Yo! Una rete per i giovani

Anche l’Informagiovani è un partner del progetto YO YO– your opportunity finanziato dalla Fondazione Cariverona attraverso il bando “Giovani Protagonisti” e all’interno del quale realizzeremo molte attività sotto il segno di Be Smart, le nostre attività dedicate alle competenze trasversali.

Il progetto è rivolto ai giovani dai 16 ai 30 anni della Provincia di Ancona: l’obiettivo è quello di colmare la distanza tra istruzione e mondo del lavoro aiutando i giovani a orientarsi, formarsi e inserirsi nel tessuto lavorativo e sociale del nostro territorio con un percorso gratuito di orientamento e mentoring.  Con YO nasce un nuovo patto territoriale tra giovani, scuola, imprese: l’approccio adottato sarà di “open innovation” in un momento così complesso in cui c’è bisogno di una ripartenza comune, nella condivisione e co-produzione di risorse economiche e sociali.  “Il progetto Yo- come sottolinea l’assessore alle Politiche giovanili, Cultura e Turismo, Paolo Marasca- ha una forza innovativa straordinaria, alimentata dal coinvolgimento diretto delle giovani generazioni.   Genera sul territorio una rete che sino ad ora era sempre stata in potenza. Il Comune di Ancona è attivo con più strumenti: Informagiovani, la Mole, Kum.  Crediamo immensamente in Yo, è un passo avanti decisivo per il territorio.  Daremo senso di possibilità e strumenti ai ragazzi, e loro daranno altrettanto a noi. In un periodo come questo,avviare un progetto così importante è un grande segnale. “

Il progetto avrà una durata di tre anni e vede il coinvolgimento di un’ampia rete con oltre 30 enti tra pubblico e privato: i partner promotori del progetto (Comune di Ancona, CSV-Centro Servizi per il Volontariato, Informagiovani, Associazione Con…tatto, Cooss Marche, SS. Annunziata, Free woman, Opere Caritative Francescane, Tenda d’Abramo, Fondo Mole) istituti scolastici (poliarte, iis volterra-elia, iis podesti-calzecchi-onesti, IIS Vanvitelli-Stracca-Angelini, IIS Einstein-Nebbia), il sostegno sul territorio (Fondazione Cluster, h3-coworking, Legacoop Marche, Confcooperative Marche, Centro Papa Giovanni XXIII, Agorà, IAL Marche srl, Cescot, L.A.B., Generazioni Legacoop), alcune aziende (Lavoriamo insieme, Luna Bona, The Begins srl, Arredamenti Ancona, By Automa, Autoscuola Cantiani, Palm snc, Cus Ancona, Fondazione Marche Cultura), fornitori (Warehouse Coworking factory, Tech4care, Agenzia Res). 

Chi vuole può partecipare già da subito a YO offrendo il proprio contributo: compilando il sondaggio che ci aiuterà a scoprire esperienze e aspettative su orientamento, formazione, volontariato, lavoro (clicca qui per compilarlo!)

Your first Eures job 6.0 

Cerchi lavoro in Europa e non sai da dove cominciare? L’iniziativa Your first Eures Job è quello che potrebbe fare la differenza per te!

YfEj è un progetto promosso da Eures, la rete dei servizi europei per la mobilità professionale dei lavoratori in Europa. L’obiettivo del progetto è quello di aiutare giovani tra i 18 e i 35 anni, cittadini di uno dei paesi membri dell’UE, a trovare un lavoro o un tirocinio in un altro paese dell’UE.

Il progetto ha avuto finora più edizioni, e la nuova edizione 6.0 durerà fino a gennaio 2021. Con l’edizione 5.0 sono partiti molti ragazzi e ragazze italiani tra 23 e 30 anni (l’Italia è il paese che ha utilizzato di più questo programma) che sono andati per una esperienza professionale principalmente in Germania, Francia e Portogallo.

Your first Eures Job offre servizi di supporto alla mobilità professionale dei giovani, attraverso gli Eures Adviser, che si possono trovare nelle Marche presso i Centri per l’impiego. L’Adviser è la persona a cui rivolgersi per una consulenza personalizzata e gratuita sulle proprie possibilità di realizzare una mobilità lavorativa, per una consulenza sul cv e su come muoversi per cercare lavoro nel paese o nel settore scelto.

Your first Eures Job offre anche benefit finanziari che hanno lo scopo di facilitare il giovane candidato nella sua ricerca, nel processo di selezione e di trasferimento in un altro paese. In particolare i benefit previsti per l’edizione 6.0 sono questi:

  • sostegno per andare a sostenere colloqui di lavoro: fino a 600 euro (forfettario)
  • corso lingua: fino a 2000 euro (a rimborso)
  • supporto per esigenze speciali: fino a 500 euro per 2 viaggi (rimborso)
  • supporto per trasferimento per lavoro, tirocinio (retribuito) o apprendistato: fino a 1400 euro (forfettario)
  • integrazione per il tirocinio: fino a 600 euro al mese per massimo tre mesi (forfettario)
  • riconoscimento qualificazioni: fino a 400 euro (forfettario)

La cosa interessante è che, in caso di necessità, è possibile ottenere più benefit insieme. Inoltre si può ottenere il benefit per la preparazione linguistica anche in fase di preselezione, cioè per avere maggiori possibilità di essere selezionati.

L’edizione 6.0 prevede anche un accompagnamento del giovane al termine dell’esperienza all’estero. Nel caso voglia rimanere nel paese in cui si trova, potrà contare su un Eures Adviser locale per accedere ad altre opportunità lavorative, mentre nel caso voglia rientrare nel paese di origine verrà seguito per il reinserimento da un Eures Adviser nel paese di provenienza.

Rispetto alle edizioni precedenti, si prevedono pagamenti più veloci dei benefit, e corsi di lingua non solo online.

Vuoi saperne di più? Vieni a trovarci e parliamone!

Esame di Stato 2020

Conclusosi ormai in tutte le scuole il trimestre o quadrimestre, se per tutti gli studenti questi giorni sono fonte di ansia per l’uscita delle tante agognate pagelle, per gli studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado l’ansia è ancora maggiore perché solo da pochi giorni (il 30 gennaio scorso) il MIUR ha pubblicato le materie della seconda prova scritta dell’Esame di Stato.

L’Esame di Stato è un traguardo fondamentale del percorso scolastico dello studente ed è finalizzato a valutare le competenze acquisite dagli studenti al termine del ciclo.

Prevede due prove scritte e una prova orale. La prima prova scritta (prevista per il 17 giugno 2020) è comune a tutti gli indirizzi di studi, mentre la seconda (prevista peril 18 giugno 20209) è specifica per l’indirizzo frequentato. Dallo scorso anno scolastico però lo scritto è diventato multidisciplinare per tutti gli indirizzi che hanno più di una materia caratterizzante.

Quello che più preoccupa i futuri maturandi non sono tanto le materie uscite, molte delle quali erano prevedibili, quanto invece la scelta di assegnare le materie fondamentali di ciascun indirizzo ai commissari esterni, ovvero a professori che non si conoscono. Al Classico i commissari sono esterni sia per Latino che per Greco, allo Scientifico sono esterni per Matematica e Fisica.

Ormai il dado è tratto e quindi agli studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado non resta che esercitarsi sulle prove scritte, sia con le simulazioni del MIUR sia con le tracce della maturità dell’anno scorso.

Agli scritti segue un colloquio che si svolge sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso ed in relazione alle discipline che caratterizzano il percorso di studi. La prova orale inizia con il materiale proposto dalla commissione (non ci saranno quindi più le buste), continua con la relazione sui percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (ex alternanza), e le domande su Cittadinanza e Costituzione.

Al momento dell’inizio della prova, la commissione sottoporrà uno spunto al candidato, che rappresenterà, comunque, solo un momento di avvio del colloquio.

L’ansia che accompagna e caratterizza l’attesa dell’Esame di Stato riguarda nono solo gli aspetti oggettivi dello stesso ma anche quelli soggettivi dei ragazzi che si rendono conto che questo esame rappresenta l’ultima prova, quella che sancisce un passaggio importante, la chiusura di una fase adolescenziale e l’apertura di un altro ciclo che non si conosce, che spaventa perché non si è più imboccati come prima quando si andava a scuola.

A questo punto, infatti, i ragazzi sono chiamati a fare una scelta di vita e spesso non si sentono pronti. Grava il peso della decisione, dell’ignoto e soprattutto di deludere le aspettative dei genitori che direttamente o indirettamente spesso pressano il figlio senza a volte neanche rendersene conto.

In questo senso l’Informagiovani può aiutarvi a fare chiarezza sui possibili percorsi futuri, con attività di orientamento individuale.

tirocini all'estero per studenti

Tirocini curricolari all’estero per studenti

Che lo abbiate scelto o che sia obbligatorio, un tirocinio curricolare è una buona occasione per mettere in pratica conoscenze acquisite nello studio, per guadagnarne di nuove e fare una esperienza utile per il futuro lavorativo e la crescita personale.

Troppo spesso infatti quando siamo all’università ci dedichiamo esclusivamente allo studio (e allo svago, si capisce!). Quando poi andiamo a presentarci per un posto di lavoro, ci rendiamo conto di non avere nemmeno un minimo di esperienza pratica.
Se vi sentite pronti per una sfida e avete una conoscenza di una lingua straniera almeno a livello intermedio, un tirocinio all’estero è quello che fa per voi!

