volta successiva cambiare comportamento e viceversa. Faccio un esempio che aiuta anche a capire dove voglio arrivare. Se oggi compro un libro giallo non è detto che vorrò leggere libri gialli per il resto della mia vita solo perché il primo che ho letto mi è piaciuto. Potrei voler cambiare per una serie di motivi (o anche solo uno) che non dipendono dalla verifica logica della precedente esperienza. Anche voi adesso, come me, state pensando a quello che accade con i logaritmi di Amazon? 🙂

Ma la questione è valida anche quando navighiamo senza acquistare nulla, ma semplicemente stiamo leggendo i post sui social network o “googoliamo” alla ricerca di qualcosa che ci interessa. Dall’altra parte una macchina analizza il nostro comportamento cercando poi di prevedere o suggerirci il futuro. Se da una parte questo ci aiuta a trovare più facilmente quello che cerchiamo ed essere vicini agli “amici” che maggiormente apprezziamo, dall’altra limita un po’ troppo il nostro orizzonte. Questa costrizione è stata chiamata bolla: viviamo, cioè, all’interno di un contesto limitato dai logaritmi che studiano il nostro comportamento e che ci costringono sostanzialmente a trovare sempre e soltanto conferma alle nostre opinioni, a rafforzare le nostre convinzioni, inasprire i nostri pregiudizi.

Voi direte che, però, su Facebook è molto presente la polemica, la discussione aspra ed anche il forte contrasto; che, insomma, quella è una specie di piazza in cui ognuno può dire quello che vuole. In realtà però anche il contrasto di opinioni, se mal post, ci fa rimanere nella stessa bolla. “Studi psicologici hanno dimostrato che le persone manifestano un “pregiudizio di conferma”: significa che se hanno un’opinione su una certa tematica, questa loro convinzione sarà rafforzata dalle argomentazioni faziose provenienti da entrambe le parti del dibattitoscrive Tyler Cowen in un interessante articolo riportato da Il Post.

Come facciamo ad uscire da questa bolla? Nello stesso articolo Tyler propone una soluzione: “Bryan Caplan della George Mason University ha elaborato quello che chiama “il test di Turing ideologico”. Il test di Turing originale serve a verificare se le risposte date da un computer sono indistinguibili da quelle di un essere umano. L’obiettivo di un test di Turing ideologico è vedere se siete in grado di scrivere l’argomentazione di un sostenitore di Trump o Clinton, o comunque di un punto di vista contrario al vostro, in un modo che risulti indistinguibile da quello dei loro veri sostenitori.” E voi, sareste in grado si sostenere una posizione a voi contrario per mettere alla prova la vostra capacità critica?

Notizie fresche di bufala

bufaleSiamo i primi ad utilizzare internet per recuperare informazioni, notizie ed argomenti che poi riproponiamo o cerchiamo di rendere “fruibili” in maniera differenziata (e speriamo più ampia). Google, i social media, i blog e l’intero universo del web fatto dagli utenti generano una quantità di contenuti potenzialmente infinita. Il bello è che in questo modo abbiamo la possibilità di informarci su tutto e di farlo in maniera veloce ed immediata, senza confini, con la possibilità di scoprire cose nuove di cui non conoscevamo magari l’esistenza. L’aspetto meno confortante invece è che questo insieme di informazioni così vasto rischia di disorientarci, di farci perdere l’obiettivo principale delle nostre ricerche. E qualche volta anche di non trovare quello che cerchiamo. L’esempio che facciamo sempre è questo: provate a mettere su Google le parole “offerte lavoro Ancona”. Nel momento in cui scriviamo il motore di ricerca restituisce 822mila risultati: tanti, forse troppi per trovare quello che ci interessa veramente.

L’eccesso di informazioni porta con sé anche un altro rischio: quello di non riuscire a distinguere le informazioni “buone” da quelle che non lo sono, quelle utili da quelle poco interessanti. Questo accade per due motivi. Il primo è legato alla soggettività: non è detto ad esempio, che un’informazione utile per qualcuno possa essere considerata “spazzatura” da qualcun altro. Guardare video virali e divertenti potrebbe essere perfettamente inutile per molti di noi, mentre potrebbe essere fondamentale per chi si trovasse a doverne realizzare uno per pubblicità. L’informazione non è mai completamente oggettiva ed ha i suoi target di interesse.

C’è poi però un secondo motivo oggettivo: nel web gira un sacco di “mondezza”. Ci sono notizie, informazioni e documenti che sono più o meno palesemente falsi. Capita ormai con una certa frequenza di trovare notizie all’apparenza “intriganti” ma che sono bufale: raccontano delle cose che non corrispondono a verità. Il caso eclatante di questi giorni è quello di un rappresentante delle istituzioni che pensa di scusarsi per una gaffe indecorosa dicendo di aver letto la notizia su internet. Chiaramente la maggior parte delle persone ha pensato che il tipo in questione sia dotato di poca intelligenza (e noi non abbiamo elementi per dimostrare il contrario). Però, a parte la polemica sul caso, quante volte anche noi rischiamo di fare la figura degli imbecilli? Anche con cose di una certa serietà. Ad esempio su web circola in maniera convulsa la notizia che “Poste italiane assume!”: ciclicamente questo annuncio compare su siti web e post sui social media. Ma la verità è che se pensate di diventare postini, con un lavoro sicuro e vicino a casa rimarrete davvero delusi (nelle Marche al momento per esempio le Poste non cercano nessuno). Tra l’altro vi avvertiamo che la stessa cosa sta accadendo con Coop, il noto brand della distribuzione alimentare (ed anche in questo caso, ahinoi, si tratta di una bufala; perlomeno al momento).

Un servizio come l’Informagiovani dovrebbe aiutarvi anche in questo, nel cercare di capire se quello che si trova in giro e che ci può interessare è qualcosa di vero o di falso. E non sempre è così facile fare questa distinzione, perché i casi non sempre sono così evidenti come quelli che abbiamo citato qui sopra. Però oggi apprendiamo che anche Facebook (piattaforma nella quale certe false notizie possono circolare in maniera esponenziale ed incontrollata) ha deciso di porre rimedio in qualche modo alla cosa: “Per ridurre la circolazione di questi post, abbiamo fatto in modo che il flusso tenga conto di quanta gente segnali un dato post come “bufala” e di quanti utenti lo cancellino, dopo averlo pubblicato. Questo significa che un post segnalato da molte persone come una “bufala” – o che molte persone hanno cancellato – subirà una riduzione della sua circolazione sulle sezioni Notizie degli utenti“. Però tutti noi abbiamo un’arma in più rispetto a Facebook: la nostra capacità critica e la nostra abilità di verificare le notizie dovrebbero riuscire a metterci al riparo dalla maggior parte delle false notizie. E poi, possiamo sempre fare confronti, verifiche e cercare informazioni affidabili insieme: basta che passate a trovarci