Notizie a raffiche (casuali)

notizie a rafficaSarà poi così vero che i giovani e soprattutto i nativi digitali (tra l’altro: siamo sicuri che vogliamo continuare a chiamarli così?) non si informano, quindi non si interessano, ergo non partecipano e non hanno a cuore la vita di una comunità più ampia che non quella fatta da se stessi e dai loro amici su Facebook? Non crediamo che sia poi così vero. In realtà, ce lo dice tra gli altri un report che viene dagli Stati Uniti, i ragazzi e le ragazze sono consumatori di notizie, ma il loro approvvigionamento non avviene più attraverso canali tradizionali e dedicati alle notizie come giornali, televisione, riviste. La maggior parte, se non la totalità delle informazioni su fatti ed avvenimenti i giovani le recuperano dai social network che di conseguenza son diventati un punto di riferimento per questo tipo di conoscenza.

Il report americano dice anche un’altra cosa interessante: il 90% dei ragazzi intervistati afferma che la loro fonte di primaria di informazione è Facebook ma al contempo solo la metà di questi dichiara che il motivo principale per cui accede al social network è l’informazione (la stessa cosa vale per Twitter anche se questa piattaforma è piena di giornalisti e, al contempo, di notizie spazzatura). Questo ci fa supporre che utilizzare Twitter o Facebook, anche se sono contenitori di informazioni, non è come leggere un giornale alla ricerca di una notizia di attualità, politica o sport. Manca proprio l’intenzione di trovare informazioni. Si è quasi portati a dire che le informazioni e le notizie siano accidentali, qualcosa in cui ci si imbatte senza volerlo. Una specie di serendipity dell’informazione.

Per quanto possa essere accidentale trovare informazioni e notizie su Facebook e Twitter, tuttavia si può constatare il fatto che chi non è alla ricerca di notizie ma frequenta con una certa assiduità i social network sviluppa una certa esperienza nella lettura di notizie anche senza frequentare siti di giornali e news. I giovani si imbattono in qualche stralcio di notizia, in un brandello di informazione e se la cosa tocca un tema interessanti vanno alla ricerca di altre fonti per approfondire. Un indicatore ulteriore sulla modalità con cui i giovani affrontano il tema dell’informazione è dato dal fatto che la stragrande maggioranza di loro non è abituata a pagare per avere informazioni. Forse nemmeno a dare fiducia a qualcuno in particolare su questo tema, considerato che solo il 44% degli intervistati ha sottoscritto una qualche forma di iscrizione (gratuita) ad un contenitore ed erogatore di informazioni.

Chiaramente i questionari sui comportamenti di questo genere non sempre sono affidabili. Ci sono però dei dati certi che riguardano anche il nostro contesto nazionale. I giornali in forma cartacea vendono sempre meno, a parte qualche eccezione (legata soprattutto a specializzazioni verticali su temi o target specifici). Gli stessi siti di giornali (anche i più grandi) hanno capito che il numero di click (ancora) è il fattore che può alimentare la vita delle notizie on line (e per questo nelle home page c’è sempre qualche notizia spazzatura, legata al gossip o a qualche altro fenomeno di basso lignaggio). L’ultimo dato, tornando ai comportamenti, è che, giovani o meno, siamo ancora un po’ ingenui circa l’autenticità e la veridicità di quel che leggiamo sui social network: spostiamo troppo spesso la bilancia sulla parte emozionale anziché su quella razionale (come a dire che sospendiamo la nostra capacità critica, quando esiste, nel moemnto in cui quello che leggiamo tocca le corde dei nostri sentimenti, più o meno beceri). Forse il report americano non è lo strumento adatto per capire che cosa sta accadendo al nostro modo di informarci, ma sicuramaente è un input per cominciare a farci delle domande su come veniamo a conoscenza di fatti ed avvenimenti. Che siamo giovani o meno giovani.

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