Con un tirocinio all’estero unite i vantaggi di fare un’esperienza formativa e lavorativa con la possibilità di allargare i vostri orizzonti, aprire la mente, conoscere una cultura diversa e sperimentare come si lavora in un altro paese. Insomma, fare il tirocinio all’estero è un’esperienza con un alto valore professionale ma molto importante anche dal punto di vista personale.

Il tirocinio curricolare, in termini tecnici, è un’esperienza formativa che si fa da studente presso un’azienda, un ente o una organizzazione (chiamato ente ospitante) convenzionata con l’università (che in questo caso è l’ente promotore). Può essere obbligatorio o facoltativo, secondo quanto previsto dal corso di studio scelto. Nel caso in cui sia obbligatorio deve essere svolto nell’anno di corso previsto nel piano didattico, e corrisponde ad un certo numero di crediti formativi universitari (CFU).

Il tirocinio è anche una efficace esperienza di orientamento per le scelte dell’immediato futuro professionale, o per quelle da fare nel proseguire gli studi. Con l’esperienza pratica capirete se quella professione o quel settore vi interessano davvero, e se sono come ve li immaginavate.
Può anche essere un tirocinio in preparazione della tesi di laurea, sulla base di un progetto che avete concordato col vostro relatore.

Da dove cominciare per trovare un ente ospitante per un tirocinio all’estero?
La prima cosa da fare è contattare l’ufficio Relazioni internazionali della vostra università: in genere le università hanno già delle convenzioni, cioè degli accordi, con una serie di soggetti ospitanti che accolgono studenti per i tirocini.

Se tra i soggetti già convenzionati non trovate niente di vostro interesse, ecco alcune risorse per la ricerca del vostro tirocinio all’estero ideale.

ErasmusIntern
Portale nato da un progetto della rete degli studenti Erasmus (ESN), e finanziato dalla Commissione Europea, con l’obiettivo di far incontrare tirocinanti e aziende e organizzazioni ospitanti, per tirocini di qualità.

EPSO Portale dell’ufficio incaricato di selezionare il personale per tutte le istituzioni e le agenzie dell’Unione europea. Banca centrale europea, Comitato economico e sociale europeo, Corte dei Conti europea, Agenzia europea per la sicurezza aerea e altre istituzioni accolgono studenti per tirocini curricolari.

Il Portale dei giovani
E’ il portale ufficiale italiano dedicato alle opportunità europee per i giovani, gestito dalla rete Eurodesk (di cui anche noi facciamo parte). Tra le opportunità promosse trovate una sezione dedicata proprio ai tirocini.

ALDA
L’ALDA (European Association for Local Democracy) accoglie studenti con borsa per tirocini curricolari.

ONU
Tutte le agenzie delle Nazioni Unite offrono tirocini (non retribuiti) a studenti universitari.

Placement Slovakia
Programma che fornisce supporto gratuito per la ricerca di un soggetto ospitante a studenti universitari che vogliono fare un tirocinio Erasmus in Slovacchia, gestito dal consorzio per la mobilità WorkSpace Europe. I tirocini possono essere svolti in aziende (durata minima 5 mesi, con alloggio gratuito) o in ONG (durata minima 2 mesi).

EMBL
Organizzazione intergovernativa europea di ricerca nel settore della biologia.

ESPA
L’agenzia ESPA (European Student Placement Agency UK) offre consulenza gratuita e supporto a studenti universitari per tirocini della durata di almeno 6 mesi in UK nei settori business, marketing, scienze, IT e engineering, con copertura delle spese di alloggio, utenze e trasporto locale.

Institute for Cultural Diplomacy – Internship Programme
Programma dell’ICD, Institute for Cultural Diplomacy, organizzazione internazionale no-profit e non governativa, che offre tirocini a studenti in vari settori, allo scopo di promuovere la diplomazia culturale e il multiculturalismo.

Euradio
Euradio, con sedi in diverse città della Francia, si occupa di temi europei e accoglie ogni anno due team di 5 o 7 studenti di giornalismo e comunicazione, con conoscenza del francese, per 6 mesi ciascuno. Offre formazione e la possibilità di fare pratica come radio giornalisti.

KBR – Royal Library of Belgium

KBR accoglie ogni anno studenti universitari europei per tirocini curricolari nei settori dell’archivistica, storia, musicologia, storia dell’arte, letteratura, conservazione dei beni culturali, risorse umane, comunicazione e educazione.

 

Questo elenco di portali verrà costantemente aggiornato e arricchito per darvi le migliori possibilità di trovare il tirocinio che fa per voi!

Singole opportunità di tirocinio vengono settimanalmente diffuse attraverso il nostro canale NewsEuropa su Whatsapp e Telegram.

Per una consulenza personalizzata (gratuita naturalmente!), informazioni, consigli e dubbi, scrivete a europa@informagiovaniancona.com

 

periodo di prova

Lavoro e periodo di prova

Hai finalmente trovato un buon contatto di lavoro, una azienda o una piccola ditta disposta ad assumerti? Ecco cosa dovresti sapere subito, prima di cominciare!

Chi ha già fatto qualche lavoretto probabilmente ne ha sentito parlare, ma ci siamo accorti che la maggior parte di chi ha avuto poche o nessuna esperienza di lavoro non sa bene come funziona il periodo di prova.

A pensarci un attimo, siamo tutti d’accordo sul fatto che un datore di lavoro che non ci conosce voglia metterci alla prova, appunto, prima di farci entrare a far parte della sua azienda. Ma che cosa significa essere in prova? Quanto dura il periodo di prova? Ed è vero che non è pagato? vediamo di dare alcune risposte.

Il periodo di prova è il tempo previsto da qualsiasi tipologia di contratto di lavoro che permette a lavoratore e datore di valutare la convenienza del rapporto di lavoro e la rispondenza delle realtà alle aspettative. Se da un lato il datore di lavoro ci può valutare vedendoci concretamente all’opera, noi possiamo capire come funziona in pratica non solo il lavoro, ma anche l’ambiente, possiamo verificare che le mansioni che dobbiamo svolgere siano quelle che avevamo concordato e, in breve, vedere se quel posto fa per noi.
Quando cominciamo un lavoro, dobbiamo firmare, insieme a chi ci assume, un contratto scritto che, tra le altre cose, deve includere le informazioni sul periodo di prova.

Il periodo di prova inizia con l’assunzione stessa, e questo significa che è inclusa nel contratto, e comincia dal giorno indicato come giorno dell’assunzione. Di conseguenza mentre state facendo la prova di lavoro avete diritto alla retribuzione in base alla mansione che svolgete, maturate le ferie, la tredicesima e il TFR – trattamento di fine rapporto. I giorni di lavoro in prova contano proprio come tutti gli altri.

In parole semplici, se qualcuno vi dice “Facciamo una prova, e poi ti faccio il contratto” fate attenzione, perché non è così che funziona. Non avere un contratto mentre si lavora significa prima di tutto non essere coperti dall’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e non avere le altre tutele a cui ogni lavoratore ha diritto.

Ma quanto dura il periodo di prova? Non c’è una durata predefinita, ma è stabilita in base alle mansioni, al tipo e alla durata totale del contratto. In generale può andare da qualche giorno ad un massimo di sei mesi (per i contratti a tempo indeterminato). In ogni caso dovrà essere definito insieme a tutto il resto (orario, mansioni, ferie, permessi, malattia,retribuzione) perché va scritto nel contratto di lavoro che firmerete prima di cominciare a lavorare.

Abbiamo detto che il periodo di prova serve sia al datore che al lavoratore per capire se vogliono proseguire il contratto: il vantaggio è per entrambi. Se il datore non è soddisfatto, potrà licenziarci, entro la fine del periodo di prova, senza dover dimostrare che ci sono state inadempienze da parte nostra. Se noi ci accorgiamo che quello non è il lavoro che vogliamo fare, o che le condizioni non rispondono a quelle che avevamo concordato e ci aspettavamo, possiamo dare le dimissioni senza dover dare il preavviso (che è una comunicazione scritta, che va inviata al datore di lavoro quando vogliamo lasciare il nostro posto, con un anticipo più o meno breve a seconda della durata del contratto).

Naturalmente ci sono molti casi specifici e piccole differenze che riguardano il periodo di prova, qui trovate ulteriori informazioni e dettagli sui vari casi che si possono presentare.

Purtroppo non sempre i datori di lavoro che incontriamo sono seri come vorremmo, e spesso ci troviamo nella situazione in cui ci vengono fatte proposte che non seguono quanto descritto. La prima cosa importante è sapere come funziona per legge il periodo di prova, in questo modo potremo avere maggiore consapevolezza di cosa chiedere, cosa accettare e soprattutto potremo valutare più facilmente chi abbiamo davanti. Ricordiamoci sempre che non dobbiamo solo essere scelti dal datore di lavoro, ma dobbiamo anche scegliere!

Come fare le tue scelte e gestire i genitori

Quando arriva il momento di fare una scelta, per esempio quella della scuola superiore o dell’università (o quella di non fare l’università!) dovete vedervela anche con loro: e allora, come fare?
Come convincere i tuoi genitori della validità della tua scelta, e avere buoni argomenti per rispondere alle loro ansie? Non è facile, ma è possibile!

