Cari giovani, vi aiutiamo o no?

In questi giorni stiamo lavorando a un progetto che, se tutto andrà bene, servirà a fare delle belle cose in questa città per i giovani, interessando ambiti e contesti diversi. L’obiettivo del progetto è quello di poter creare, nella città di Ancona, attività, servizi e occasioni che aiutino i giovani. Ecco, su questa parola, “aiuto”, ho avuto modo di confrontarmi con un’altra persona, che stimo, “addetta ai lavori” (che poi, i lavori in questo caso, sarebbero le persone più giovani). La questione è: cari giovani, vi aiutiamo o no?

Il confronto è nato dal fatto che secondo l’opinione dell’altra persona i ragazzi e le ragazze hanno bisogno comunque e sempre di una qualche forma di accompagnamento e stimolo alla scoperta di quelle che per loro sono, oggettivamente delle novità (il primo lavoro, la prima esperienza all’estero, la scelta di una carriera professionale o più in generale la direzione da prendere nella vita). Per intenderci: non è che stiamo parlando di un tutor (o una badante) fisicamente sempre presente. Piuttosto di una serie di soggetti, preparati e facilmente reperibili, che diano informazioni, consigli, suggerimenti, idee, ecc.

Pur condividendo il fatto che un ambiente (città, regione, nazione) in cui ci siano servizi efficaci sia migliore di uno in cui non ce ne sono (basti vedere il su e il nord del nostro Paese, dell’Europa e forse anche del mondo), credo però che la giovinezza (gioventù?) sia anche una fase della vita da dedicare alla sperimentazione e all’errore, due aspetti su cui oggi forse ai ragazzi e alle ragazze è concesso poco (con lo spiacevole corollario, secondo me, di ottenere esagerazioni, esasperazioni, hangover fisici e psicologici). A farmi venire in mente questa cosa sono due episodi (ripetuti ahimè) che ho vissuto direttamente proprio qui all’Informagiovani. Il primo riguarda la richiesta di certezze praticamente matematiche sulla “bontà” delle aziende presenti nei nostri annunci. Per carità, è sacrosanto cercare di evitare fregature o cadere in trappole da lavoro-facile-guadagno-alto, ma è altrettanto vero che per sapere se quella che state contattando sarà l’azienda dei vostri sogni, l’unico modo è conoscerla davvero. Che poi magari scoprite pure che siete voi a non essere il loro candidato ideale. Voglio dire: mandate la candidatura, incontratela e poi valutate (mandare un cv non è una dichiarazione notarile irrevocabile). Insomma, animo e coraggio!

Il secondo episodio, più preoccupante secondo me, è quello che capita quando riceviamo candidature in risposta ad annunci che pubblichiamo sul nostro sito in cui c’è scritto però che, evidentemente, a cercare personale non siamo noi (lo stesso dicasi per chi ci telefona chiedendo come inviare il cv, chi è il responsabile, come funziona il lavoro, cadendo nello stesso “malinteso”). Eppure gli annunci non sono romanzi complessi e leggerli con un briciolo di attenzione forse aiuterebbe anche a rispondere con maggior cura e selezioni a quelli più vicini alle proprie competenze.

Credo che entrambi i casi siano accomunati da una medesima incertezza, da una stessa ricerca di un aiuto e di un supporto, dalla stessa paura di non sbagliare. Come scrivevo sopra dalla stessa mancanza di sperimentare e di sbagliare che sono l’essenza della crescita. E allora torna la domanda: ma non è che mettendo troppi supporti nell’incerto cammino della gioventù, anche servizi come il nostro finiscono per non aiutarvi a imparare a camminare da soli? Non è che la nostra società sta diventando un po’ troppo ansiosa nei confronti dei giovani? Non è che, per caso, rischiamo di essere troppo apprensivi e, quindi, anche poco educativi? Insomma, cari giovani, vi aiutiamo o no?

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