Se hai una idea abbastanza precisa su quello che vuoi fare, ma sai che i tuoi hanno convinzioni diverse riguardo al tuo futuro, di solito provi un senso di frustrazione e ti convinci che non ti vorranno appoggiare.

Prima di avviare con loro una discussione (nel migliore dei casi) su questo argomento, rifletti su quali sono le loro preoccupazioni, e cerca di comprenderle a fondo per poter elaborare delle risposte soddisfacenti e delle alternative da proporre.

Tra le domande più comuni che i genitori di solito si fanno ci sono queste:

  • la strada che hai scelto ti permetterà di raggiungere la stabilità economica?
  • la tua scelta ti porterà ad essere felice? (nel caso di genitori illuminati)
  • la tua scelta ti farà avere il tipo di lavoro che loro si immaginano per te? (magari non tutti saranno disposti ad ammettere che hanno dei piani su di voi, ma comunque tieni conto anche di questo)
  • potrai cambiare percorso più avanti, se ne avrai desiderio o necessità?
  • hai raccolto abbastanza informazioni per fare quella scelta?
  • la tua scelta sarà economicamente sostenibile? (questo aspetto li riguarda da vicino e da subito)

Come fare a rassicurarli e ad avere il loro supporto?
Comincia con raccogliere informazioni a sostegno della tua scelta: dimostra che ti sei adeguatamente informato/a sul percorso che stai per fare e sulle possibili opportunità professionali che avrai di conseguenza. Salva i link delle pagine che hai consultato per condividerle e discuterle con loro.

In generale si sentiranno più tranquilli se vedranno che hai valutato i possibili sbocchi occupazionali del percorso scelto, e se saprai spiegare perché per te sono soddisfacenti. Questo vale sia nel caso della scelta della scuola secondaria che universitaria, ma anche nel caso tu abbia in mente di frequentare un corso professionalizzante o di fare un apprendistato. Sul sito dell’Inapp trovi la descrizione di moltissime professioni, delle capacità e conoscenze necessarie per svolgerle e altre informazioni utili: non è agile e intuitivo come la tua app preferita, ma ci troverai molte risposte.

Fai un calcolo approssimativo, ma più possibile accurato, dell’appoggio finanziario di cui avrai bisogno, e delle spese che dovrai sostenere: iscrizioni, tasse, trasporti, e così via. Ricorda che nel caso di iscrizione all’università, possono esserci delle borse di studio e delle agevolazioni finanziarie per studenti meritevoli o economicamente svantaggiati.

Più difficile sarà, nel caso tu abbia deciso di andare a lavorare, fare una stima effettiva delle risorse di cui potrai disporre. Per cercare di capire quanto guadagnerai informati sulla paga che potresti ricevere, parlando con altri che fanno il lavoro che hai scelto, e dando un’occhiata qui.

Scegli il momento giusto per cominciare una discussione sull’argomento, perché l’esito della tua missione 🙂 può essere pesantemente influenzato da questo fattore. Se vedi che è il momento sbagliato, perché non avete sufficiente tempo da dedicare alla questione, o siete già tesi e arrabbiati, concorda con loro sul fatto di doverne parlare e organizza un momento in cui sarete tutti nella condizione migliore di farlo. Proponi un giorno o un momento specifico nell’immediato futuro, così no darai l’impressione di voler semplicemente sfuggire alla domanda.
Un simile approccio alla questione potrebbe già far capire che state prendendo la questione sul serio e che siete abbastanza maturi da poter cominciare a prendere da soli anche e decisioni più importanti.

Se ti stai chiedendo dove trovare un aiuto, oltre ai link che abbiamo indicato naturalmente puoi passare da noi! Con o senza i tuoi genitori puoi venire a chiedere supporto per le tue ricerche, per trovare risposte ad alcuni tuoi dubbi (no, non abbiamo tutte le risposte, ma a molte delle domande che ci si fa in questi casi sapremo rispondere) o semplicemente per un confronto sull’argomento. A volte parlare dei propri progetti o dei propri dubbi con qualcun’altro può aiutare a chiarirci le idee su cosa vogliamo fare, e perché.

Ora che hai letto questa breve guida, e che le iscrizioni per le scuola secondarie sono aperte, non possiamo che augurarti buona scelta e buona fortuna!

Be Smart (3), ci vediamo il 13 dicembre

Venerdì 13 dicembre torna uno degli appuntamenti di Be Smart il progetto dedicato alle competenze per i lavori del futuro. Sul nostro “palco” saranno protagonisti tre testimonial che racconteranno le loro smart skill in maniera originale e divertente. Nella formula rinnovata e progettata con Warehouse Coworking Factory abbiamo anche aggiunto due ospiti: intervisteremo due professionisti per avere consigli e suggerimenti per la nostra carriera professionale.

Come funziona Be Smart? Be Smart è un insieme di brevi speech incentrati sulle competenze trasversali o, come le abbiamo chiamate noi, sulle smart skill. Per noi le smart skill sono le competenze “intelligenti”, quelle che ci possono aiutare a capire meglio il mondo del lavoro e cogliere le opportunità che ci meritiamo.

Quali smart skill scopriremo il 13 dicembre? “Pensiero strategico” è il nome che abbiamo dato alla smart skill che ci presenterà Sergio Sarnari. Avere un pensiero strategico significa chiarire a se stessi prima che agli altri quali saranno gli sviluppi delle azioni che mettiamo in campo. Negli ambienti lavorativi il pensiero strategico non è solo capacità di leggere in anticipo le conseguenze del proprio operato ma anche, in maniera analoga e contraria, mettere in campo delle azioni per vedere accadere le esatte conseguenze che vorremmo capitassero. Il pensiero strategico è il modo in cui architettiamo il nostro operato per raggiungere i nostri obiettivi. Esattamente come accade in un partita a scacchi. Ed è per questo che a raccontarlo sarà Sergio Sarnari che, oltre ad essere un imprenditore nel mondo digitale (in cui la strategia è un elemento fondamentale), è anche uno scacchista.

Marina Mancini, imprenditrice marchigiana, racconterà attraverso la sua storia una smart skill in contro tendenza: “saper aspettare“. In un mondo che va sempre più veloce ci siamo abituati a fare scelte istantanee, a ragionare sull’immediatezza, a essere sempre pronti. C’è però anche una dimensione diversa: quella dell’attesa. A volte saper aspettare significa avere il coraggio, l’intuizione e forse la saggezza di vedere oltre l’immediato. Saper aspettare significa prendersi il tempo di raccogliere informazioni utili, analizzare e cercare di comprendere circostanze e contesto, raccogliere elementi per poter fare una scelta che sia prima di tutto più consapevole, matura, ragionata. Questo è il modo con il quale Marina gestisce la sua impresa: più attenta alla ponderazione che non all’attrazione di luccicanti e immediati successi

E infine “tenere il ritmo“. Quando teniamo il ritmo che cosa facciamo? Fondamentale questi passaggi: ascoltiamo la musica, cerchiamo di cogliere la cadenza, ci armonizziamo con quella cadenza. Come si applica questa competenza alla vita professionale? Secondo noi sarà importante avere all’interno delle imprese persone che sappiano “tenere il ritmo” in questo senso: da una parte cogliere i bisogni e le aspettative del territorio (nonché in qualche caso anche i trend e le mode) e dall’altro offrire all’impresa i giusti suggerimenti per trovare il “ritmo” che hanno ascoltato. Andrea Celidoni, musicista con la passione per la cucina, ci parlerà di come nella sua vita sia riuscito molte volte a cogliere questo ritmo: non solo come musicista, ma anche come ideatore e organizzatore di eventi, iniziative e attività che hanno spesso trovato ampio consenso.

Ma non finisce qui: tra una smart skill e l’altra ci sarà lo spazio per intervistare due professionisti (e amici dell’Informagiovani) che potranno distribuire preziosi consigli grazie alle loro esperienze. A rispondere alle nostre (e alle vostre se volete) domande ci sarà Cristina Andreoli, esperta di marketing relazionale con una lunga esperienza nel campo dell’internazionalizzazione. Insieme a lei Giovanni Lucarelli, esperto e formatore in creatività e innovazione.

L’aperitivo finale sarà il modo in cui potremo conoscere meglio i relatori, ci saluteremo e, perché no, ci faremo gli auguri. Vi aspettiamo ma… prenotate il vostro posto gratuito!

Al via gli open day delle scuole

Tra novembre e gennaio ormai da qualche anno si tengono i c.d. OPEN DAY delle scuole secondarie di primo e secondo grado.

Le denominazioni abbondano: chi lo chiama appunto “open day”, chi lo chiama “scuola aperta“, chi ancora “orientamento scolastico in entrata“. Gira e rigira, si tratta della stessa cosa: la scuola apre le porte a genitori e futuri alunni per farsi conoscere e dunque scegliere, in vista dell’anno scolastico successivo.

In occasione degli open day alunni, docenti, personale della scuola sono a disposizione per accogliere genitori, ragazze e ragazzi delle classi terze della scuola secondaria di primo grado che vogliono rendersi conto di persona di cosa offre la scuola, quali corsi si possono frequentare e quali sono i relativi piani di studio oltre che per illustrare le attivita’ integrative e complementari e visitare aule, laboratori, attrezzature, ecc.

In generale gli open day cominciano con una introduzione del dirigente scolastico che presenta la scuola, la sua utenza, l’offerta formativa in generale. Al dirigente scolastico si affiancano, poi, alcuni docenti che illustrano più nel dettaglio programmi e progetti.

In molti casi, la giornata prosegue con la possibilità di visitare la scuola. Se l’open day è tenuto durante una giornata infrasettimanale, i ragazzi possono assistere ad alcune lezioni. Talvolta, infatti, nelle scuole superiori si organizzano open day apposta per i soli futuri studenti, in cui a questi è data la possibilità di partecipare alle lezioni, sedendosi in classe durante spiegazioni ed interrogazioni.

 “Studente per un giorno” è forse la modalità migliore per far capire ai ragazzi la vera sostanza delle lezioni e delle materie caratteristiche di un indirizzo di studi piuttosto che un altro.

Ogni scuola, ovviamente, mira a presentarsi al massimo delle proprie potenzialità cercando di fidelizzare famiglie sempre più attente ed esigenti. È fondamentale perché dalla organizzazione e dai contenuti che si trasmetteranno, i genitori e i loro figli potranno sentirsi accolti,  e questa è l’aspettativa di ogni famiglia.

Più spesso, tuttavia, l’open day è tenuto fuori dall’orario di lezione, nel pomeriggio o il sabato mattina o addirittura la domenica e famiglie e aspiranti alunni possono visitare la scuola, le aule, la palestra, eventuali laboratori e così via.

Per far sì che l’open day non sia uno spreco di tempo, ma un utile strumento per acquisire informazioni e farsi un’idea, consigliamo di non limitare la visita all’open day della sola scuola cui si è interessati ma visitare più scuole in modo da avere termini di paragone.

Tenete presente, comunque, che il giorno dell’open day è il giorno in cui la scuola si fa bella, mostra il suo lato migliore, dunque è bene arrivare con qualche domanda da porre a dirigenti e docenti alla fine dei loro discorsi, altrimenti finirà che racconteranno quello che vogliono e genitori e ragazzi potrebbero avere un’idea molto edulcorata della realtà.

Infine, se ci sono allievi di quella scuola coinvolti nell’organizzazione dell’open day, come ormai succede in tutte le scuole, è meglio cercare di parlarci. Ovviamente qualsiasi scuola avrà scelto alcuni dei suoi allievi migliori per presentarsi, ma, pur tenendo conto di questo, è bene scambiarci due chiacchiere e chiedere loro quali sono i punti di forza e quelli di debolezza della loro scuola

A questi open day è importante, in modo particolare nel caso di scelta di una scuola superiore, che siano presenti non solo o meglio non tanto i genitori ma soprattutto i figli.

La scelta della scuola superiore, infatti, è una scelta importante e impegnativa perché di durata quinquennale e spesso determina la direzione successiva degli studi, o il futuro settore lavorativo.

Con questi piccoli consigli siete pronti per iniziare il giro delle scuole di Ancona, tenendo presente che la scelta deve comunque e sempre partire dal ragazzo/a  e non prescindere dai suoi interessi e aspirazioni.

Se vi può essere di aiuto, all’Informagiovani troverete le informazioni non solo sugli open day delle scuole di Ancona ma anche sull’offerta formativa delle stesse.

competenze trasversali soft skill

Cv a puntate: competenze trasversali e soft skill

Qual è la parte del cv più difficile da scrivere? Proprio quella della competenze trasversali, in cui devi saper raccontare che cosa sai fare, al di là delle conoscenze relative al tuo settore, e soprattutto come lo sai fare.
La maggior parte di noi, una volta buttata giù qualche riga sul titolo di studio e le esperienze di lavoro, pensa: “fatto!”. Invece è proprio in questa sezione del cv che possiamo differenziarci da tutti quelli che hanno il nostro stesso titolo di studio, e più o meno le stesse esperienze di lavoro.

Che cosa devi metterci? Di cosa dovresti parlare?
Cominciamo dalle competenze più semplici, che sono le conoscenze linguistiche e informatiche, o tecniche.

Nella parte del cv dedicata alle conoscenze linguistiche specifica qual è la tua madrelingua e le altre lingue che conosci, ognuna con accanto il tuo livello di conoscenza. Ti consiglio di utilizzare delle parole semplici, che facciano capire a chi legge che uso puoi fare di quella lingua (conoscenza base, intermedia, fluente, ottima) e magari se sai anche scrivere, e non solo usarle per parlare.
Attenzione però, non indicare il voto che avevi o hai a scuola, ma una autovalutazione del tuo livello di conoscenza della lingua. Se hai delle certificazioni, aggiungi anche quelle (nome e data di conseguimento). Naturalmente non scriverai che conosci l’italiano (o la tua madrelingua) molto bene… il tuo livello è, appunto, madrelingua! (cioè la conosci benissimo). Usa le definizioni dei livelli europei (A1, A2, fino al C2) solo se pensi che la persona a cui invierai il tuo cv le può capire.
Chi utilizza naturalmente, e in maniera corretta e fluente, due lingue, può indicarle entrambe come madrelingua. Chi invece non ha conoscenze linguistiche, e magari lavora in un settore o in una posizione per cui non servono, può eliminare del tutto la sezione relativa alle conoscenze linguistiche. Ricordiamoci che il cv serve ad evidenziare i punti di forza e le conoscenze, e non quello che non so o non so fare.

Poi, sezione competenze informatiche. Nomina i sistemi operativi che sai usare, i programmi e le applicazioni che conosci e che usi. Navigazione internet e posta elettronica ormai vengono dati per scontati. Attenzione invece a eventuali software di settore, ad esempio il CAD, programmi utilizzati in contabilità, o per la gestione del magazzino o dell’archivio.

Una storia a parte è quella dei canali social che utilizzi e che possono essere interessanti: sempre più aziende e professionisti li utilizzano per farsi conoscere, farsi trovare e promuovere i loro servizi e prodotti. Se ne sai usare alcuni in maniera almeno semi-professionale (non basta avere un profilo Instagram per poterlo usare come strumento di lavoro), indicalo in questa sezione.

Ora, andiamo alle importantissime soft skill, quelle che riguardano il modo in cui ti approcci alle cose, al lavoro, alle persone. Questa è la parte veramente più difficile da scrivere, perché implica un momento di riflessione su se stessi, e una certa dose di consapevolezza. Ma è anche la parte del tuo cv che molti datori di lavoro guarderanno con particolare attenzione, perché le soft skill sono sempre più rilevanti quando si tratta di scegliere un nuovo collaboratore. Prenditi qualche momento per riflettere su quali sono i pregi, gli aspetti positivi del tuo carattere e del tuo modo di fare, che magari anche le persone a te vicine ti riconoscono. Cerca di ricordare se ci sono state occasioni o esperienze nelle quali le hai utilizzate o le hai sviluppate, e menzionale brevemente in questa sezione.

Ecco le aree di competenze che di solito si trovano nei cv, e le domande a cui devi provare a rispondere. Quali sono le tue qualità personali, le capacità di relazione, di comunicazione, di organizzazione che hai sviluppato o sperimentato nel corso della tua vita, non solo professionale?
Sai gestire il tuo lavoro autonomamente? Sai adattarti in ambienti che non sono quelli che frequenti di solito, e sai capire i diversi contesti per adeguare la tua comunicazione o il tuo approccio alle persone? Hai già avuto esperienze di attività in equipe di lavoro multiculturali? Sai organizzare un evento, o una riunione, o delle attività ricreative per bambini?

Una volta messe a fuoco queste informazioni da inserire, puoi veramente considerare completo il tuo cv!

 

borse di studio daad Germania

Formazione in Germania con le borse di studio DAAD

La Germania è al quarto posto tra le destinazioni preferite dagli studenti, grazie ad un’offerta accademica molto ampia e ad un alto livello di formazione riconosciuto a livello professionale anche all’estero. Il sistema universitario tedesco prevede sia corsi accademici simili a quelli italiani che percorsi che uniscono teoria e pratica. L’università in Germania inoltre non prevede il pagamento di tasse, e i costi quindi sono limitati a piccoli contributi per i documenti e simili.

Se hai mai pensato di andare a studiare in Germania, anche solo per un periodo, o per una specializzazione post laurea, il DAAD può esserti di grande aiuto.

Il DAAD (Deutscher Akademischer Austauschdienst, Servizio Tedesco per lo Scambio Accademico) rappresenta le università tedesche all’estero e ha centri di informazione in molti paesi del mondo, tra cui l’Italia. Il DAAD promuove la mobilità verso la Germania di studenti, dottorandi, ricercatori e professori.

Il DAAD offre informazione ma anche borse di studio, tra cui : borse di studio/ricerca annuali (laurea specialistica, dottorato di ricerca, post-doc), borse brevi di ricerca, borse per corsi di lingua intensivi, per corsi estivi universitari, per viaggi di studio per gruppi di studenti,per professori e ricercatori.

La sede italiana del DAAD è stato fondata nel 2004 con il fine di intensificare le relazioni accademiche tra Italia e Germania. Si trova a Roma e fornisce informazioni dettagliate e organizzate sulle opportunità di studio e formazione in Germania, sia attraverso il sito che attraverso i suoi consulenti al centro DAAD di Roma e i lettori presenti in 13 università italiane (i più vicini a noi si trova a Bologna, Firenze e Roma).

Il Centro può rispondere alle domande relative al sistema universitario tedesco, ai corsi di studio internazionali offerti dalle università tedesche ed i corsi di lingua in Germania, sui programmi di borsa di studio offerti dal DAAD stesso e da altre fondazioni ed enti tedeschi. Offre inoltre orientamento e supporto per l’iscrizione presso le università tedesche.

Le borse di studio per l’Italia si rivolgono a studenti, dottorandi, ricercatori e professori che intendono svolgere una parte dei loro studi o delle loro ricerche in Germania. I programmi di studio riguardano tutte le discipline (anche artistiche) e si rivolgono anche a coloro che non conoscono il tedesco (in Germania esistono quasi 1200 corsi di laurea e scuole di dottorato in lingua inglese).

Ecco i bandi aperti al momento per borse di studio e di ricerca, con scadenza il 1 dicembre 2019.

Si tratta di quattro programmi di finanziamento:
Borse di studio – Corsi di laurea magistrale per tutte le discipline;
Borse per corsi estivi universitari;
Borse di ricerca – Borse annuali per dottorandi;
Borse di ricerca – Dottorati binazionali / Dottorati in co-tutela (cioè svolti in due paesi, grazie alla collaborazione di due atenei).

Sono aperte inoltre fino al 30 novembre le borse di studio per laurea magistrale (1 o 2 anni) e studi di approfondimento (1 anno) nell’ambito di arti visive, design, comunicazione visiva e cinema.

Se non hai trovato quello che cercavi o hai bisogno di altro supporto, contatta Eurodesk Ancona per una consulenza personalizzata!

Settembre: mese di buoni propositi

A settembre con la fine dell’estate, riparte la routine con tanti nuovi buoni propositi. All’Informagiovani notiamo sempre un maggior numero di persone che vengono e sono pro attive per la ricerca del proprio percorso formativo, professionale; questo mese è vissuto quasi come un inizio anno, dopo una pausa estiva più dedicata al tempo libero, alla riflessione e alla leggerezza.

Si riparte cercando di mettere “ordine” nella propria vita e non solo. È il momento adatto per liberarsi di tutto ciò che è superfluo, inutile e per riorganizzare quello che vogliamo tenere. Iniziamo in primis dalla nostra abitazione, dove spesso accumuliamo più oggetti possibili ma poi arriva il tempo di fare una cernita.

Il “declutterering”, de-clutter, togliere il disordine ed eliminare ciò che non serve più,  dovrebbe essere una linea guida per gestire al meglio la casa, l’armadio, ma anche altro, pensiamo ai video/immagini da noi realizzati, file, foto digitali, cartoline.

Sarebbe meglio essere strategici, organizzare le cose a cui si tiene di più in modo efficiente e utile. E se durante questo lavoro si trovano cose da buttare tanti sono i modi per sbarazzarsene.

Ad esempio vendere questi oggetti o vestiti nei mercatini di seconda mano, magari ricevendo in cambio un buono sconto, un’alternativa è barattare o riciclare oppure donare tramite associazioni di volontariato o il passaparola.

Oggi esistono numerose possibilità grazie ai mercatini fisici ma anche on line, ai gruppi face book creati ad hoc, alle iniziative promosse dai Comuni.

Ad esempio questo fine settimana adotteranno il metodo dello “sbaracco” i commercianti del Comune di Falconara  sabato 14 e domenica 15 svuotano i magazzini a prezzi stracciati allestendo appositi stand lungo l’isola pedonale dalle ore 10 alle 20.

Allora accanto alla parola “decluttering” inseriamo “space clearing”: l’arte di fare spazio.

Entrambe le azioni dovrebbero essere la soluzione al problema dell’accumulo degli oggetti, negli ambienti liberi dal superfluo sembra si lavori meglio e si perda meno tempo.

Comunque quando si riorganizza qualcosa l’obiettivo dovrebbe essere: sapere che cosa si ha, dove trovare quello che serve e dove mettere le altre cose indipendentemente da quante se ne hanno.

Il segreto potrebbe essere buttare via alcune cose e organizzarne molte altre. Questo vale anche traslato sulle proprie riflessioni per gli obbiettivi da raggiungere.

All’informagiovani trovate operatori disponibili ad aiutare in questa mission, con informazioni e ricerca eventi per le cose materiali e con tanti suggerimenti e input per orientare al percorso professionale più idoneo.

Non ci resta che augurarvi buon lavoro!

Cv a puntate: esperienze di lavoro

Cv a puntate: esperienze di lavoro

Abbiamo visto come gestire le sezioni del cv che riguardano i dati e contatti personali e la formazione: è ora di occuparci delle esperienze di lavoro!

Nel cv le esperienze di lavoro sono sicuramente tra le più importanti e spesso le prime che si vanno a guardare, soprattutto se ce ne sono diverse. Ma cosa devi metterci? E come? Ecco alcune linee guida.

Prima di tutto è necessario ricordare un concetto fondamentale, e cioè che il cv non è un elenco di contratti di lavoro. Non serve, e anzi è una pessima mossa, copiare i tutti i dati relativi ai contratti che hai avuto in questa sezione del cv. Nel caso un datore di lavoro sia interessato a questi dati, c’è la scheda professionale, quella serie di fogli illeggibili (diciamolo) che ti rilascia il Centro per l’impiego, e nei quali vengono riportati i giorni precisi di durata dei tuoi contratti, il tipo di contratto collettivo nazionale applicato, il livello, la mansione contrattuale, la ragione sociale del datore di lavoro, e tanto altro.

Molti inciampano, per così dire, proprio qui. Questa parte del cv si chiama, non per niente, esperienze di lavoro, o esperienze professionali, ed è così per almeno due motivi.

Il primo è la chiarezza e la necessità di far capire a chi legge quali competenze hai in pratica: bisogna indicare le esperienze e le mansioni effettivamente svolte (quante volte nel contratto sono scritte mansioni che non dicono niente di quello che effettivamente hai fatto?) nelle varie occasioni. Se sul tuo contratto c’è scritto “operaio” ma tu hai fatto il banconista in una pizzeria, come fa a capirlo il tuo prossimo datore di lavoro, se sul cv riporti solo la mansione del contratto? Pensaci.

Il secondo è che non a tutte le esperienze corrisponde un contratto. Eh no, vero? Non ci giro intorno, perché il lavoro nero è una diffusissima (triste) realtà, e non dal tempo della cosiddetta crisi, ma da ben prima. A molti, soprattutto giovani, capita di lavorare in nero, cioè senza nessun tipo di contratto formale che regoli gli accordi tra lavoratore e datore di lavoro. Queste sono comunque esperienze lavorative, esperienze che stai facendo o che hai fatto e che ti hanno permesso (oltre che di mantenerti, o di poterti permettere un viaggio o qualche spesa ) di imparare a fare qualcosa, di capire come funziona un certo settore, cosa significa lavorare, come funziona un call center o l’organizzazione di un ristorante.

La risposta quindi è sì, puoi inserire nel cv i lavori che hai fatto in nero, occasionalmente o meno, ma che sono significativi per la tua personale formazione o percorso, o che servono per dimostrare che non hai passato gli ultimi mesi o anni senza fare niente. Spesso chi ha lavorato in nero non vuole inserire nel cv queste esperienze perché teme sanzioni: ricordo qui che le sanzioni per la mancata assunzione riguardano il solo datore di lavoro, responsabile di non aver regolarizzato la posizione del dipendente, e di conseguenza di non aver pagato tasse e contributi. L’unico caso in cui il lavoratore viene sanzionato è se allo stesso tempo lavora in nero e percepisce sostegni al reddito, ad esempio la NASpI (che è per i disoccupati): in questo caso si tratta di truffa ai danni dell’INPS.

Il cv poi è uno strumento che serve a far capire al prossimo datore di lavoro che cosa so fare. Di fatto chi legge non è interessato a questo aspetto: certo poi dovrai saper comunicare che hai effettivamente svolto quel lavoro, descrivendo le attività e le mansioni. Se preferisci puoi evitare di inserire il nome del datore di lavoro, e rimanere sul generico descrivendo solo il tipo di azienda.

Poi ci sono tutte quelle esperienze diverse da un vero e proprio lavoro ma che ti hanno fatto crescere personalmente e professionalmente o ti hanno permesso di sviluppare qualche competenza personale. Parliamo ad esempio di esperienze di volontariato, tirocinio, alternanza scuola lavoro. Anche queste sono da inserire, soprattutto per i più giovani che, naturalmente, non hanno solide e consistenti esperienze lavorative.

Come vanno descritte e ordinate le esperienze? Per ogni esperienza di lavoro è consigliabile indicare:

  • quando (mese e anno di inizio e di fine dell’esperienza sono sufficienti), che serve a far capire quanta esperienza hai in quel tipo di lavoro
  • la mansione effettiva: è la parola chiave della riga, sceglila bene per far capire cosa hai fatto, ricordati che chi legge non ti conosce, non c’era e probabilmente non è mai stato nel tuo luogo di lavoro. A volte si possono aggiungere le principali mansioni svolte, per specificare ulteriormente: addetto segreteria può significare aver fatto molte cose diverse, meglio spiegare per rendere l’idea del lavoro pratico svolto.
  • dove: in quale tipo di azienda, come si chiama, e in quale città si trova. Nel caso di un lavoro che non ha una sede fissa, scrivi per quale azienda lo hai svolto.

Il modo più diffuso di ordinare le esperienze di lavoro è dalla più recente alla più vecchia, ipotizzando che il lavoro che hai fatto per ultimo sia più professionalizzante dei primi, o più vicino a quello che ti interessa al momento, o sul quale sei più aggiornato/a. Nel caso tu abbia molte esperienze di lavoro, consigliamo sempre di scegliere quelle più pertinenti al tipo di lavoro per cui ti stai presentando, o almeno di accorpare e sintetizzare quelle meno rilevanti.

Molti di noi hanno percorsi non lineari, che includono lavori in settori molto diversi: nel momento della scelta di quali esperienze inserire e come descriverle, il principio che deve guidarci è quello di pensare a che cosa può interessare al possibile datore di lavoro a cui mi rivolgo. E quindi, no al cv fatto una volta per tutte e inviato, senza modifiche o revisioni, a tutti i datori di lavoro e le offerte a cui rispondo. Ogni candidatura va studiata e considerata a sé, anche se il cv è sempre della stessa persona.

Per concludere, anche per la sezione esperienze di lavoro valgono le regole che si applicano a tutto il cv: bisogna essere chiari ma sintetici, dettagliati ma non prolissi. Se ti trovi in difficoltà nel rispettare queste indicazioni, puoi sempre venire a chiedere un confronto con uno di noi.

Corsi di formazione: scegliere con consapevolezza

Scegliere un corso di formazione è spesso fonte di dubbi e incertezze sulla validità dello stesso e sulla spendibilità del titolo che può essere rilasciato. Dubbi più che legittimi se si pensa che seguire un corso di formazione implica certamente un dispendio di energie, tempo e non ultimo soldi se si tratta di un corso a pagamento.

Come spiegato in un nostro precedente articolo, nella scelta di un percorso formativo incidono sicuramente diversi fattori: va bene partire dall’individuare le professioni che il mercato richiede maggiormente ma senza prescindere dai propri interessi, dalle proprie inclinazioni, dalle ambizioni personali e dalla passione che farà da filo conduttore a tutta la carriera professionale.

Una volta individuati i propri interessi, è necessario scegliere anche in base alla tipologia di corso, alle caratteristiche dell’ente organizzatore e alla durata del corso stesso.

Quanto alla tipologia di corso, è sufficiente dare una scorsa anche veloce agli elenchi di corsi caricati sul nostro sito alla pagina corsi di formazione, per vedere innanzitutto che i corsi si dividono in due macrocategorie: gratuiti e a pagamento.

Quelli gratuiti possono essere finanziati dal Fondo Sociale Europeo (FSE), quelli a pagamento possono essere autorizzati dalla Regione. Per ottenere il finanziamento o l’autorizzazione, i corsi vengono sottoposti a valutazione da parte della Regione sulla base di criteri di qualità.

Anche gli enti di formazione devono sottostare a criteri di qualità per ottenere il finanziamento o l’autorizzazione del proprio corso. Solo gli enti che rispondono a questi criteri vengono accreditati e inseriti in un elenco aggiornato trimestralmente dalla Regione (per saperne di più potete leggere qui).

All’interno delle due macrocategorie di cui sopra, poi, sono presenti ulteriori distinzioni e classificazioni.

CORSI GRATUITI

I corsi gratuiti, come dice il nome stesso, sono corsi che non comportano spese di partecipazione per il corsista, perché ricevono il finanziamento del Fondo Sociale Europeo (FSE), lo strumento finanziario attraverso cui l’Unione Europea sostiene e promuove le opportunità occupazionali, la mobilità geografica e professionale dei lavoratori e favorisce l’adeguamento alle trasformazioni industriali.

Tra i corsi FSE esistono ulteriori classificazioni e distinzioni: ITS, IFTS, corsi per giovani in età di obbligo formativo.

ITS

ITS è l’acronimo di Istituti Tecnici Superiori che sono delle “scuole” ad alta tecnologia che hanno lo scopo di formare tecnici superiori in aree tecnologiche strategiche del sistema economico-produttivo del Paese, quali la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica, il made in Italy, le nuove tecnologie per i beni culturali e il turismo, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Queste scuole sono costituite nella forma di fondazioni formate da scuole, università e imprese per dare vita a un’autentica integrazione tra istruzione, formazione e lavoro.

I corsi ITS sono percorsi formativi gratuiti, della durata di due anni (1800 ore), che prevedono l’alternarsi di ore di lezione in aula a ore di laboratorio e a periodi di stage in azienda. Per accedere a questo tipo di corsi occorrE essere in possesso del diploma di istruzione secondaria superiore e poi anche di competenze di base tecniche e tecnologiche, buona conoscenza della lingua inglese e una competenza informatica avanzata.

Il titolo di studio rilasciato da questi corsi, Diploma di tecnico superiore, consente di entrare velocemente nel mondo del lavoro.

IFTS

IFTS, acronino di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore, sono percorsi formativi a livello post-secondario di tipo non universitario, rispondenti alla domanda proveniente dal mondo del lavoro pubblico e privato, con particolare riguardo al sistema dei servizi, degli enti locali e dei settori produttivi interessati da innovazioni tecnologiche e dalla internazionalizzazione dei mercati secondo priorità indicate dalla programmazione economica regionale.

Hanno lo scopo di favorire l’inserimento nel mondo del lavoro ma allo stesso tempo di facilitare anche l’eventuale prosecuzione degli studi all’interno di percorsi formativi successivi anche universitari. Rilasciano infatti crediti formativi spendibili nel sistema universitario per l’iscrizione a corsi di laurea.

Sono sono rivolti ai giovani in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado e hanno una durata di due semestri (800 ore).

CORSI A PAGAMENTO

I corsi a pagamento sono quei corsi che prevedono un costo di partecipazione a carico del corsista.

Tra questi corsi ci possono essere quelli autorizzati e inseriti nel CATALOGO FORM.I.C.A.

Anche questi corsi come quelli FSE possono essere organizzati solo da enti accreditati dalla Regione.

Per questi corsi, la Regione Marche ha messo a disposizione voucher formativi grazie ai quali è quindi possibile frequentare i corsi presenti in Catalogo in maniera del tutto gratuita.

Solo i corsi di formazione organizzati da enti accreditati  possono rilasciare qualifiche professionali o diplomi di specializzazione e quindi titoli riconosciuti sul mercato del lavoro.

Sulla scelta di un corso inciderà quindi anche il titolo rilasciato dal corso stesso. In base alla durata del corso, i titoli che si possono ottenere sono: attestato di partecipazione (durata corso: almeno 36 ore), qualifica professionale (durata corso: almeno  400 ore) e diploma di specializzazione (durata corso: almeno 300 ore).

Nella speranza che questi consigli possano aiutarvi a scegliere in maniera consapevole, vi invito a consultare gli elenchi dei corsi sul nostro sito alla pagina dedicata.

Cercare lavoro è un lavoro

Cercare lavoro è un lavoro”: quante volte vi siete sentiti dire queste parole? Sicuramente tante volte ma non è mai abbastanza per far capire che cercare lavoro richiede impegno, preparazione, costanza, pazienza e determinazione che sono le principali doti da mettere in campo.

Doti che non sempre appaiono visibili sulle persone che sono alla ricerca di un lavoro. Troppo spesso, infatti, chi sta cercando lavoro si rivolge ai “servizi” per l’impiego (centri per l’impiego, agenzie per il lavoro, società di selezione del personale, Informagiovani) con l’idea e la falsa aspettativa che siano questi servizi a trovare un lavoro per loro. Ma non è propriamente così.

Perché? Perché nessuno, se non voi stessi, può sapere qual é il lavoro a sé più adatto. Se questa affermazione sembra ovvia, tuttavia così non lo è agli occhi di molti alla ricerca di lavoro, siano essi disoccupati o inoccupati.

Quotidianamente all’Informagiovani arrivano persone, giovani e meno giovani, alla ricerca di un lavoro e di consigli utili su come muoversi. La domanda che più spesso ci sentiamo rivolgere è: avete un lavoro per me?

Di fronte a tale domanda, a noi operatori viene spontaneo chiedere all”interlocutore: a quale lavoro saresti interessato? E qui arriva puntuale la risposta: qualsiasi.

Secondo voi, chiunque può essere in grado di svolgere qualsiasi tipo di lavoro? Ovvio che no.

Ogni lavoro richiede una formazione specifica, di grado più o meno elevato a seconda del ruolo che si ricopre.

È allora importante focalizzare l’attenzione sulle offerte lavorative più attinenti al proprio profilo professionale e formativo; ciò non toglie che nell’arco della vita non si possa o non si debba cercare di orientarsi su altro o perché così ci impone l’evolversi del mercato del lavoro o perché ci siamo accorti (il che è perfettamente legittimo e possibile) che il percorso di studi intrapreso non è effettivamente quello che ci interessa veramente.

E allora occorre un cambio di rotta sul proprio percorso professionale e formativo che richiede sicuramente un notevole impegno e impiego di risorse sia materiali che fisiche, perché magari occorrerà rimettersi a studiare oppure seguire un corso di formazione professionale e comunque in ogni caso rimettersi in gioco.

Chi è più intraprendente, magari è in grado di muoversi in maniera autonoma alla rcerca del proprio percorso professionale. Chi invece è più titubante o semplicemente più confuso e incerto può fare affidamento a servizi di orientamento e consulenza, come quello svolto dall’Informagiovani, che in forma del tutto gratuita mira ad aiutare le persone a diventare autonome nella ricerca del proprio percorso, sia esso formativo, professionale o personale (come spiegato in questo nostro precedente articolo).

Vorrei riportare qui una citazione che credo sia significativa per chi voglia mettersi in gioco:

Anche un viaggio di mille miglia inizia con un primo passo…” (Laozi).

Proviamo a elencare qui quali sono, secondo noi, i passi che ci possono portare a trovare non solo un lavoro ma il lavoro giusto per noi.

Il punto di partenza deve sempre essere rappresentato dalle proprie passioni e dai propri interessi per poter aspirare a risultati duraturi nel tempo; questo vale in generale per tutto quello che vogliamo fare nella vita, che sia scegliere un percorso di studi, cercare lavoro, scegliere un corso di formazione.

Redigere un curriculum vitae per ogni annuncio a cui rispondete: sconsigliamo vivamente di inviare un unico c.v. per qualsiasi posizione di lavoro alla quale vogliate rispondere; al contrario vi consigliamo di redigere sempre c.v. mirati al tipo di azienda e al tipo di lavoro per il quale lo inviate.

Quello che differenzia i candidati, spesso anche a parità di requisiti, è la migliore capacità di alcuni di saper raccontare e valorizzare le competenze maturate durante il proprio percorso. È, quindi, fondamentale porre attenzione a questo aspetto anche nell’elaborazione del proprio cv, perché è questo un passaggio propedeutico al colloquio.

Si tratta di imparare a valorizzare le competenze che abbiamo maturato, cercando di evidenziare le corrispondenze tra le cose che sappiamo fare e che non sempre possono essere tutte racchiuse in un job title e quello che viene richiesto da una specifica selezione.

Rispondere all’offerta giusta per te: consigliamo vivamente di selezionare e concentrarsi sui lavori per i quali pensate di essere il candidato ideale; infatti tu devi essere giusto per il lavoro ma anche il lavoro deve essere giusto per te.

Arrivare preparti al colloquio: se avete risposto all’annuncio, vuol dire che siete interessati a lavorare in quell’azienda; allora dimostratelo documentandovi sulla stessa. Grazie a internwt orami potete sapere come l’azienda si racconta e cosa di ce di sé, quale tipo di business tratta, quali sono i valori di cui si fa portavoce e qual è la mission aziendale.

Al colloquio siate voi stessi, fate domande e domostratevi curiosi: la sincerità è l’arma vincente; non mostratevi per quello che non siete ma al contrario mettete in evidenza i vostri pregi facendo esempi concreti di come vi siete comportati in certe occasioni e avete vercato di trovare soluzioni.

Infine fate domande sull’azienda e sul tipo di lavoro che andreste a ricoprire.

La decisione se accettare o meno un lavoro è anche vostra e per valutare meglio l’offerta occorre sciogliere tutti i dubbi e fare domande.

Certamente questo tipo di lavoro richiede molto impegno ma alla lunga potrete ottenere i risultati sperati.

In bocca al lupo!

Disinteresse giovane

Lavoro da anni in un posto che si chiama “Informagiovani” e, quindi, da anni sento parlare di giovani (all’inizio ero anche io uno di loro). Parlare, però. Perché la parte del “fare” è sempre un po’ mancata. Da qualche tempo dico che i giovani sono un po’ come i panda, una razza (scusate la parola) in via di estinzione (soprattutto nel nostro Paese).

Il calo di natalità non alimenta la fascia di popolazione che più di ogni altra dovrebbe assicurare il futuro di una comunità, per cui quello che sta accadendo è che in Italia i giovani sono sempre di meno e, forse per questo, sempre meno considerati. Per dirla meglio, ho l’impressione che vengano considerati come “fenomeni” e non come cittadini. Credo che a rappresentare al meglio la situazione possa essere questo paragrafo tratto da un articolo de Lavoce.info: “ Tutto quello che riguarda i giovani è sconsolatamente al ribasso nel nostro paese rispetto al mondo con cui ci confrontiamo. Le nascite sono al ribasso, il peso elettorale dei giovani è al ribasso, gli investimenti in formazione, ricerca e sviluppo sono al ribasso, la loro presenza attiva nei processi di crescita del paese è al ribasso, di conseguenza anche la loro fiducia nelle istituzioni è bassa. Ciò che è cresciuto in questi anni tra i giovani è l’incertezza nel futuro e la mobilità verso l’estero. Quello che, a danno delle nuove generazioni, abbiamo messo in atto è il piano migliore in Europa per non far crescere il paese. E ci siamo riusciti.

Scrivevo che si parla molto ma si agisce poco. In effetti quello che manca non è più, a questo punto, il protagonismo giovanile. A mancare sono più che altro spazi (in senso lato) in cui i giovani (in senso più stretto, perché credo sia quantomeno ambiguo decretare lo stato di giovinezza oltre i 30 anni) possano fare qualcosa piuttosto che spazi in cui dei giovani se ne parla (e a parlare sono di solito gli adulti). Progetti, dibattiti, eventi spesso sono organizzati PER i giovani ma non CON i giovani: se ci pensate è davvero un po’ come quando si va allo zoo (a vedere il panda, appunto); il panda sta lì, per carità, tutti gli vogliamo bene e cerchiamo di fare in modo che abbia il suo benessere, ma nessuno si chiede davvero se può esserci un modo (e un mondo) diverso in cui il panda starebbe anche meglio.

La stessa dinamica (che io chiamo “osservare la bestia”) si riscontra nel mondo del lavoro che, parlando di giovani, si riempie di stereotipi e schemi interpretativi che hanno almeno 50 anni: i giovani non hanno voglia, sono disinteressati, non hanno obiettivi, sono superficiali. A me sembrano giudizi sempre molto affrettati se non addirittura frasi fatte per coprire il misfatto: un sostanziale disinteresse per i giovani. In ogni caso non raccontano la realtà ma sempre una parte presa per il tutto (una sorta di sineddoche sociale). I ragazzi e le ragazze sono meglio di come li rappresentiamo, si tratterebbe di dar loro risorse e modo di dimostrarlo.

Cv a puntate: istruzione e formazione

Stai scrivendo il tuo il cv e dopo aver indicato i tuoi dati non sai come continuare? Ecco come preparare una buona presentazione della tua istruzione e formazione!

Hai scelto come impaginare il tuo cv e hai già iniziato con i tuoi dati e contatti: bene, e adesso? La sezione che segue i dati può essere quella della formazione o delle esperienze professionali, a seconda dei casi.

Quando è meglio mettere prima la sezione istruzione e formazione?
– se hai da poco finito di studiare
– se sei molto giovane e non hai ancora esperienza lavorative
– se il tuo titolo di studio è particolarmente rilevante per la posizione per cui ti presenti, o hai fatto da poco un aggiornamento o un corso che ti qualifica in modo particolare.

Che cosa va inserito in questa parte del cv? Sicuramente il titolo di studio, o i titoli di studio, cominciando dal più recente che hai conseguito e poi andando indietro nel tempo. Per esempio, la laurea, e sotto il diploma, oppure il diploma e sotto la qualifica triennale, se ne hai una. Non serve indicare licenza elementare o media, a meno che non siano il titolo di studio più alto che hai.

Per ogni titolo indicato specifica in che anno hai completato il percorso di studi, come si chiama esattamente il tuo diploma o laurea, e in quale università o istituto superiore hai studiato.

Questa sezione include però non solo la tua istruzione scolastica e universitaria, ma è il posto giusto in cui indicare un corso di formazione che hai frequentato per imparare a usare un software, un mezzo di trasporto specifico, o che ti ha permesso di specializzarti in una mansione e approfondire un settore (che sia sanitario, turistico, tecnico o creativo).

In questi casi assicurati di specificare il periodo in cui hai fatto il corso (il mese, o i mesi, e l’anno) oppure l’anno e il numero di ore: in questo modo chi legge potrà farsi un’idea della consistenza del corso e di quanto potresti effettivamente aver imparato. Un corso di 40 ore può essere abbastanza per imparare qualche preparazione di cucina o pasticceria se hai già una formazione o una esperienza di base, ma non è sicuramente sufficiente per assicurarti la conoscenza approfondita di un mestiere.

Se il corso non rilascia, alla fine del precorso, una qualifica professionale, una certificazione riconosciuta o una abilitazione, puoi indicare il nome del corso (corso per barman, corso di inglese base, corso per apicoltori) oltre naturalmente al periodo o la durata, e l’ente di formazione che ha organizzato il corso.

Puoi decidere di specificare, per ogni titolo o corso, che cosa hai imparato, soprattutto nel caso in cui il percorso di formazione non sia standard o molto diffuso.

Un errore che si fa spesso è quello di dare per scontato che chi legge conosca il percorso che ho fatto, ma non è così! Nella descrizione dei corsi di formazione specialmente, bisogna imparare a essere sintetici ma chiari su che cosa si è imparato.

Alla prossima puntata!

Cari giovani, vi aiutiamo o no?

In questi giorni stiamo lavorando a un progetto che, se tutto andrà bene, servirà a fare delle belle cose in questa città per i giovani, interessando ambiti e contesti diversi. L’obiettivo del progetto è quello di poter creare, nella città di Ancona, attività, servizi e occasioni che aiutino i giovani. Ecco, su questa parola, “aiuto”, ho avuto modo di confrontarmi con un’altra persona, che stimo, “addetta ai lavori” (che poi, i lavori in questo caso, sarebbero le persone più giovani). La questione è: cari giovani, vi aiutiamo o no?

Il confronto è nato dal fatto che secondo l’opinione dell’altra persona i ragazzi e le ragazze hanno bisogno comunque e sempre di una qualche forma di accompagnamento e stimolo alla scoperta di quelle che per loro sono, oggettivamente delle novità (il primo lavoro, la prima esperienza all’estero, la scelta di una carriera professionale o più in generale la direzione da prendere nella vita). Per intenderci: non è che stiamo parlando di un tutor (o una badante) fisicamente sempre presente. Piuttosto di una serie di soggetti, preparati e facilmente reperibili, che diano informazioni, consigli, suggerimenti, idee, ecc.

Pur condividendo il fatto che un ambiente (città, regione, nazione) in cui ci siano servizi efficaci sia migliore di uno in cui non ce ne sono (basti vedere il su e il nord del nostro Paese, dell’Europa e forse anche del mondo), credo però che la giovinezza (gioventù?) sia anche una fase della vita da dedicare alla sperimentazione e all’errore, due aspetti su cui oggi forse ai ragazzi e alle ragazze è concesso poco (con lo spiacevole corollario, secondo me, di ottenere esagerazioni, esasperazioni, hangover fisici e psicologici). A farmi venire in mente questa cosa sono due episodi (ripetuti ahimè) che ho vissuto direttamente proprio qui all’Informagiovani. Il primo riguarda la richiesta di certezze praticamente matematiche sulla “bontà” delle aziende presenti nei nostri annunci. Per carità, è sacrosanto cercare di evitare fregature o cadere in trappole da lavoro-facile-guadagno-alto, ma è altrettanto vero che per sapere se quella che state contattando sarà l’azienda dei vostri sogni, l’unico modo è conoscerla davvero. Che poi magari scoprite pure che siete voi a non essere il loro candidato ideale. Voglio dire: mandate la candidatura, incontratela e poi valutate (mandare un cv non è una dichiarazione notarile irrevocabile). Insomma, animo e coraggio!

Il secondo episodio, più preoccupante secondo me, è quello che capita quando riceviamo candidature in risposta ad annunci che pubblichiamo sul nostro sito in cui c’è scritto però che, evidentemente, a cercare personale non siamo noi (lo stesso dicasi per chi ci telefona chiedendo come inviare il cv, chi è il responsabile, come funziona il lavoro, cadendo nello stesso “malinteso”). Eppure gli annunci non sono romanzi complessi e leggerli con un briciolo di attenzione forse aiuterebbe anche a rispondere con maggior cura e selezioni a quelli più vicini alle proprie competenze.

Credo che entrambi i casi siano accomunati da una medesima incertezza, da una stessa ricerca di un aiuto e di un supporto, dalla stessa paura di non sbagliare. Come scrivevo sopra dalla stessa mancanza di sperimentare e di sbagliare che sono l’essenza della crescita. E allora torna la domanda: ma non è che mettendo troppi supporti nell’incerto cammino della gioventù, anche servizi come il nostro finiscono per non aiutarvi a imparare a camminare da soli? Non è che la nostra società sta diventando un po’ troppo ansiosa nei confronti dei giovani? Non è che, per caso, rischiamo di essere troppo apprensivi e, quindi, anche poco educativi? Insomma, cari giovani, vi aiutiamo o no?

Cv a puntate: impostazione e dati personali

Devi fare il cv e non sai da dove cominciare? Ecco punto per punto come preparare una buona presentazione!
Una delle domande che ci fate più spesso è “Devo fare il curriculum, come si fa?”
Oltre a suggerirti come impostarlo attraverso la nostra pagina dedicata, qui spieghiamo, sezione per sezione, quali sono le informazioni da inserire, in quale ordine e, soprattutto, perché.
Cominciamo con la scelta di un layout, o impostazione, o come molti lo chiamano, di un modello (attenzione però, ricordati che il cv non è un modulo da riempire, come abbiamo spiegato qui).
La scelta di come organizzare le informazioni sulla pagina è personale, ma va fatta soprattutto pensando al destinatario del cv: chi è il soggetto a cui lo invierò? per quale posizione o figura professionale? Sia che il tuo cv serva a rispondere a un annuncio sia che lo invii come auto-candidatura, queste sono le prime domande da farsi.

Il primo grande dilemma di solito è cv europeo o no? Il cv europeo, che molti considerano l’unico “valido”, è quello che ti servirà di sicuro se partecipi ad una iniziativa che prevede l’uso di fondi europei (un bando per borse lavoro, un corso di formazione, un’esperienza di mobilità all’estero) e per le selezioni e i concorsi della pubblica amministrazione. Alcune aziende lo preferiscono e ti chiederanno di inviare quello, ma non è detto che sia sempre la scelta migliore. Ripetiamo che il cv serve a evidenziare le caratteristiche che ti distinguono (in positivo, naturalmente) dagli altri candidati, e non a incasellare titoli e conoscenze in una griglia uguale per tutti, che in definitiva appiattisce il tuo profilo, e ti rende almeno a prima vista uguale agli altri.

Se non sai che impostazione scegliere, fai una ricerca su internet per immagini, verranno fuori molte versioni e modelli diversi a cui ti puoi ispirare per crearne uno adatto a te. Attenzione: molti siti offrono la possibilità di scrivere il cv inserendo i tuoi dati sul sito stesso. In questo modo quello che otterrai alla fine è un file da scaricare non modificabile, impaginato in maniera rigida e spesso non ottimale, e dovrai tornare sul quel sito ogni volta che devi fare una modifica.

Un consiglio che credo sia veramente utile è quello di organizzare tutte le informazioni su una pagina (due al massimo, ma solo se hai molte esperienze di lavoro e diversi corsi di formazione relativi alla figura per cui ti presenti), in modo chiaro, coerente, sintetico e completo.

Ricordati di assumere il punto di vista di chi non ti conosce, o comunque di chi non sa tutto di te: mettersi nei panni della persona che legge è fondamentale per non finire nel cestino dei cv non letti! Dall’altra parte c’è un’altra persona, spesso con molti impegni e poco tempo, e se gli presenti qualcosa che non leggeresti nemmeno tu, figurarsi lei, o lui. Pensaci!

Una volta scelta l’impostazione grafica, la prima sezione del cv è senz’altro quella dei tuoi dati e contatti. In questa parte vanno inseriti il nome e il cognome, la data di nascita, il numero di telefono al quale rispondi, l’email, e dove abiti. Se hai un domicilio diverso dalla residenza, indica il luogo in cui abiti al momento: questo dato serve a chi legge per capire se ti trovi già in zona, se devi spostarti e quanto, o se dovrai trasferirti nel caso ottenessi il lavoro. In questa sezione indica se hai un profilo LinkedIn, un contatto Skype, puoi inserire il link al tuo sito, blog o spazio online, sempre che sia coerente con la figura per cui ti candidi.
Questi sono i dati fondamentali di cui un datore di lavoro ha bisogno nel caso voglia contattarti per un colloquio. Per abitudine, o per cultura, molti si aspettano di trovare anche altri dati, che però a pensarci un attimo hanno poco a che vedere con il profilo professionale, con le capacità e le conoscenze necessarie a un lavoro o a un altro. Luogo di nascita, cittadinanza o stato civile sono dati personali che non cambiano, non aggiungono né tolgono alle tue capacità, a meno che non vuoi sottolineare che sei nato/a ad esempio in Francia, e fornire così un dato che spieghi la tua conoscenza del francese di livello madrelingua. Nel mondo anglosassone, ad esempio, sono dati che non vanno inseriti, perché soggetti ad essere usati in maniera discriminatoria.
Cercando in rete troverai siti di vario genere che parlano di cv, e alcuni sostengono che inserire il tuo stato civile serve al selezionatore a valutare la maggiore o minore disponibilità, soprattutto se donne. Secondo questa visione, che si augura superata, la tua situazione personale dovrebbe automaticamente corrispondere ad una disponibilità oraria o ad una capacità predefinita di organizzare la tua giornata. La scelta di inserire o meno questo dato è personale, ma ricorda che nella maggior parte dei casi vai a candidarti per una posizione relativa a ciò che sai e che sai fare, e non all’organizzazione della tua vita familiare e privata.
Un altro dato che è utile inserire in questa sezione è se hai la patente di guida, e quale. Nel caso in cui il luogo di lavoro sia poco raggiungibile con i mezzi di trasporto pubblici o includa orari serali, quando la possibilità di spostarsi con i mezzi è scarsa, indica se sei automunito/a, cioè se hai la possibilità di usare un’auto per gli spostamenti.
Quando hai completato di scrivere il tuo cv, ricontrolla i contatti che avete inserito: non ci crederai, ma spessissimo sono sbagliati, e così perdi un contatto di lavoro che potrebbe portare a qualcosa di buono!